Il Natale è ormai avvenuto, e per evitare di cadere nella tentazione di limitarsi a vivere la festività esclusivamente come una corsa frenetica per l’acquisto dei regali, soffermiamoci un attimo sull’evento silenzioso e nascosto che ha segnato la storia dell’intera umanità.
A Betlemme, dentro una grotta, una luogo che ai nostri giorni non avrebbe avuto il certificato di abitabilità, nasce il Salvatore del mondo. A partecipare alla gioia di questo evento non sono stati i potenti e i notabili di quel tempo, ma i poveri e gli umili pastori che vegliavano il loro gregge che riposava a poca distanza da quella grotta. E quei pastori accorono in fretta, perchè hanno ricevuto l’annunzio di un angelo che gli rivelava la nascita del Redentore, un bambino avvolto in fascie che giace in una mangiatoia. Quell’annunzio, accompagnata da una canto celestiale, intonato da un coro di angeli, annunziava gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che Egli ama.
Come tutti gli anni, il rischio è di vivere questi accadimenti come una storiella da raccontare ai bambini, come un evento estraneo alla propria vita di ogni giorno. Invece se ci fermiano a riflettere, questi fatti sono un faro che può illuminare il senso della vita ed orientare le nostre esistenze al bene, alla speranza e alla pace.
Ora cerchiamo di immergere queste racconti natalizi dentro le vicende di una famiglia adottiva.
I genitori adottivi possiamo paragonarli a quei pastori che trascorrono le loro notti e i loro giorni in attesa di un evento decisivo che possa trasformare la loro esistenza. Essi, anche quando dormono, il loro cuore veglia, attende e spera l’arrivo del loro figlio. La speranza è quella di ricevere un annunzio, una telefonata da parte della referente dell’ente, che gli comunica la “nascita” del loro figlio adottivo. Si, è proprio il caso di parlare di nascita, perchè i figli adottivi sono nati tre volte per i loro genitori: quando sono venuti alla luce dalla loro madre biologica (la nascita biologica), quando hanno ricevuto l’annunzio dell’abbinamento (la nascita della speranza), quando lo hanno incontrato la prima volta (la nascita adottiva).
Le prima nascita è avvenuta nel totale nascondimento per i genitori adottivi, Il loro figlio è’ una nato in un luogo povero e dimenticato da tutti, dove pochi saranno accorsi a veder quell’evento, perchè la durezza della vita, in alcune circostanze, indebolisce anche la gioia derivante dalla nascita di un essere umano. Ma i genitori biologici hanno avuto il grande merito di accogliere e custodire quella vita umana, secondo i mezzi a loro disposizione, avvolgendola in quelle deboli e povere fasce con le quali hanno potuto sostenerlo per un breve tempo della loro vita.
La seconda nascita è la scoperta della gravidanza, una ecografia spirituale che ha lasciato intravedere il volto di quel bambino impresso nelle foto che i genitori vedono dopo aver firmato la proposta di abbinamento. Questa la possiamo chiamare la nascita della speranza, perchè i futuri genitori adottivi, anche se non hanno potuto stringere tra le loro braccia il loro figlio, già vivono nella fervente attesa di poterlo incontrare.
La terza nascita è la nascita adottiva, concretizzata nel caloroso incontro tra il figlio e i genitori adottivi. E’ il momento in cui il figlio è venuto alla luce e per questo illumina di gioia gli occhi ed il cuore dei genitori. E’ il momento del primo abbraccio, ed anche se il loro figlio non è più piccolissimo, quell’istante costituirà per tutti il momento di una nuova nascita.
Ma in tutto questo, i genitori adottivi ricevono un annunzio angelico, e condividono questa gioia tra di loro. E questo è esattamente quanto accade quando i genitori adottivi comunicano la notizia di aver ricevuto in dono il loro figlio. Essi avvertono un istinto naturale di dare gloria a Dio, e nello stesso tempo si percepisce un infinito senso di pace, quella pace che nessuna cosa materiale di questo mondo sa dare così in abbondanza.
A questo punto resta da percorrere l’ultimo tratto, ossia quello di lasciare l’ovile dove si è vissuti recitanti per paura di vivere una vita senza figli, dove si è rimasti imprigionati per l’angoscia dell’attesa, e correre a vedere l’evento che Dio ha preprato per quella famiglia.
E giunti finalmente all’incontro, la straordinarietà dell’evento è racchiuso proprio nella sua semplicità: si vede un bambino che non ha nulla, un bambino che chiede solo di essere amato, un bambino che malgrado le sue reticenze, le sue ribellioni e le sue tante paure, desidera (anche se inconsapevolmente) di poter avere finalmente una famiglia che lo possa custodire, amare ed educare.
E in quel bambino Gesù, che i pastori hanno visto tra le braccie di sua Madre Maria, è racchiusa un mistero di salvezza: Egli è il salvatore del mondo che è venuto a salvare gli uomini dai loro peccati.
Anche i genitori adottivi, hanno ricevuto la salvezza, perchè hanno avuto la possibilità di dar da mangiare ad un affamato, dar da bere ad un assettato, vestire una persona nuda, accogliere un forestiero, in poche parole, accogliere un essere umano abbondonato, sofferente ed emerginato. E per questo loro gesto, che sono chiamati a compiere per tutta loro vita, essi saranno accolti un giorno tra le braccia del Signore. I genitori adottivi hanno aperto la porta e il cuore della propria vita ad un bambino abbandonato, e per questo Dio stesso gli spalancherà un giorno le porte del regno dei cieli.
Questo il miracolo dell’adozione: quel bambino che aveva bisogno di essere salvato, è stato lui che ha salvato i suoi genitori. Questa è il significato più misterioso della festa del Natale vissuta da una famiglia adottiva.