C'è spazio per i cattolici in politica?

Intervista a Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiani Lavoratori

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Si lamentano in tanti: la crisi morde e penalizza principalmente le giovani generazioni. La politica si muove con difficoltà ed ha problemi a riacquistare credibilità. E’ comunque in atto un cambio generazionale. Insieme a Enrico Letta, stanno emergendo Angelino Alfano e Matteo Renzi. In questo contesto cosa fanno i cattolici impegnati in politica? Questa e altre domande ZENIT le ha rivolte a Carlo Costalli presidente del Movimento Cristiano Lavoratori.

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Il governo traballa e le piazze si sollevano, i poliziotti si tolgono i caschi… Cosa succede in Italia?

Costalli: Quello che purtroppo molti di noi avevano previsto e cioè che in assenza di un progetto riformatore che partisse dalla rappresentanza politica e investisse i nodi sociali, in primis il mercato del lavoro, la tregua delle larghe intese sarebbe stata solo temporanea. Un anno fa parlavamo di “blocco sociale” dei riformatori: ebbene quello era e resta il fondamento della stabilità.

Ma questo è un Paese per riformatori?

Costalli:Lo deve diventare. Siamo stati per molto tempo un paese per mediatori. Non ci faceva difetto la capacità di raggiungere un compromesso, finché c’era qualcuno che pagava il conto. Dopo l’introduzione dell’Euro sono venuti al pettine problemi troppo a lungo procrastinati. La disoccupazione giovanile non è una piaga solo italiana ma per un Paese che vive di risorse immateriali come la conoscenza e la bellezza il non riuscire a dare uno sbocco alla creatività che è propria delle giovani generazioni è due volte frustrante e conduce a due esiti sociali: l’apatia o la rabbia, il livellamento o la fuga, l’emigrazione.

Qual è il ruolo dei movimenti cattolici in questa situazione di stallo?

Costalli: Siamo il sale della politica, facciamo quel lavoro pre-politico di proposta, approfondimento, discussione che poi diventa materia prima per i politici e legge dello Stato o prassi amministrativa. Non possiamo essere assenti. Il problema vero è che siamo sempre meno accettati dalle burocrazie in questa mediazione sociale, ma non desistiamo, anche perché il Magistero ecclesiale è chiaro. Quando papa Francesco lancia messaggi come quello di Cagliari – “senza lavoro non c’è dignità” – non ci è permesso tergiversare ed infatti il tema del lavoro è al primo posto nella nostra agenda, fin dai tempi dell’amicizia con Marco Biagi. Quando un movimento come il nostro – e come altri – pungola quotidianamente la politica italiana sull’emergenza precarietà, sulla necessità di semplificare questo mercato, sull’importanza dei link europei, svolge quel ministero sociale che, se la politica fosse lungimirante, eviterebbe esplosioni di malcontento come quelle dei Forconi.

Qual è il limite maggiore della politica italiana?

Costalli: La precarietà. Proprio quella. Quando ci si limita a dare una verniciata alle pareti screpolate, senza mettere mano a una ristrutturazione magari onerosa ma duratura, si rinuncia ad avere quello «sguardo lontano» che fece grandi i padri della Patria, da Alcide De Gasperi in poi. La crisi è diventata l’alibi per una classe politica mordi-e-fuggi.

E’ questa la ragione per cui è fallita Todi?

Costalli: Ce ne sono tante, ma Todi è un capitolo chiuso. Oggi si lavora su una mobilitazione stile Camaldoli. Anche noi abbiamo acquisito una dinamica di rete, ci si confronta senza l’ossessione delle appartenenze, si privilegiano problemi e soluzioni, cercando, appunto di tenere lo «sguardo lontano».

E Costalli cosa vede “lontano”?

Costalli: Le priorità sono quelle che la Chiesa ha indicato più volte, dalla formazione di una nuova classe dirigente, invocata da Benedetto XVI, all’emergenza povertà che sta a cuore di papa Francesco. Il Magistero è chiaro e unitario – lo dico a coloro che sognano di dividerci –. Per noi le priorità restano lavoro e welfare, famiglia e società, difesa della vita e dei diritti dei giovani, governabilità e Costituzione.  Purtroppo, da italiano, segnalo che l’intesa tra le associazioni cattoliche sulla necessità di impegnarsi a fondo su queste problematiche è più solida di quella dimostrata dagli stessi partiti che sostengono il governo di Enrico Letta.

Da quando si è insediato “l’amico Enrico” sono cambiate molte cose: Berlusconi fuori dal Senato e dalla maggioranza, è nato il centrodestra di Alfano, Renzi ora è segretario del Pd… Cosa cambia per i cattolici?

Costalli: Abbiamo preso le distanze dalla deriva estremista del Cavaliere da molto tempo. Lo strappo di Forza Italia era inevitabile, anche se spiace. Questo strappo per noi non significa che alcuni stimoli che tradizionalmente vengono dagli ambienti di Forza Italia siano da rigettare: per fare un esempio, le posizioni sulla bioetica e sulla libertà d’impresa restano un punto di riferimento importante anche per noi, restano un riferimento per gli alfaniani e dovrebbero esserlo anche per Letta. Quanto a Renzi, il sindaco della mia città, credo che i cattolici siano in posizione d’attesa, nel senso che il dibattito congressuale del Pd non ha sciolto i dubbi. Il ricambio della classe dirigente è un evento positivo, particolarmente perché avviene al di fuori delle conventicole e facilita quella scomposizione che abbiamo auspicato. Ora spero che Renzi risponda ai quesiti etici e valoriali che molti cattolici pongono e che indirizzi il consenso raccolto verso quelle riforme istituzionali di cui il Paese ha bisogno. Riforme che non possono vederci assenti, come cattolici.

Ma c’è davvero uno spazio per i cattolici in politica?

Costalli: Stiamo lavorandoci. E a chi dice che non contiamo nulla ricordo che Alfano, Letta e Renzi sono tre cattolici…

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Paolo Accomo

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