Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella Messa della notte di Natale 2013.
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Cari fratelli e sorelle, la ricorrenza annuale del Natale di Gesù non deve farci perdere a causa dell’abitudine, la consapevolezza che duemila anni orsono è avvenuta una nascita che ha cambiato radicalmente la condizione umana. Una nascita la cui efficacia rinnovatrice continua anche oggi.
1. Riascoltiamo in primo luogo il profeta. Egli descrive la condizione del suo popolo come condizione di persone che camminano nelle tenebre, ed abitano una terra tenebrosa. Non solo, ma anche come la condizione di un popolo privo di libertà: con un giogo e una sbarra sulle spalle. Dunque: tenebre e schiavitù.
Accade però un fatto che cambia completamente questa situazione: il popolo «vide una grande luce»; e il giogo è spezzato.
Che cosa è avvenuto? «un bambino è nato per noi; ci è stato dato un figlio». Certamente la nascita di un bambino è sempre un inizio. Un grande Padre della Chiesa ha scritto che la nascita di ogni uomo spezza la monotonia del “già visto”, del “sempre lo stesso”.
Ma questo bambino è davvero unico: «sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace».
E’ «consigliere mirabile». Un testo biblico dice: «incerti sono i consigli degli uomini…». Brancoliamo nel buio ed attraversiamo il mare spesso sconvolto della vita come su una zattera. Il Bambino che nasce questa notte è «la luce vera che illumina ogni uomo».
E’ «Dio potente». Le nostre schiavitù, dalle quali non siamo capaci di liberarci, sono molte. E ciascuno porta in sé catene che non riesce a spezzare. Il Bambino che nasce questa notte ha la capacità e la forza di condurci alla vera libertà.
L’apostolo Paolo, come abbiamo sentito nella seconda lettura, ha espresso profondamente la forza luminosa che ha in sé il fatto accaduto questa notte. Egli dice: «è apparsa la grazia di Dio». Dunque, cari fratelli e sorelle, dopo quanto accaduto questa notte non possiamo più dubitare di che cosa c’è nel cuore di Dio; quali sono i suoi pensieri circa l’uomo: «è apparsa» – si è fatta vedere luminosamente – «la grazia di Dio – la buona disposizione di Dio verso di noi. Dio è ben disposto verso di noi. Dopo questa notte non possiamo più dubitare del suo amore verso l’uomo. E «dall’amore per cui ad uno è gradita l’altra persona deriva che le dia qualcosa gratuitamente» [1, 2, q. 110, a. 1].
Ed infatti l’apostolo continua: «apportatrice di salvezza per tutti gli uomini». E la salvezza è luce che ci guida: «che ci insegna»; è forza che libera: «a rinnegare l’empietà e i desideri mondani».
2. Aiutati dalla parola profetica ed apostolica, ora possiamo vedere come è nato il Bambino che ha così profondamente cambiato la nostra condizione.
La nascita è narrata nel modo seguente: «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo». Vi propongo solo sue osservazioni.
Il Bambino nasce fuori da quel mondo che è ritenuto importante e potente: nasce in una stalla.
Considerate come questo particolare della sua nascita richiami quanto ci ha detto S. Paolo: nasce fuori dal mondo circostante, perché vuole dirci subito che Egli non appartiene a quel mondo dove regnano l’empietà ed i desideri cattivi.
Il Bambino è deposto nella mangiatoia. Un Padre della Chiesa fa al riguardo una considerazione semplice e profonda. La mangiatoia è il luogo dove si colloca il cibo per gli animali. Il neonato Salvatore prende il posto del cibo, prefigurando che Egli è il “cibo di vita eterna”.
Cari fratelli e sorelle, la preghiera della Chiesa questa notte è percorsa da una gioia profonda. «Gioiscano i cieli, esulti la terra», abbiamo detto nel Salmo.
Nessuno si senta escludo da questa gioia, poiché ciascuno, qualunque sia la sua condizione spirituale, sociale e materiale, dopo questa notte sa quanto è prezioso agli occhi del Signore. Egli nasce nella nostra natura umana per liberarci dal potere delle tenebre e donarci la vera libertà.