di Maurizio Soldini
ROMA, mercoledì, 22 febbraio 2012 (ZENIT.org).- Quanto sta succedendo in questi giorni nei Pronto Soccorso degli ospedali romani e in particolare al Policlinico Umberto I, ci induce a riflessioni condotte in chiave bioetica e biopolitica su quelle che sono le vere carenze e le dissonanze al di là degli altisonanti effetti mediatici che non fanno altro che alzare polveroni e creare capri espiatori. Il fatto saliente: due parlamentari si recano in ospedale e constatano quanto l’assistenza sia diventata disumana nel nostro Paese.
Una donna lasciata nello spazio antistante i box del pronto soccorso da quattro giorni in barella in attesa di un posto letto. Come questa donna ce ne sono una ventina di pazienti in attesa di una collocazione adeguata. E purtroppo sono in uno stato di promiscuità, in una calca indecente dove non abita il rispetto per la dignità di ogni persona. E questa è la sola verità emersa da un can can di notizie false e pretestuose (la donna assicurata alla barella, la donna in coma, la donna non curata adeguatamente…). Falsità su responsabilità che dovrebbero ricadere su amministratori, medici e operatori sanitari tutti dell’ospedale.
E difatti un rapporto pronto-fatto redatto da ispettori del Ministero della Salute immediatamente decretano che la donna è stata alimentata in ritardo e non è stata prontamente trasferita nel reparto di degenza. Col risultato che i vertici medici del Dipartimento di Emergenza del più grande ospedale d’Europa, il Policlinico Universitario Umberto I di Roma, sono stati sospesi dalle loro funzioni. Ingiustamente. Come è ingiusto ogni capro espiatorio. Le responsabilità sono state da subito e con chiarezza prontamente respinte ai mittenti dai medici, in quanto sono state date ampie argomentazioni sul fatto che le cure ci sono state, come c’è stato il prendersi cura, e quell’assicurare la paziente alla barella è tale, anche se potrebbe sembrare il contrario, e comunque tutto è stato fatto secondo le possibilità.
Sul fatto che la paziente non abbia potuto avere il letto nel reparto di degenza rientra nelle possibilità mancate, possibilità di certo non ascrivibili alla volontà e possibilità dei medici. Medici e infermieri ogni giorno, in questo ospedale, come in tutti gli altri ospedali, si offrono anima e corpo per far funzionare strutture, che ormai da qualche anno non funzionano più e certamente non per colpe loro. Medici e infermieri sono le persone responsabili delle cure, quelle persone che si prendono cura dei malati nonostante tutto. Nonostante non gli vengano forniti quei presupposti minimi di assistenza e di logistica, che possano garantire una cura dignitosa. I tagli alla spesa sanitaria hanno comportato, negli anni, tagli al personale, tagli alle strumentazioni, tagli ai farmaci, ma soprattutto tagli dei posti letto. Come meravigliarsi allora se un paziente deve attendere non ore ma giorni per essere collocato nel reparto di degenza?
L’unico dato saliente dal vociferare e dal chiacchiericcio di questi giorni riguardo il caso della giovane donna del Policlinico Umberto I di Roma è solo questo, che negli ospedali non ci sono posti letto, che mancano le barelle, che mancano garze, che mancano farmaci, che manca personale, medico e infermieristico, e che quei pochi che ci sono con quel poco che hanno a disposizione riescono comunque a fare miracoli. E allora non rimane altro che fumo dal polverone sollevato dai politici e dai mass-media che hanno fatto da megafono ai politici. Un fumo che però oscura sempre di più una politica che una volta per tutte dovrebbe fare i conti con se stessa piuttosto che con qualche capro espiatorio e dovrebbe dare la possibilità a ogni cittadino di essere curato attraverso la garanzia di strutture adeguate a trecentosessanta gradi.
Riemerge il problema della Repubblica di Platone: chi controlla i controllori? In questo caso i controllori sono coloro che in modo inconsapevolmente autoreferenziale vanno a controllare il risultato delle loro leggi e vedendo che troppe cose non vanno, addossano la colpa ad altri. Un boomerang, che speriamo ritorni al mittente. I controllori hanno controllato. E ora che hanno controllato, facciano ammenda e responsabilmente facciano davvero quadrato tutti insieme per ri-costruire una sanità a misura d’uomo, allocando le giuste risorse in rispetto della dignità delle persone malate. Un piccolo suggerimento finale: i controllori buttino un occhio, per quanto veloce, alla Dottrina Sociale della Chiesa.