Lo scorso Agosto, dal 26 al 29, ha avuto luogo a Salvador, Bahia, il II Convegno Internazionale Edith Stein. Il primo Convegno si è svolto a Fortaleza, nel 2011. Il Simposio ha avuto come obiettivo l'incontro e l’interscambio tra ricercatori brasiliani, del pensiero di Edith Stein, oltre alla partecipazione di un esperto italiano, Fra Francesco Alfieri.
Nel 2011, al convegno partecipò la Prof.ssa Angela Ales Bello della Pontificia Università Lateranense di Roma. Nel 2013, è stato invitato Francesco Alfieri, dell'Università degli Studi di Bari (Italia), che ha presentato la conferenza inaugurale ed un "minicorso" di tre giorni. In questo senso, il Convegno è stato sponsorizzato dal CAPES (Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior - Brasile), che ha come scopo sia di rafforzare i gruppi di ricercatori brasiliani sia di internazionalizzarne i lavori.
In questa intervista alla ZENIT, il prof. Juvenal Savian Filho, professore di filosofia presso l'Universidade Federal de São Paulo, parla del pensiero di Edith Stein e dello studio della sua filosofia in Brasile.
Il titolo del Convegno parla del concetto di Persona nella filosofia e nelle scienze umane. Cosa è la persona nella visione di Edith Stein?
Dott. Juvenal: La persona è, in primo luogo, l'unità fondamentale dell'esperienza e dell’azione umana. Invece di parlare semplicemente di “individuo”, lei preferisce parlare di “persona”, anche nella sua prima fase di studi, sotto la guida di Edmund Husserl, prima della conversione al Cristianesimo. Ciò indica una considerazione dell'individuo come dotato di una dignità non negoziabile e non solamente come elemento minimo del raggruppamento umano. Nella misura in cui avanza nei suoi studi, Edith prende la definizione classica di persona data da Boezio, filosofo romano (475-525), e ripresa da San Tommaso d'Aquino, vale a dire , "la sostanza individuale di natura razionale". Ciò significa, in generale, che ogni individuo umano è la sede dell'esperienza e della comprensione del mondo, nonché della libera azione. In altre parole, l'esperienza e la comprensione del mondo non vengono da qualche collettività o da qualsiasi istanza che starebbe al di sopra degli individui e "conoscerebbe" tramite loro o determinerebbe la loro conoscenza e la loro azione. Invece, ogni persona è l'istanza in cui si prende coscienza del mondo e da dove nasce il senso della sua propria azione. Questi elementi fondamentali compongono la dignità di ogni individuo umano, che è un valore in sé stesso. Parlare di persona è avere fondamentalmente questi elementi in mente.
Qual è la conseguenza di mettere metodi, istituzioni, governi, al di sopra della persona?
Dott. Juvenal: La conseguenza è l'arroganza e il totalitarismo, in varie forme (nei governi, ma anche nelle scienze, nelle filosofie, nelle arti, nelle religioni). L'arroganza ci porta a credere che noi sappiamo cosa sia meglio per l'altro, anche se questo rappresenta una violenza per lui. Il totalitarismo è la mancanza di limiti nell'attività di un leader o un gruppo che detenga una qualche forma di potere. Entrambi i fenomeni possono verificarsi su piani più grandi, come i governi e gli Stati, ma anche su piani più piccoli, come nella pratica dei rapporti tra gli individui, nella produzione di conoscenza, ecc. Se non assumiamo un comune punto di partenza, non si può evitarli. E questo punto di partenza comune non può che essere il valore incondizionato di ogni individuo umano, con base alla sua natura di valore in sé stesso. Si tratta della dignità della persona umana. Anche una religione (che pretende, in linea di principio, annunciare ciò che è buono per l'essere umano) può essere arrogante e totalitaria. Questo accade quando l'annuncio religioso è fatto senza prendere in considerazione l'esperienza dell'interlocutore, in una completa svalutazione di ciò che egli vive, come se fosse completamente in errore perché non condivide la stessa fede. Filosofi, scienziati e artisti, quando trascurano l'altro, in un atteggiamento di disprezzo, lo violano e si mostrano anche totalitari. Dall'altra parte, in nome della dignità umana, non possiamo sovrapporre alle dinamiche collettive gli interessi di gruppi e individui. A nome della dignità umana, non è conveniente causare intralci all'azioni degli Stati quando si sforzano onestamente di rappresentare le più svariate esperienze umane e di garantire la tolleranza e il rispetto incondizionato per le differenze individuali e di gruppi. È un rapporto teso, che richiede molta prudenza e saggezza, perché la via migliore per risolvere le difficoltà è il rispetto per la dignità personale dell'altro. Edith Stein, nel suo libro sullo Stato, affronta questi temi in modo eccellente.
Traduzione in italiano di Clio Francesca Tricarico
[La seconda parte sarà pubblicata domani, giovedì 19 dicembre]