“Il futuro sta nella convivenza rispettosa delle diversità, non nell’omologazione a un pensiero unico teoricamente neutrale”.
La riflessione offerta da papa Francesco durante i lavori del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso è riuscita a richiamare l’attenzione sul bisogno di riscoprire il valore di un concetto che sembrava smarrito: il dialogo. “Dialogare – ha spiegato il Pontefice – non significa rinunciare alla propria identità quando si va incontro all’altro, e nemmeno cedere a compromessi sulla fede e sulla morale cristiana”. Ha quindi aggiunto: “La vera apertura implica il mantenersi fermi nelle proprie convinzioni più profonde, con un’identità chiara e gioiosa e per questo aperta a comprendere le ragioni dell’altro, capace di relazioni umane rispettose, convinta che l’incontro con chi è diverso da noi può essere occasione di crescita nella fratellanza, di arricchimento e testimonianza”.
Una lezione di contenuti e di stile, e non solo sotto il profilo religioso, per un’Italia che, come molte recenti vicende dimostrano, non riesce a liberarsi dalle soffocanti contrapposizioni e delegittimazioni reciproche, con il conseguente, progressivo allontanamento di milioni di cittadini dall’orizzonte dell’interesse generale, la tensione verso il quale dovrebbe invece suggerire, ad ogni livello, una larghissima assunzione di responsabilità per tradurre in concretezza quei cambiamenti divenuti ormai indispensabili, specie nel campo della famiglia e della morale. Nel frattempo assistiamo all’inesorabile degrado dei costumi e ad allo scivolamento lungo i sentieri dell’illegalità, che favoriti da ataviche inefficienze istituzionali e amministrative, portano a perdere di vista il bene comune.
“E’ il dialogo l’ariete capace di far cadere le divisioni”, ricordava qualche tempo fa il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Come dargli torto? Il duello a spada o a verbi affilati è il più delle volte segno di debolezza della ragione. In genere, quanto più si urla, tanto più si è insicuri delle proprie convinzioni. Anzi: l’isteria non è mai segno di certezza, bensì di debolezza logica.
Ecco, allora, la necessità di un ritorno alla pacatezza, al dialogo anche serrato, ma sereno, al coraggio vero che è discrezione, argomentazione, convinzione motivata. Insomma, urge “una straordinaria concentrazione e convergenza di sforzi, da parte di credenti e no, per ritrovare il senso e la bellezza dell’etica e del dovere e diffondere una nuova consapevolezza dei valori spirituali, dei doni della cultura, dei benefici della solidarietà, che elevano la condizione umana. “La morale che si può trarre dalla spaventosa tragedia provocata dalla bomba atomica”, ricordava il Mahatma Gandhi con parole che risuonano come metaforica descrizione della società dell’oggi, regina delle comunicazioni ma incapace di parlare a se stessa, “è che una bomba non può essere distrutta da un’altra bomba, come la violenza non può essere eliminata dalla violenza. Il genere umano può liberarsi della violenza soltanto ricorrendo alla nonviolenza. L’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore”. E non c’è amore senza dialogo, senza ascolto dell’altro. Non dimentichiamolo.
(Pubblicato anche su La Gazzetta del Sud, 1° dicembre 2013)