"Il Gesù Scartato", di Giordano Tantucci (Parte seconda)

Un’immagine del Cristo in un libro con un messaggio semplice e profondo

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Abbiamo sottolineato come nel libro Gesù Scartato l’autore sostiene che la riacquistata serenità da parte di Gesù che abbiamo metaforicamente considerato una “pietra scartata”, diventa ormai “pietra d’angolo” per l’intera cristianità rendendo gli apostoli ‘finalmente partecipi della sua vicenda umana, condividendo con Lui la gioia pasquale della liberazione’. Questo principio è diventato indiscutibile ed anzi uno dei capisaldi del pensiero cristiano moderno. Questa condivisione si manifesta durante l’ultima cena, momento solenne  di partecipazione intesa come festa di addio ai suoi amici, prima di avviarsi al suo destino.

Secondo il Tantucci è durante l’Ultima Cena che si manifesta chiaramente l’essenza della vita dell’uomo: l’amore. E’ Gesù ad insegnarcelo subito dopo aver pronunciato le sue ultime parole agli Apostoli. Qui si avvicina Pietro, che gli manifesta tutto il suo amore esprimendogli la volontà di volerlo seguire, confessandogli di voler ‘morire per lui’, salvo poi rinnegandolo per ben tre volte prima che il gallo cantasse (Gv. 13,31-38). L’amore a cui Gesù si riferiva è un amore viscerale, l’amore che l’uomo deve dimostrare in modo disinteressato, senza calcolo alcuno, allo stesso modo di come Lui aveva amato i suoi Apostoli. Questo amore non è necessariamente un amore che si manifesta donando la propria vita ‘fisica’, ma in senso morale, facendolo “l’uno per l’altro”, ma in modo più profondo di come si potrebbe apparentemente intendere. Gesù infatti diedela Suavita per la salvezza del mondo senza chiederla in cambio. Dare la vita “l’uno per l’altro” quindi, deve intendersi in modo “unilaterale”, senza reciprocità. L’amore di Cristo è l’amore più grande che ciascuno può dimostrare, quello di dare qualcosa col cuore senza aspettarsi nulla in cambio. Questo grande messaggio, poi disatteso dagli stessi apostoli nell’orto degli ulivi, è stato non casualmente trasmesso prima di una delle prove più dure vissute da Gesù proprio nel giardino del Getsemani. Quella notte rappresentò l’emblema di ciò che l’uomo deve evitare di realizzare. La mancata condivisione degli Apostoli ha rappresentato probabilmente il punto più alto dell’abbandono dell’uomo, insegnando come la partecipazione di tutti al cammino della fede, sia un cammino verso la perfezione cristiana.

Quanto accadde nel Getsemani rappresentò un momento di grande pathos emotivo, che venne ricordato nel 1992 da Giovanni Paolo II, quando invitò i giovani a rivivere quella che viene considerata una “veglia mancata” da parte degli Apostoli in una “veglia continuata”, da condividere tutti insieme. Un grande insegnamento che impone all’uomo una serie di riflessioni su quanto in effetti sia necessario condividere i propri sentimenti, senza avere timori di alcun tipo. Questa condivisione riemerge anche analizzando lo scenario del Calvario, attraverso una lettura attenta di ciò che è avvenuto fra i due ladroni. Le tre crocifissioni (Gesù in mezzo ai due ladroni) appaiono agli occhi degli spettatori, come ‘tre pietre scartate’ che per una ragione diversa dall’altra si ritrovano a condividere il medesimo percorso. Sappiamo però che i due ladroni sono stati giustamente scartati dalla società perché peccatori, mentre Gesù lo è stato ingiustamente. Nonostante i due ladroni fossero per quel breve tratto della loro vita nella stessa condizione di Gesù, si unirono ai passanti che lo sfottevano ed insultavano, deridendolo con l’appellativo di “Figlio di Dio” e come “Re dei Giudei”. A confermarci questo atteggiamento è l’Apostolo Matteo quando sostiene che “anche i ladroni crocifissi con Lui lo oltraggiavano allo stesso modo” (Mt 27,44).

Il fatto che Gesù abbia spezzato l’alleanza tra i due ladroni facendo dire ad uno dei due “Neanche tu hai timore di Dio benché condannato alla stessa pena?” (Lc.23,40), dimostra chiaramente che abbia fatto breccia nel suo cuore e che il male può essere combattuto anche nelle condizioni più difficili. Siamo di fronte ad un pentimento sentito, vero, dettato da una forte spinta emotiva, tanto da indurlo a scagliarsi contro l’amico dicendo “Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, Egli invece non ha fatto nulla di male” (Lc 23,41). L’umiltà quindi ha premiato il buon ladrone con la salvezza, mentre l’orgoglio ha condannato il suo amico.

Ricordando questo episodio, l’autore di ‘Gesù Scartato’ ha voluto mettere ancora una volta in evidenza la necessità di essere umili al cospetto di Dio, sostenendo che ‘non solo ci sentiremmo schierati dalla sua parte, ma scaturirebbe in noi una risposta di vita cristiana capace, forse, di trascinare anche un nostro amico, con l’esempio e la correzione fraterna, senza per questo doverci sentire presuntuosi per il fatto che neppure noi siamo dei santi’.

S. Aelredo di Rievaulx, grande fautore della fede e dell’amicizia cristiana, coniò lo slogan “Io e tu, e, terzo tra noi, Cristo”, concetto che lascia ampio spazio all’amicizia non chiusa a due, ma aperta al terzo (Cristo). ‘Un’amicizia che potrebbe trarre ispirazione proprio dall’immagine plastica del Calvario – scrive Tantucci -, laddove il buon ladrone accoglie l’inserimento del “Terzo”, cercando di convincere anche il suo amico, ladrone come lui, a condividere con Gesù’.

Questa piccola pubblicazione, incentrata sull’esistenza e gli insegnamenti del Cristo, con linguaggio semplice ma rigoroso, ci trasmette il messaggio di un Gesù rifiutato fino all’ultimo suo respiro, ma grazie al quale è stato possibile cambiare da allora la mente dell’uomo e le sue aspirazioni.

Per chi volesse approfondire http://www.gesuscartato.altervista.org/

(La prima parte è stata pubblicata ieri, sabato 28 dicembre)

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Paolo Lorizzo

Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l'Università degli Studi di Roma de 'La Sapienza'. Esercita la professione di archeologo.

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