È ormai Natale! C’è fermento nella società. Nonostante una crisi economica profonda, non si rinuncia a immergersi nelle luci colorate e nelle trazioni più svariate; nell’esprimere in gesti o in oggetti semplici, altrimenti sofisticati, “rituali” laici e religiosi che attestino l’arrivo della festa più importante dell’anno. Si mangerà di più e si starà anche di più assieme. Bene! Ma quanta consapevolezza c’è in ognuno di noi del vero e autentico significato del Natale? Se saremo coinvolti in quanto persone fatte ad immagine e somiglianza di Dio, lo vivremo con intensità interiore particolare; se lo accoglieremo alla luce delle splendide convenzioni umane, perfette, scintillanti, colorate, ignoreremo completamente il mistero che attraversa tutto questa straordinaria ricorrenza. La via di mezzo, quella per intenderci più frequente, è la più destabilizzante, perché confonde le acque e manipola il messaggio di Cristo. Mi risulta comunque che del Natale, alla fine, si farà solo un bilancio di natura finanziaria, non altro. L’equilibrio o meno, di tale bilancia economica, determinerà per i posteri la lieta o infelice riuscita di un periodo così particolare della vita del nostro Paese. È sicuramente un atto politico-finanziario necessario, ma l’uomo non deve più chiedersi nulla?
Qualche domanda da credenti dovremmo invece farcela! Ma noi cristiani siamo pronti con la nascita di Gesù, che si rinnova da duemila anni, a prendere in noi il mistero di salvezza che ha attraversato la vita del Messia, per continuare l’opera di redenzione del mondo che il Padre gli ha assegnato? Comprendiamo che la nostra salvezza personale passa da questa consapevolezza? Siamo capaci di costruire con gioia intorno a noi relazioni umane, sociali, economiche, politiche, culturali, tutte tese a muoversi sui binari del vangelo testimoniato dalla venuta di Cristo? La bontà del cuore può essere solo un fatto di tradizione? Così la preghiera? Così la comunione tra amici e fratelli? Così i ruoli di responsabilità privata e pubblica? O dobbiamo essere uomini nuovi capaci di rivoluzionare le cose, uscendo dalla prigione del “fango”, per illuminare la nostra mente e sentire il palpito trascendentale che vede oltre e pensa il bene comune autentico? Possibile essere attratti da una comunione falsa, costruita, verniciata, effimera, priva di verità, che nulla ha a che vedere con l’essenza spirituale dell’uomo? Ma capiamo veramente perché nasce Gesù o ci fermiamo alla bellezza dei canti e all’armonia, pur sublime, di una bella scenografia religiosa o laica, che ci riempie gli occhi di effetti speciale e ci illude di essere così tutti più buoni?
Il mio padre spirituale scrive a proposito che Gesù nasce per liberare l’uomo dal suo fango e dalla sua solitudine. Nasce per ridargli non l’alito di vita ricevuto il giorno della sua creazione, ma lo stesso Spirito Santo di Dio. Nasce non per umanizzare l’uomo, ma per divinizzarlo, per renderlo partecipe della sua divina natura. Nasce per ridargli quella comunione santa, perfetta con Dio e con ogni suo fratello. Ma per questo deve lasciarsi nuovamente creare, formare, impastare, modellare. E qui succede una cosa nuovissima, sottolinea il sacerdote: “Chi deve fare l’uomo nuovo è l’uomo nuovo. Ma anche in questo notiamo che manca il soggetto della nuova creazione dell’uomo. Quanti sono investiti di questa altissima missione, si lasciano anch’essi irretire, imprigionare dal fango, e anziché dedicarsi interamente alla creazione dell’uomo nuovo, si danno ad abbellire il fango, passandogli una mano di vernice caritatevole e di umana, ma non di divina misericordia”. Se mi guardo intorno devo purtroppo convincermi che celebrare il Natale senza il soggetto ormai sta diventando una moda, una consuetudine, una tradizione, uno statuto, una legge. È la legge dell’uomo che ha deciso di rimanere fango. Ma anche è la legge del fango che è incapace di creare l’uomo nuovo. Non essendo noi persone dalla forte, alta spiritualità, dalla vera, essenziale comunione, alla fine facciamo privilegiare la sola parte umana, che facilmente si corrompe e altera il prossimo, uccide, ruba, delinque, tradisce, separa, elabora il vizio a elemento da conquistare per liberarsi e costruire nuovi vitelli d’oro. La storia da sola non basta a salvare l’uomo, occorre la rivelazione, la Parola che gli comunichi la vocazione da realizzare e compiere. Con il Natale Cristo si fa carne per redimere il mondo! L’uomo a sua volta, se vuole continuare la missione del figlio del Padre, deve rinascere nello spirito di Cristo, dentro il ruolo sociale, civile, politico, economico, professionale, laico o religioso, che riveste nella sua quotidianità. Il non farlo consegna al neopaganesimo, magari il più luminoso, ogni nostro risultato, ritardando “l’elevarsi” dell’umanità. Il mio augurio per questo Natale è che in noi si prenda coscienza di questa pura e santa verità!
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