L’arte si propone come una forma alternativa di rispondere alle domande profonde dell’uomo. Non presenta un senso già confezionato, ma incarna una forma, una manifestazione di una possibilità. L’arte libera le risposte non le imprigiona. Per Einstein l’arte è «l’espressione del pensiero più profondo nel modo più semplice».
Lungo la storia l’arte non è stata soltanto un’espressione estetica, ma anche una manifestazione di genio creativo e uno strumento comunicativo e mistagogico. San Gregorio Magno vedeva nelle espressioni artistiche (e in particolare le icone sacre) libri per chi non sa leggere. Il linguaggio della bellezza ci è connaturale, quasi innato, richiede da noi soltanto di essere affinato e di essere ulteriormente iniziato e perfezionato.
Nel libro La bellezza della fede di Valentina Rapino veniamo portati sulla soglia di sette cicli di affreschi italiani che accompagnano sette proposizioni del simbolo apostolico con una ondata di bellezza artistica per scoprire meglio la bellezza della fede.
Credo che il modo migliore di presentare questo libro è assaggiare un suo quadro e vederne non tanto la spiegazione quanto il dispiegamento. In occasione dell’imminente festa del santo Natale è opportuno scegliere il quadro dell’Adorazione del Bambino del Pintoricchio. Al suo riguardo la Rapino scrive:
«Nel Protoevangelo di Giacomo, testo apocrifo del II secolo d.C., la nascita di Gesù avviene di notte nel più totale silenzio: tutto rallenta, tutto si ferma per adagiarsi nella calma della contemplazione. È il silenzio dell’attesa che precede il parto di Maria, è la notte che tutto avvolge, ribaltando i tempi e il corso normale degli eventi. Quando Maria partorisce, una grande luce invade la grotta, tanto le levatrici (figure presenti solo negli apocrifi) ne rimangono quasi accecate. Questa lettura offerta dal Protoevangelo suggerirà un motivo iconografico di derivazione fiamminga che si diffonde a partire dal XVI secolo, ovvero quello di Gesù Bambino radioso, avvolto da un cerchio di luce.
«Nell’Adorazione del Pintoricchio non è tanto il Bambino ad essere fonte di luce, quanto tutto il giardino in cui si svolge la scena. Tutto è immerso in una coltre di calore, fioriscono le piante, germogliano i fiori, si riesce quasi a sentire il cinguettio mattutino degli uccelli: è l’alba di un nuovo giorno. «Il popolo che camminava nelle tenebre / vide una grande luce; / su coloro che abitavano un paese tenebroso / risplendette una luce. / Hai moltiplicato la gioia, / hai aumentato la letizia» (Is 9,1-2)».