L’ultimo editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica è “un segno della grande attenzione che lui, ma oltre a lui, l’intero mondo laico” sta dedicando a Papa Francesco, tuttavia su alcune delle affermazioni fatte dal fondatore del quotidiano romano, è necessario “fare qualche considerazione”.
Ai microfoni della Radio Vaticana, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha innanzitutto sconfessato l’affermazione sostenuta da Scalfari, secondo il quale il Papa avrebbe “abolito il peccato”.
Al contrario, “chi segue veramente il Papa giorno per giorno sa quante volte egli parli del peccato” e “della nostra condizione di peccatori”, mettendo tuttavia, proprio per questo, in rilievo “il messaggio della misericordia di Dio” come “centro del suo annuncio del Vangelo”, il quale “si capisce tanto più profondamente quanto più si comprende la realtà del peccato”.
Inoltre “papa Francesco è un gesuita” e non è un caso che gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, comincino “proprio con la prima settimana dedicata alla meditazione dei peccati”, per concludersi “con un meraviglioso colloquio in cui ci si mette di fronte a Gesù Crocifisso” che per i nostri peccati muore.
“Quindi, la dinamica spirituale fondamentale, in cui anche il Papa si pone, è la consapevolezza dei peccati e il domandarne perdono”, ha proseguito Lombardi. “Se uno elimina il peccato, il messaggio della misericordia non si comprende più”, ha puntualizzato il portavoce vaticano.
C’è tuttavia un altro passaggio controverso nell’editoriale ed è relativo alla capacità umana di pensare Dio una volta estinta la vita sulla Terra. L’interpretazione che Scalfari ne dà è che “la divinità sarà in tutte le anime e tutto sarà in tutti”.
Secondo Lombardi, tuttavia, la “cultura umanistica di Scalfari” dimostra di non trovarsi “a suo agio in campo biblico-teologico”: già nel precedente colloquio pubblicato su Repubblica, papa Francesco aveva citato un versetto di San Paolo, in cui si dice che “Dio sarà tutto in tutti” (2Cor 15,28) ma ciò avverrà “quando tutto sarà stato sottomesso a Dio Padre dal Figlio”, quindi non c’è alcun risvolto panteistico.
Ulteriore inesattezza di Scalfari sottolineata da padre Lombardi: papa Francesco non ha affatto canonizzato Ignazio di Loyola, essendo questi santo già dal 1622. È invece opera di Bergoglio la canonizzazione di Pietro Favre, uno dei primi compagni del fondatore della Compagnia di Gesù.
“Quindi, credo che bisogna stare attenti a continuare un dialogo, ma ad approfondirlo in modo tale che non ci siano degli equivoci e ci si capisca veramente”, ha poi concluso Lombardi.