Thomas Merton ammirava i Sufi, i mistici musulmani che sono quasi un ponte fra l’Islam e il Cristianesimo. Secondo Jonathan Montaldo, scrittore ed editore, studioso della figura di Merton e presidente della International Thomas Merton Society, il monaco oggi sarebbe sicuramente amico dei Musulmani. “Merton – afferma – appoggerebbe la causa dell’Islam contro qualsiasi pregiudizio e contro le pretese egemoniche di qualsiasi altra religione. Il rispetto del Corano è fondamentale”.
Ci si chiede tuttavia cosa direbbe il trappista davanti a scene come le teste tagliate ai cristiani o le Chiese bruciate in Egitto. “Penso che la guerra non sia esclusa” risponde Montaldo, e si giustifica: “Io non mi occupo di politica. La mia opinione è solo un’opinione. Sono limitato. Vedo le cose in bianco e nero. Non so rendere le sfumature. Non sono un esponente della politica e non sono un Thomas Merton.”
Il monaco esaltava poi il “gruppo”, il “corpo”. Ma la cultura americana esalta l’individuo, la persona, e lo stesso fa, sotto molti aspetti, la Chiesa. Se fosse ancora vivo, “Merton non appoggerebbe l’individualismo che chiude la porta in faccia agli altri” dice lo scrittore. “Io sono un individuo, tu sei un individuo e non collaboriamo affatto. Questo non andrebbe a Merton”. A proposito della ‘persona’, prosegue, “Merton ha sempre sostenuto la persona rispetto al processo economico e produttivo. Disse che la vita contemplativa consiste nel preservare il meglio che è dentro di noi, e nello stesso tempo, testimoniare l’importanza della persona all’interno del gruppo”.
“Voleva il dialogo. Voleva che la verità venisse fuori e si rendeva conto che alla verità si arriva lentamente, perché ognuno di noi possiede una porzione della verità e la mette in comune con gli altri e cosi vediamo cosa bisogna fare”. Tuttavia, ad un certo punto della sua vita lasciò il convento e andò a vivere da solo in una casetta lì vicino. “Era il suo eremo, ma non perché la comunità lo soffocasse” precisa Montaldo. Semplicemente “voleva più solitudine”. In ogni caso, “rimase sempre un membro del convento. Molti frati se ne andavano. Ma lui no, non se n’è andato mai”.
Thomas Merton inoltre credeva nei giovani. “Noi – ricorda lo scrittore – eravamo tutti giovani quando cominciò a scrivere. Io ora ho 68 anni. Quando lessi Merton per la prima volta ne avevo 13. La Chiesa di ora non è più la nostra Chiesa di allora. O meglio: noi non siamo più quelli di allora. D’altra parte, bisogna che i giovani leggano Merton da soli, non venga indottrinati da noi”. Il “nostro” Thomas Merton – sottolinea – “non sarà mai il loro. Prendiamo il linguaggio. Merton, anche quando s’indirizzava a tutti, diceva ‘fratelli’… Il suo linguaggio non era inclusivo. Ora i giovani vogliono: ‘fratelli e sorelle…'”. Questo però non significa che Merton sia superato, ma che “i giovani hanno altri modelli, anche altri modelli religiosi”. Il problema però, secondo lo studioso, “sono l’istruzione e le scuole”.
Oltre alle nuove generazioni, afferma Jonathan Montaldo, il mistico “amava gli Stati Uniti e credeva nella Costituzione” e nei diritti che essa proclamava: la vita, la libertà, la ricerca della felicità.”Libertà vuol dire responsabilità – spiega Montaldo -. Per Merton libertà non vuol dire arbitrio non vuol dire fare il comodo prorio. Mi va di fare una cosa e la faccio. Soprattutto vuol dire libertà di servire il prossimo”. Anche la felicità per lui “non era ‘sono felice a spese tue’”.
Alla domanda se il monaco avrebbe apprezzato Papa Francesco, Montaldo afferma: “A Merton sarebbe piaciuto questo Papa. Francesco rappresenta la Chiesa che Merton amava, la Chiesa dei poveri, la Chiesa che rispetta tutti”. Da parte loro, gli ultimi Pontefici hanno letto tutti gli scritti del trappista statunitense: Giovanni Paolo, Benedetto XVI e – dice lo studioso – “non mi sorprenderebbe sapere che anche Papa Francesco l’abbia letto”.
Un’ultima domanda infine: “Che funzioni ha la International Thomas Merton Society di cui è presidente?”. “Mantenere vivo il ricordo di Merton e dimostrare come sia rilevante per il mondo di oggi” risponde Montaldo, “non facciamo opere di carità. Il nostro scopo è essenzialmente lo studio”. Thomas Merton quindi è vivo ancora oggi: vivo nel ricordo.
(La prima parte è stata pubblicata ieri, martedì 3 dicembre)