Il fluire delle stagioni, il movimento degli astri nel cielo, i colori del fuoco che arde, il rumore della pioggia che irriga la terra, il profumo soave di un fiore che sboccia ed i movimenti delicati di un frutto che nasce. Sono queste le straordinarie, eleganti e dolci note che il Signore ha amato donare all’uomo, per far sì che il miracoloso concerto della vita si svolgesse melodioso ogni giorno.
Oggi, noi, uomini lontani dalla vita dei campi, siamo troppo spesso distratti anche quando squarci di questo meraviglioso spettacolo si offrono generosi e pazienti ai nostri occhi.
Così ci capita di restare con lo sguardo basso quando la fetta infuocata di un cielo al tramonto si mostra fra i cornicioni di due palazzi; di starnutire per il polline che vola nell’aria senza pensare che è lo spettacolo di un seme trasportato dalle ali del vento ad aver sollecitato il nostro naso; perfino di spostare una foglia secca dal tergicristallo al mattino, senza considerare che neanche il migliore degli artigiani d’oro fino saprebbe produrre uno splendore di egual misura.
E lasciamo che i nostri discorsi, pensieri o preoccupazioni abbiano la meglio anche quando ci troviamo di fronte alla preziosa sintesi di tutto ciò.
Il cibo è il compimento di quel miracolo della natura, che, preciso e creativo, si svolge ogni giorno; ha bisogno che le stagioni, il vento, la pioggia, il sole e i piccoli insetti svolgano i loro preziosissimi compiti.
Ciò che noi assaporiamo è dunque l’incontro fra l’amore generoso del Signore ed il lavoro dell’uomo che sui campi, per la strada e sul fuoco, lo ha seguito e curato, cosicché tutta questa complicata e semplice armonia, contenuta in un frutto, si fa fonte di quell’energia che muove i nostri passi lungo il cammino della vita.
Questo è il cibo degno di attenzione e consapevolezza, degno d’amore e di gioia, è il cibo che ci nutre e, quando necessario, ci cura dai piccoli malanni, previene, donandoci tutti gli elementi di cui abbiamo bisogno, le carenze cui andremo incontro secondo le leggi delle stagioni.
È il cibo che ci arricchisce quando prima di assaporare un piatto scopriamo quali esigenze e quali storie hanno portato gli uomini di un determinato tempo e spazio a produrre proprio quella e non un’altra pietanza.
La luce del sole, il canto degli uccelli, il soffio del vento, l’odore ed il gusto del pane appena sfornato sono doni preziosi che il Signore generoso continua ad elargire, perfino a chi come noi la mattina non ha il piacere di sentire sotto le suole la morbidezza della terra, ma il duro asfalto.
Perché, per quanto si possa costruire, asfaltare e tecnicizzare, c’è sempre un raggio di luce pronto ad entrare da uno spiraglio e un filo d’erba che cresce sereno tra le immancabili crepe della strada. Dunque la vista, l’udito, l’olfatto, il tatto ed il gusto hanno ogni giorno la possibilità, per chi lo desidera, d’essere meravigliosamente alimentati.
Così come il suono delle campane, l’odore dell’incenso, il tocco dell’acqua benedetta, la bellezza di una chiesa, la Parola ed il gusto del Pane eucaristico. Sono tutti doni che il Signore ci dà per risvegliare e nutrire in ognuna delle Sue celebrazioni i nostri sensi; i quali entrano dentro di noi per una porta speciale che scavalca la ragione e li porta dritti al cuore, il motore che muove i nostri passi.
Ciò che mettiamo dentro di noi, si trasforma nell’energia di cui abbiamo bisogno lungo il cammino della vita; il Signore con l’Eucarestia si fa cibo, dunque movimento per noi. Può essere meraviglioso aprire il cuore ed accogliere le tracce del Signore anche nel cibo che giorno dopo giorno assaporiamo, fugacemente o intorno ad una tavola.