Lettura

L’incontro tra Gesù e il lebbroso pone in evidenza la potenza della presenza di Dio che è capace di risanare totalmente lo sventurato. La guarigione fisica è sempre un segno della vera trasformazione interiore, del risanamento del cuore, mediante la fede. La fede, afferma la Lettera agli Ebrei, ci permetterà di «entrare nel riposo del Signore».

Meditazione

Un episodio semplice, ma forte, un incontro di salvezza. La lebbra, ai tempi di Gesù, era una delle peggiori infermità, che l’antica legge indicava come causa dell’impurità “legale” del soggetto, il quale era allontanato dalla comunità e, in un certo modo, si sentiva anche privo delle benedizioni di Dio. L’atto del lebbroso è un atto di coraggio; i malati come lui, infatti, non potevano avvicinarsi al resto della popolazione, anzi dovevano avvertire della loro presenza gridando: “Impuro! Impuro!”. Ma quest’uomo sente in quel momento il coraggio della fede, il coraggio di chi vede un’opportunità di vita nuova, senza peraltro comprendere bene cosa sarebbe potuto succedere nel ricorrere al maestro della Galilea. È una ricerca quasi disperata di un’ancora di salvezza, quell’appiglio che lui non è riuscito e non riesce a trovare altrove intorno a sé. L’uomo di tutti i tempi ha sperimentato la debolezza e la malattia, la fragilità del peccato che rischia continuamente di contaminare la sua vita e renderla “impura”; così anche noi. Quanto è bella quell’espressione del lebbroso colta dall’evangelista: «Se vuoi, puoi purificarmi!». È l’espressione di una fede incipiente che è alla ricerca e che si protende verso Dio. E ancor più bella è la risposta di Cristo: «Lo voglio; sii purificato!». Egli risponde “a tono” a quella richiesta. Dio non lascia nulla di incompiuto, ricolma totalmente i nostri desideri più profondi di felicità. Anzi, va oltre! Perché dietro la guarigione fisica c’è il premio al coraggio della fede, c’è l’apertura ad una vita nuova nella quale la persona scopre quanto Dio gli voglia bene e come in realtà è sempre stato presente nella sua vita, anche nei momenti più oscuri. Molti uomini e donne hanno imitato questa magnanimità del cuore di Cristo. Il famoso “medico santo di Napoli”, san Giuseppe Moscati, che si sottoponeva a giornate massacranti di lavoro per i suoi malati, scriveva questa bella preghiera che riassume quanto aveva imparato dal Vangelo: «Beati noi medici, tanto spesso incapaci di allontanare una malattia, beati noi se ci ricordiamo che oltre ai corpi abbiamo di fronte delle anime immortali, divine, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi».

Preghiera

O Signore, concedimi di scoprire la tua presenza piena di amore nella mia vita, in ogni momento, quelli bui e dolorosi e quelli sereni e luminosi.

Agire

Cercherò di imitare oggi la carità del cuore di Cristo verso le persone che incontrerò.

Meditazione del giorno a cura di padre Paolo Cerquitella, LC, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it