ROMA, lunedì, 13 febbraio, 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo parte della testimonianza che Majdi Dayyat già Presidente del Centro Regina Pacis, OLOPC (Giordania), ha dato al convegno “Gesù nostro contemporaneo” (Roma 9-11 febbraio 2012) organizzato dal Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana. Il centro Centro Regina Pacis, OLOPC nato su iniziativa del Patriarcato latino di Gerusalemme, è stato inaugurato nel 2002 con il patrocinio di Sua Maestà la Regina di Giordania, Rania Al Abdullah, e si propone di offrire una serie di servizi per il sostegno e la riabilitazione delle persone con disabilità e le loro famiglie, musulmane e cristiane.
di Majdi Dayyat
“La società giordana, che comprende cristiani e musulmani, è una società religiosa. Le due religioni sono molto diverse, tuttavia condividono un terreno comune: Cristiani e Musulmani credono in Dio, il quale è la fonte della dignità degli esseri umani, e credono che è misericordioso. Partendo da tali principi, Cristiani e Musulmani cooperano al servizio di persone che hanno necessità particolari.
I comitati hanno membri cristiani e musulmani in tutti i governatorati della Giordania. La loro funzione è sensibilizzare la gente al problema cruciale delle persone con disabilità presenti in Giordania, al loro diritto a una vita decorosa, al rispetto e alla dignità, e alla necessità di rispettarli e accettarli, nonché di garantire loro tutti i servizi di cui hanno bisogno.
Sono fiero di affermare che il centro OLOPC, sin dalla sua istituzione, ha dato impulso a trasformare il lavoro con le persone con disabilità da mera assistenza caritatevole, all’essere un diritto per i diretti interessati, senza un linguaggio troppo legato a solidarietà, tristezza e pietà. Sua Santità Benedetto XVI ha detto: “di particolare importanza, lo so bene, è il grande successo del Centro nel promuovere il giusto posto del disabile nella società e nell’assicurare che adeguati esercizi e strumenti siano forniti per facilitare una simile integrazione” (Discorso al centro “Regina Pacis”, Amman, 8 maggio 2009).
I comitati hanno ottenuto un grande successo a livello ecclesiale in Giordania e riguardo ai rapporti tra musulmani e cristiani, che hanno creato una base comune di fede sia per i musulmani che per i cristiani, dal momento che preghiamo tutti un unico Dio e siamo chiamati ad amarci reciprocamente. I comitati offrono l’occasione ai musulmani di scoprire la verità sui cristiani, sulla nostra missione e la nostra lealtà, ma anche ai cristiani di scoprire il prossimo nei musulmani. I comitati hanno anche lavorato intensamente per scoprire l’amore umano che era assente tra Musulmani e Cristiani, un amore senza pregiudizi e idee preconcette, che invita ognuno ad accettare l’altro.
Gli esordi dei comitati sono stati difficili, con enormi sfide per i membri musulmani e cristiani. I cristiani non rifiutano l’altro, ma si rifiutano di uscire dal loro piccolo isolotto chiuso e si contentano di semplici comunicazioni e interazioni sociali, e in talune zone della Giordania la comunità cristiana è fin troppo chiusa in se stessa. Lo stesso vale per i musulmani nei confronti dei cristiani, tenendo a mente che viviamo in una comunità del tutto pacifica, dove però il processo di fusione tra i due è sempre sotto osservazione e viziato da pregiudizi. Il più delle volte vi sono timori nei confronti dei programmi offerti dalla Chiesa, tanto da sollevare il quesito: sono animati da spirito missionario o rappresentano una minaccia per l’Islam? Purtroppo, al giorno d’oggi i media non sono d’aiuto per questi casi, specialmente dove si verificano problemi ed intrighi.
Siamo partiti da Aqaba, la città del turismo, per poi proseguire con Amman, la capitale, Madaba, la città storica, fino a Zarqa, Mafraq, Ajlun e Irbid. L’inizio è stato umile e timoroso: l’invito rivolto ai Musulmani si limitava agli amici, soprattutto alle organizzazioni caritatevoli locali e alle famiglie di persone con disabilità.
Tutti i membri dei comitati sottolineavano l’importanza di non fare alcun cenno alla religione, poiché si tratta di una causa umanitaria che non conosce differenze tra cristiani e musulmani. Ma noi, al “Centro Regina Pacis”, ribadivamo sempre il principio religioso di questa causa, che è considerata una causa umanitaria, ma noi sappiamo che l’aspetto religioso si traduce nello spirito di amore della Bibbia. Il Centro OLOPC si fonda su questo spirito: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). La sfida consiste nel mostrare la fede cristiana: d’altro canto crediamo che il musulmano, che ogni giorno legge che Dio è pieno di grazia e di misericordia, nutrirà egli stesso misericordia ed amore per accettare l’altro.
Nella prima riunione del comitato, il Vescovo ha chiesto a noi tutti di pregare!!! Cristiani e musulmani!!! Ad ognuno di pregare a modo proprio, prima di ogni incontro… I musulmani hanno pregato Al-Fātiha [la prima Sura del Corano, ndt] e i cristiani il Padre nostro, ciascuno in silenzio, e poi ha avuto inizio la riunione. Alla fine dell’incontro e dopo moltissime discussioni sulla base di fede che ci unisce tutti, uno dei giovani capi musulmani si è avvicinato al Vescovo e gli ha confidato: “Sono contento di vedere che il muro di vetro che c’è tra noi abbia cominciato a dissolversi”.
A Zarqa i timori erano superiori, per la presenza di alcuni movimenti islamici più oltranzisti; inoltre alcuni membri cristiani si rifiutavano di consentire ai musulmani di aderire al comitato. Col tempo, insistendo, si è finalmente tenuta la prima riunione del comitato, con islamici e cristiani insieme, e il Vescovo ha chiesto a noi tutti di cominciare a pregare in silenzio, ciascuno alla propria maniera. Al termine della preghiera, un giornalista islamico ha sussurrato al Vescovo: “Grazie per averci fatto pregare”. È stato un esempio di successo, che ci ha fatto tornare la fiducia e che ci ha permesso di capire che siamo sulla strada giusta. Io sono il cristiano che vive la propria fede nella comunità e che la vive accanto al musulmano, offrendo all’altro la possibilità di conoscermi bene e chiedendo anche a lui di vivere la sua fede di fronte a me. Con la mia fede ho piantato il mio giardino per permettere ai fiori nel giardino del mio vicino di crescere.
Oggi tutti i comitati cristiani e islamici in Giordania si riuniscono per servire le persone con disabilità: i Cristiani hanno abbandonato il loro praticello isolato, per aprirsi ad un altro terreno comune con i musulmani, esprimendo coraggiosamente la propria fede, mostrando Gesù con tutto il suo servizio fondato sulla fede spirituale, di fronte a tutti i Musulmani, i quali esprimeranno anch’essi la propria fede attraverso il servizio, a modo proprio.
Il nostro obiettivo è: far sì che il mondo veda la bellezza del dare e dell’amore. Il servizio presso il “Centro Regina Pacis” richiede una particolare forma mentis (quella dell’amore) che ci distingue in quanto capaci di prenderci cura delle persone invalide come esseri umani: è la nostra missione – che ci viene da Dio – essere vicini a queste persone senza alcuna discriminazione. Il segreto del “Centro Regina Pacis” è porci di fronte a molte persone per trasmettere loro la missione di Gesù e della Chiesa: di fronte a questo pubblico tutti gridiamo “ci addolora la sorte di queste persone”.
Non li trattiamo come farebbe un medico o un avvocato o perfino un ingegnere, che vuol guadagnare clienti, ma li trattiamo come parte integrante della squadra, un solo cuore colmo di amore e di misericordia. Non diamo denaro, offriamo servizi sicuramente gratuiti. Pietro disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina” [At 3,6].