Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata da monsignor Massimo Camisasca per l’ordinazione dei diaconi permanenti, avvenuta domenica 13 gennaio 2013, solennità del Battesimo di Gesù, nella Cattedrale di Reggio Emilia.
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Cari fratelli e figli che verrete ordinati diaconi,
cari parenti e amici dei nostri ordinandi,
per la prima volta nella mia vita la Chiesa mi chiede di trasmettere il sacramento dell’ordine ad alcuni battezzati. E in particolare di trasmettere il primo grado del sacramento, che è il diaconato. Sono lieto di questa opportunità e partecipo della vostra gioia e della vostra donazione a Cristo e alla Chiesa. Le vostre vite sono in modo particolare legate alla mia, come alla primizia di un dono. Di voi custodirò un particolare ricordo nella mia preghiera e vi invito a fare altrettanto per la mia persona.
Prego in questa liturgia perché, nel tempo che vi concederà di vivere, il Signore vi permetta di entrare sempre più profondamente nel ministero che vi affida. Se il sacerdozio è un’assimilazione a Cristo in quanto capo del suo popolo (per questo la Chiesa sostiene che il sacerdote agisce in persona Christi capitis, come mezzo privilegiato e attraverso cui arriva a tutto il popolo la grazia di Cristo), il diacono partecipa alla persona di Gesù che ha detto di se stesso di essere servo. Dice infatti Gesù: Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mt 10,45). E mandando nel mondo i suoi discepoli ad annunciare il Vangelo dice: Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo (Mt 20,26); e nei discorsi dell’ultima cena, che ci ha trasmesso san Giovanni, aggiunge: Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15). Con queste parole Gesù lega il servizio a una particolare intimità con lui.
Il Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica, che lo riprende, parlano dei diaconi come di persone a cui sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il ministero. Essi, sostenuti dalla grazia sacramentale servono il popolo di Dio in comunione con il vescovo e il suo presbiterio nel ministero della liturgia, della predicazione e della carità (cfr. LG 29). Per l’ordinazione diaconale è previsto che soltanto il vescovo imponga le mani. Questo significa che il diacono è legato in modo speciale al vescovo nei compiti della sua diaconia (CCC 1569).
Sant’Ignazio di Antiochia scrive (cfr. Lettera ai Tralliani 2.3) che i diaconi traggono il loro nome dal fatto che essi servono ai misteri di Cristo e della Chiesa. Proprio per questo devono custodire il proprio cuore puro da ogni vizio per piacere a Dio e per poter provvedere agli uomini in ogni opera buona. Se vogliamo dunque comprendere qualcosa di ciò che sta per accadere nelle vostre esistenze dobbiamo guardare a Cristo, alla sua vita, ai misteri della sua esistenza che illuminano e originano nello stesso tempo anche la nostra. Non possiamo comprendere nulla di noi stessi se non guardiamo Cristo. Soltanto nella luce del Figlio di Dio fatto uomo prende luce la realtà dell’uomo (cfr. GS 22). Per questa ragione durante l’anno della fede intendo spiegare al nostro popolo i misteri della vita di Cristo facendomi eco, il meno debole e povera possibile, di ciò che la Chiesa compie ogni anno attraverso la ripresentazione della vita di Gesù durante l’anno liturgico.
Non è fuori luogo a questo punto rivolgerci alla festa di oggi che conclude il periodo del Natale e ci aiuta ad illuminare ciò che state per vivere quest’oggi, carissimi candidati al diaconato permanente. La festa di oggi è il «natale nella manifestazione» (S. Massimo di Torino, disc. 100 sull’Epifania). Abbiamo qui una prima traccia per comprendere la vita del cristiano e in particolare del diacono. Egli è colui che vive con Cristo, il suo Signore, per manifestarne la presenza vivendo in mezzo agli uomini. Voi operate questa manifestazione attraverso la proclamazione della Parola di Dio, attraverso le opere di carità, attraverso il servizio liturgico all’altare e la testimonianza in famiglia e nel lavoro. In questo modo partecipate a quell’immensa e potente azione di Cristo che riconduce a sé tutto il mondo. Continua san Massimo: «Cristo non volle essere battezzato per essere santificato dalle acque [egli non ne aveva nessuna necessità, al contrario di noi che siamo peccatori], ma per santificarle lui stesso». «Cristo apparve al mondo e, mettendo ordine nel mondo in disordine, lo rese bello. Prese su di sé il peccato del mondo e scacciò il nemico del mondo» (S. Proclo di Costantinopoli, disc. per l’Epifania n. 7). Mettere ordine nel mondo: questo è propriamente la carità, che mette ordine perché rigenera i cuori. Al disordine dell’invidia, della gelosia, dell’ira, della violenza – tutte cause di guerra e di morte – sostituisce l’ordine dell’accoglienza, della donazione, dell’amore disinteressato, della gioia e della pace.
Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio: è la meravigliosa formula di scambio che troviamo in tantissimi Padri della Chiesa. «Il Signore ha preso la forma di servo perché il servo diventasse signore» (S. Massimo di Torino, disc. 45). Attraverso il nostro servizio noi permettiamo a Cristo di regnare nei cuori degli uomini, di regnare servendoli, e di rendere ogni uomo, che di per sé sarebbe soltanto servo per l’umiltà della condizione umana, un re, perché perdonato dal male e dai peccati. Tutto ciò è possibile perché Cristo è il Signore. La vostra vita sia dunque tutta tesa ad entrare nella inesauribile conoscenza della persona di Gesù. All’inizio della sua vita pubblica, arrivato al Giordano egli scende nella profondità delle acque e poi risale. È questa un’anticipazione della sua morte e resurrezione e anche della sua ascensione: i cieli sono finalmente aperti. La giustizia, cioè l’ordine dei rapporti fra Dio e l’uomo e degli uomini tra loro, è finalmente restaurata.
Il sacramento dell’ordine che ora ricevete, radicando le vostre persone in una più profonda partecipazione al mistero di Cristo, realizza e vi invita a vivere una figliolanza più confidente e più intera. Non pensate a ciò che dovete fare. È lo Spirito che opera in voi questa figliolanza. Invocatelo come lo invochiamo ora perché scenda abbondantemente a riempire le vostre menti e i vostri cuori e a dare alla vostra vita futura il timbro di una donazione senza pentimenti e senza nostalgie, sempre più ricca di consolazioni e di scoperte.
Amen.