Donna cristiana a capo del sindacato medico egiziano

Una vera rivoluzione e un precedente nel paese nordafricano

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Il 13 dicembre 2013 sarà senza dubbio ricordato negli annali della storia egiziana come il giorno in cui le elezioni in seno al potente sindacato dei medici hanno assistito alla vittoria della “Corrente dell’indipendenza” sul raggruppamento dei “Medici per l’Egitto”, espressione dei Fratelli musulmani, dopo ventotto anni di dominio indiscusso di questi ultimi. Ma il 19 dicembre 2013 è destinato a diventare la data simbolo della vera rivoluzione poiché a capo del suddetto sindacato è stata eletta la dottoressa Mona Mina. E’ la prima volta in cui a presiedere uno dei più importanti organi rappresentativi dei lavori in Egitto viene nominata non solo una donna, per la prima volta da quando è stato fondato nel 1949, ma addirittura una donna copta.

Mina, pediatra di cinquantacinque anni, è stata una delle colonne portanti delle manifestazioni in piazza Tahrir nel gennaio 2011 che hanno portato alla cacciata di Hosni Mubarak. La sua popolarità è dovuta altresì al fatto di essere presidente di “Medici senza diritti”, un movimento da lei fondato nel 2007 inizialmente per ottenere un aumento salariale per i medici e migliorare le condizioni della devastata sanità pubblica egiziana.

Nel novembre 2011 il quotidiano Al Akhbar la definiva “il dottore rivoluzionario”, mentre in piazza Tahrir veniva persino chiamata “il Cristo di Tahrir”. Di fatto nel gennaio 2011 aveva avviato, unitamente ad altri colleghi, l’ospedale da campo sulla piazza centrale del Cairo per soccorrere i feriti negli scontri.

La sua attività, frenetica e inarrestabile, nei momenti più difficili ha conquistato i cuori di tutti perché, come Mona Mina ha avuto modo di affermare, quando si tratta della vita non ci sono né se né ma: “Non potrò andarmi a riposare a casa sino a quando in piazza vi sarà un solo manifestante, non importa che la pensi come me o che abbia idee opposte alle mie”.

L’onestà intellettuale di questa donna è dimostrata altresì dal fatto che è stata tra i duecento firmatari della richiesta di dimissioni del Ministro degli interni sotto Mubarak e della richiesta dell’apertura delle indagini sulla morte del giovane salafita Sayyed Bilal durante l’interrogatorio per l’attacco alla chiesa dei Santi ad Alessandria nel gennaio 2011. I diritti per lei non hanno mai avuto colore, i diritti sono per tutti o non sono per nessuno.

Con “Medici senza diritti” la Mina ha lavorato sul campo, partendo dal basso, proprio come i Fratelli musulmani, cercando di sensibilizzare i propri colleghi sui problemi da affrontare e le attività da organizzare in modo congiunto. Non solo, ma non si è mai posta come antagonista della Fratellanza che dominava il sindacato, affermando più volte che non li considerava nemici, bensì colleghi con cui cooperare per migliorare le condizioni della categoria. Il suo carisma e la sua tenacia hanno contribuito all’allargamento della sua base di sostenitori sin dalle prime elezioni post-rivoluzionarie del sindacato a fine 2011.

Purtroppo, come ha dichiarato il suo collega Mohammed Shafiq alla rivista The Socialist nel dicembre 2011, Mona Mina “è stata attaccata [dai Fratelli musulmani] in quanto donna e cristiana. L’hanno accusata di essere finanziata dal ricco uomo d’affari copto Naghib Sawiris e di spingere i cristiani a votare per i cristiani e i musulmani per i musulmani.” Ma la parziale sconfitta non l’ha fermata né scoraggiata.

Il 17 dicembre scorso, dopo l’ufficializzazione dei risultati delle elezioni in seno al sindacato, intervistata dal quotidiano egiziano Al Shorouk la “dottoressa rivoluzionaria” ha chiarito che la sconfitta dei Fratelli musulmani in seno al sindacato non era certamente da attribuirsi all’ondata di arresti nei loro confronti, che al contrario ha portato a manifestazioni di solidarietà nei loro confronti, bensì allo strenuo lavoro della “Corrente dell’indipendenza”.

In quell’occasione ha ribadito, con estrema lucidità, le priorità e gli obiettivi da conseguire nel proprio settore: i salari dei medici, il budget del Ministero della Salute e lo sviluppo degli ospedali. Con altrettanta pragmaticità ha aggiunto che “tutto ciò non si può conseguire dalla notte al mattino, bensì richiede enormi sforzi, innanzitutto la volontà da parte delle istituzioni di attuare riforme sanitarie” e che “il problema della sanità in Egitto risiede nella politica sanitaria ovvero nel modo in cui lo Stato si prende cura della salute del cittadino egiziano”.

Una delle priorità individuate sarebbe, a suo parere, quella di “dare a ciascun cittadino egiziano una tessera sanitaria elettronica che faciliti il medico a seguirne le condizioni di salute”.

Le dichiarazioni da lei rilasciate al quotidiano arabo internazionale Asharq al-Awsat subito dopo la nomina a presidente del sindacato confermano la sua volontà di “esercitare pressioni sul governo affinché acceleri il programma di sviluppo degli ospedali e la riorganizzazione della struttura sanitaria.”

Ebbene, se il governo egiziano presterà ascolto alle parole di Mona Mina compirà il primo vero passo verso la destabilizzazione del movimento dei Fratelli musulmani. Se alla repressione, agli arresti nei confronti del movimento fondato da Hasan al-Banna seguirà una politica che tenga veramente conto dei bisogni dei cittadini allora l’Egitto potrà guardare con maggior fiducia al futuro. All’attuale governo egiziano sarebbe sufficiente ricordare che tra le Cinquanta richieste elaborate da Hasan al-Banna nel 1936 v’era la seguente: “Occuparsi della Salute pubblica, generalizzando la propaganda sanitaria con ogni mezzo; moltiplicare gli ospedali, il numero dei medici e dei dispensari ambulanti e facilitare il ricorso alle cure.”

L’elezione storica di Mona Mina è quindi destinata a segnare il futuro dell’Egitto poiché non solo la sua figura rappresenta un condensato delle minoranze del paese – in quanto donna, copta e liberale – ma soprattutto perché la sua esperienza dimostra che l’estremismo islamico si sconfigge agendo con gli stessi strumenti e sullo stesso terreno, ma con valori diversi e universali. Se il governo comprenderà che il metodo proposto dalla dottoressa per la Sanità dovrà essere applicato all’altro settore monopolizzato dalla Fratellanza, quello dell’istruzione, allora si potrà parlare di un vero cambiamento nella terra dei Faraoni.

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Valentina Colombo

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