ROMA, sabato, 11 febbraio 2012 (ZENIT.org).- Le pubblicazioni su padre Pio da Pietrelcina sono molteplici: mentre alcune sono di tipo agiografico, altre gettano un’ombra sulla santità del frate cappuccino. Considerando tutto ciò la pubblicazione di Giuseppe Antonino, San Francesco negli scritti di padre Pio, EDB, Bologna 2011 appare come un ragguardevole contributo sia per il suo approccio critico e scientifico alla vicenda del Santo francescano, sia per l’attenzione a cogliere la specificità della sua cultura e spiritualità.

A motivo di tutto ciò pubblichiamo una presentazione del suddetto libro apparsa in Pubblicato in L’Aurora Serafica. Rivista dei frati Minori Cappuccini di Puglia (gennaio/febbraio 2012), p. 35-36, con l’augurio che la devozione al Santo di San Giovanni Rotondo sia, come indica papa Benedetto XVI, un luogo d’incontro tra fede e ragione.

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Il libro di fra Giuseppe Maria costituisce un preziosissimo contributo per la ricerca e l’approfondimento della figura e spiritualità francescana. In questa tesi dottorale l’idea primordiale è quella di ricavare una possibile immagine di san Francesco d’Assisi contemplata e vissuta da san Pio da Pietrelcina, passando in rassegna in modo attento e meticoloso tutti i suoi scritti, visti alla luce della più rigorosa critica e contestualizzazione storica. Il lavoro di fra Giuseppe Maria ottempera esaustivamente all’urgenza di trattazione scientifica del tema san Pio, con relativa bonifica di ogni sentimentalismo o agiografismo, tendenti a sradicare l’uomo ed il santo dal suo ambiente storico e culturale, per consegnarlo alla deriva di uno spiritualismo responsabile di una vera e propria adulterazione della genuinità del frate stigmatizzato. La sua figura fa ancora fatica a dimorare stabilmente in una sana ed opportuna collocazione scientifica e teologica presso i biografi e gli studiosi, e presso tutti coloro che accostandosi alla sua figura e al suo messaggio, necessitano di elementi stabili e sicuri per esprimere la loro devozione.

Fra Giuseppe Maria, nell’introduzione al suo saggio, specifica che una delle motivazioni che lo ha indotto a concentrarsi su questa tematica riposa nel fatto che costituisce una novità assoluta: «infatti, tra le innumerevoli pagine stampate sul cappuccino del Gargano non si è trovato nulla che riguardasse il tema da noi scelto […] nulla o quasi sul pensiero circa la figura spirituale e umana di san Francesco». Per queste ragioni l’autore si impegna in una doviziosa e meticolosa ricerca, estrapolando dall’epistolario e da altri scritti di recente pubblicazione, quei tasselli preziosi per comporre il mosaico Francesco d’Assisi nei suoi tratti umani e spirituali contemplati dal cappuccino di Pietrelcina.

L’impianto di questa poderosa ricerca si fonda su cinque capitoli ben costruiti nella loro gradualità e consequenzialità logico-tematica e viene impreziosito da appendici scientifiche di valido aiuto per il lettore. Il primo capitolo vede l’autore impegnato a passare in rassegna gli scritti di Padre Pio per vagliarne con rigore scientifico e sana critica la veridicità, l’autenticità. Facendosi condurre dagli studi che lo hanno preceduto, anche fra Giuseppe Maria distingue una prima fase di pubblicazione che va fino al 1968, data della morte di san Pio, un’ulteriore fase che giunge fino al 1999, ed è il segmento temporale che va dalla morte alla beatificazione, ed infine la pubblicazione relativa alla fase attuale che va dalla canonizzazione (2002) fino ai nostri giorni. Non gli si può dare torto quando viene messo in evidenza che le prime due fasi si articolano tra il divulgativo e l’agiografico, soffrendo di puntate di sensazionalismo, di spiritualismo e simili, che spesso hanno avuto il torto di allontanare san Pio dalla storia, dalla sana pedagogia spirituale ed emotiva della Chiesa e nello stesso tempo sottoporlo a strumentalizzazioni di vario genere. Ovviamente a questa fase sta succedendo quella attuale, con maggiore fondazione e rigore scientifico.

In linea con il primo capitolo, concentrato con lo sguardo sugli scritti del frate pietrelcinese, ma con finalità scientifiche più mirate, segue il secondo capitolo tutto dedito alla lettera di san Pio da Pietrelcina indirizzata a Paolo VI all’indomani della pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae, mirante ad accertare se effettivamente la lettera fosse stata pensata, scritta e consegnata dal frate, o se invece fosse stata suggerita o addirittura prodotta da altri, chiedendone la sua espressa firma. La prospettiva di studio si fa quanto mai stimolante e preziosa e spinge il lettore quasi a divorare d’un fiato la ricerca che fra Giuseppe conduce. Al di là di ogni considerazione, rimane il fatto che da questa lettera emerge “un Padre Pio da Pietrelcina pienamente inserito nella storia della Chiesa e dell’ordine del suo tempo”.

Con il terzo capitolo lo studioso si prefigge di evincere i tratti più caratteristici dell’immagine dell’Assisiate per far comprendere al lettore come san Pio intendeva e contemplava la personalità di san Francesco, ma non senza una doviziosa contestualizzazione storica, culturale, ecclesiale. A tal riguardo si evidenziano sia il Francesco quale imitatore perfetto del Nazareno, sia il Francesco maestro di preghiera, il quale ammonisce che il proficuo processo di perfezione non può trascurare la meditazione. A tale riguardo, padre Pio non fa mistero, sulla buona tradizione francescana, che l’imitazione massima, o come dice il nostro studioso, il traguardo del francescano è là concrocifissione con Cristo, in quanto espressione dell’amore portato usque ad finem, vale a dire l’amore portato al “senza limite”. In questo contesto il cappuccino fruisce di una buona teologia crucis e teologia del Cristo patiens che gli permette di vivere la sua porzione di risposta al Vangelo, alla vocazione, e al tempo stesso il suo ruolo di formatore di coscienze e di spiritualità. Si dà anche il giusto spazio di approfondimento al Francesco povero e all’impegno di povertà assunto da tutti i seguaci del poverello d’Assisi, evidenziando, nel corso della trattazione, come la povertà non è da intendersi un assoluto anche a costo della carità. Al contrario, la povertà si motiva proprio per la carità. Pertanto la povertà più grande è rinunciare ad essa per motivi di carità, perché il bisogno del fratello si pone come priorità rispetto alla povertà. Anche l’umiltà di Francesco è ben individuabile negli scritti di Padre Pio e nella formazione culturale e religiosa di cui ha fruito. La sua fondazione è prevalentemente cristocentrica, mentre la sua dilatazione è squisitamente sociale, avendo per priorità il servizio reso al fratello e l’edificazione prodotta in fraternità e nell’ambiente vitale sociale. L’umiltà appresa dalla teologia francescana si è resa visibile nella vita di Padre Pio attraverso l’obbedienza alla Chiesa, l’accoglienza del fratello che ha sbagliato nei suoi confronti e, infine, l’intercessione per chi lo ha offeso.

Il quarto evidenzia come il Francesco contemplato da padre Pio non sia improvvisato e scaturisca dalla sua solida formazione spirituale, appartenente al tempo storico che lo ha riguardato e lo ha visto come formando e formatore nell’Ordine e sempre obbediente al magistero della Chiesa. Dallo studio effettuato, fra Giuseppe Maria conclude che il san Francesco della prima formazione francescana di Padre Pio unisce certi tratti ascetici delle agiografie del primo secolo a elementi di derivazione monastico-cistercense di mistica bonaventurtiana. In buona sostanza è l’alter Christus, modello perfetto di conformazioni a Cristo nella pratica del Vangelo.

L’ultimo capitolo si fa particolarmente prezioso perché evince la figura di san Francesco tratto dall’epistolario, ma sullo sfondo della letteratura francescana del tempo. Nomi, contestualizzazioni storiche e teologiche, altrochè letterarie, impreziosiscono quest’ultimo grande segmento del lavoro di fra Giuseppe Maria consegnando al lettore uno sguardo solistico e al tempo stesso esaustivo, specifico della concezione rappresentazione del Poverello d’Assisi nella versione dei biografi che si pongono tra il 19º e 20º secolo. Apprezzabile è il contributo del nostro autore sull’individuazione del francescanesimo di Agostino Gemelli, il cui nome lascia nella storia di padre Pio strascichi di scomodità e di imbarazzo insoluti, per poi giungere ad un ardito accostamento e prima ancora confronto con il francescanesimo appreso e testimoniato da san Pio, individuando punti di contatto e di divergenza, senza mortificare l’oggettività del dato a beneficio di un apologismo sterile ed immotivato.

A fronte di tutto questo può essere presentata la composizione della figura di san Francesco negli scritti nella spiritualità di san Pio da Pietralcina. Francesco è il padre e l’intercessore, il maestro e modello di vita spirituale, il fondatore, il restauratore cristiano della società e della famiglia.

[Pubblicato in “L’Aurora Serafica. Rivista dei frati Minori Cappuccini di Puglia”, gennaio/febbraio 2012, p. 35-36]

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