Nel messaggio “Urbi et Orbi”, il Papa si è riferito al conto degli Angeli che annunziavano la “pace in terra agli uomini di buona volontà”.
La collaborazione di questi uomini è considerata da Bergoglio necessaria per costruire la pace.
Qui il Papa si è riallacciato, ripetendo il riferimento esplicito alla guerra in Siria, a quanto detto in occasione della veglia di preghiera per quel Paese: la pace non è equilibrio – inevitabilmente precario – di forze contrarie, ma richiede, per essere effettiva, autentica e duratura, l’eliminazione delle cause strutturali che la mettono in pericolo.
E’ dunque necessaria non soltanto la preghiera, ma l’impegno pragmatico per la giustizia, che permette di eliminare le cause della guerra.
In questo impegno è necessario coinvolgere chi professa una religione diversa, ma anche i non credenti.
Essi devono operare per la pace in quanto uomini di buona volontà, ma possono anche unire alla preghiera di chi ha la fede il proprio desiderio.
Qui si colloca una novità nel discorso del Papa, perché se è vero che già i suoi predecessori avevano incluso gli atei e gli agnostici tra gli operatori di pace, ora egli riconosce un valore spirituale alle loro aspirazioni.
Il riferimento comune delle preghiere, come anche dei desideri, rimane Dio, ed egli soltanto può esaudirli: qui Bergoglio ricorda come gli Angeli non abbiano cantato soltanto “pace in terra agli uomini di buona volontà”, ma anche “gloria a Dio nell’alto dei cieli”.
Occorre dunque convertirsi a Dio: e se la conversione non significa necessariamente accettazione della fede, essa richiede comunque l’impegno per la pace.
Qui il Papa ha elencato dettagliatamente tutti i conflitti in corso nel mondo, o più precisamente nel Terzo Mondo, da cui proviene, e che egli rappresenta nel cuore stesso del mondo sviluppato, del mondo ricco: con il riferimento a Lampedusa, nonché allo scandalo del commercio degli esseri umani, ha inteso ricordare come tutti siamo partecipi di una causa comune.
In occasione del Natale, è stata comunicata ufficialmente la data dell’incontro, nel prossimo maggio, con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Gerusalemme, nel cinquantennale di quello tra Paolo Vi ed Atenagora I, presagio di progressi decisivi nel dialogo ecumenico.
Per il momento, il Papa non ha indossato, al momento della Benedizione, la stola con le immagini di San Pietro e di San Paolo, simbolo del suo tradizionale primato, bensì una semplice stola rossa sulla tonaca bianca.
Anche i simboli del Natale sono eloquenti, come già la presenza dei rappresentanti delle Chiese Orientali alla Messa della vigilia.