Introduzione e presentazione della nuova rubrica

Dopo la fortunata esperienza della mia rubrica “Riflessioni sull’arte”, che da alcuni anni mi impegna in un lavoro teoretico sulle questioni dell’arte, e dell’arte sacra in modo particolare, ho sentito la necessità, in questo anno della Fede indetto da Sua Santità Benedetto XVI, di aprire una nuova rubrica dedicata alla riscoperta del profondo significato delle immagini sacre nella tradizione figurativa cristiana. Questa nuova rubrica quindicinale, che si alternerà con “Riflessioni sull’arte”, porta nel titolo il riferimento a quella nuova disciplina storico-artistica che proprio cento anni fa muoveva i suoi primi passi: l’iconologia. Nel 1912, infatti, Aby Warburg utilizzò per la prima volta l’espressione analisi iconologica per indicare un nuovo metodo storico-critico basato sull’interpretazione del significato degli elementi figurativi, portando un grande mutamento nello studio della storia dell’arte. «Nasceva infatti l’iconologia, ovvero un sistema interpretativo che intendeva illuminare i rapporti esistenti tra rappresentazione artistica e i suoi apporti culturali (filosofici, estetici, religiosi) chiarendone le connessioni e la reciproca influenza»1.

In questa rubrica si attingerà dall’immenso patrimonio culturale e scientifico che gli studi iconologici hanno prodotto in questi primi cento anni, ed in modo particolare farò riferimento alle mie personali ricerche condotte in questi ultimi venti anni di attività storico-critica.

Lo scopo della rubrica è esporre in maniera semplice e – spero — attraente il significato di alcune opere d’arte, in modo che, grazie al rigore dell’analisi iconologica, sia posto in evidenza il legame profondo tra l’arte e la Fede cattolica, evidenziando in questo modo l’immenso contributo che l’arte ha offerto ed ancora offre per la conoscenza della nostra Fede e per l’evangelizzazione del mondo intero.

Il ritratto di san Tommaso d’Aquino di Filippino Lippi

In Santa Maria sopra Minerva a Roma

Nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma, Filippino Lippi dipinse sul finire del XV secolo nella cappella Carafa il più importante ciclo pittorico romano dopo quello quattrocentesco della Sistina michelangiolesca e prima di quello cinquecentesco delle Stanze raffaelliane 2.

Entro questo ciclo che celebra il culto mariano e l’ordine domenicano3, vorrei concentrare l’attenzione sul ritratto del grande santo teologo domenicano, dottore della Chiesa, San Tommaso d’Aquino, festeggiato il 28 gennaio. Ma procediamo con ordine.

Filippino Lippi, come il nome proprio indica, è figlio del pittore fiorentino Filippo Lippi; nato nel 1457 a Prato, trascorre quasi tutta la sua vita artistica a Firenze, tranne una importantissima pausa trascorsa a Roma tra il 1488 e il 1493: in questi anni Filippino arricchisce la propria formazione, visitando per esempio la Domus Aurea, e soprattutto mette alla prova la propria abilità, nella decorazione della cappella dell’Annunciazione in Santa Maria sopra Minerva, decorazione che il cardinale napoletano Oliviero Carafa gli affida, sotto espressa raccomandazione di Lorenzo il Magnifico4. Santa Maria sopra Minerva nasce su un antico oratorio dedicato alla Madonna, sorto nei pressi del tempio di Minerva Calchidica; l’oratorio, tenuto dal 750 dalle monache basiliane, viene concesso nel 1266 ai frati predicatori che nel 1280 cominciamo a ricostruirlo completamente, dando luogo alla magnifica chiesa che da allora sarà oggetto di continui interventi di progettazione e di abbellimento. Entro questo ininterrotto flusso costruttivo, si colloca la decorazione che il cardinal Carafa volle per la cappella dell’Annunciazione. Lo stemma del cardinale campeggia sulla volta5, divisa in quattro vele, ciascuna occupata da una Sibilla, secondo una dinamica reinterpretazione dello schema già sperimentato da Domenico Ghirlandaio nella volta della cappella Sassetti in Santa Trinità a Firenze (1485).

La parete principale è costruita in modo originale. E’ interamente dominata dalla scena della Assunzione6, in cui spiccano per elegante dinamismo i tre angeli che con una mano spingono in alto la nuvola su cui poggia la Vergina Assunta e con l’altra sorreggono festanti una fiaccola accesa, simbolo della sapiente attesa sponsale della Chiesa, specchiata in Maria; al di sotto vanno degradando paesaggi lontani e vicini, campagne con ruderi, genti che guardano in alto, scendendo ai lati di una finta cornice marmorea, anch’essa affrescata, che inquadra una scena ambientata in un interno: come se nel paesaggio cosmico dell’Assunzione si aprisse la porta su un palazzo, in cui un altro evento mariano si svolge. In questo modo viene finta una pala d’altare che in realtà è una porzione dell’affresco complessivo. In essa Maria fa da perno tra due fotogrammi contestuali; da un lato l’angelo annuncia a Maria il divino concepimento, dall’altra san Tommaso d’Aquino presenta il cardinale Carafa alla Vergine. In questo modo è come se il cardinale Carafa potesse accogliere nel proprio palazzo la Vergine, grazie all’intercessione del santo teologo, con il quale vantava comuni ascendenze7.

Nella complessa decorazione della parete di destra, spicca la raffigurazione della cattedra di San Tommaso e nella lunetta superiore una scena multipla, facente capo ancora a San Tommaso, rappresentato in estasi.

La parete sinistra, originariamente affrescata con allegorie di vizi e virtù, è stata poi sostituita dal monumento funebre di papa Paolo IV Carafa, a opera di Pirro Ligorio.

La cappella è un piccolo capolavoro di bravura, in cui Filippino dimostra di aver fatto propria e superata la lezione fiorentina del maestro Botticelli e la lezione romana dell’antico, proponendo una sintesi personale che va oltre il classico. Vorrei isolare, come già premesso, in questo ricco complesso solo il ritratto di San Tommaso d’Aquino, così come emerge nella rappresentazione dell’Annunciazione, della cattedra di San Tommaso e nella lunetta di sinistra.

Vediamo innanzitutto l’aspetto fisico. Le fonti agiografiche hanno lasciato un ritratto piuttosto concorde: Tommaso era grande e grosso, con pochi capelli. Leggiamo infatti che secondo un cistercense di Fossanova “era di grande statura e pingue e calvo sopra la fronte”, e ancora il converso Nicola da Piperno scrive “era di grande statura e calvo e anche grosso e bruno”8, e Remigio di Firenze, allievo di Tommaso a Parigi, lo descrive addirittura come “grassissimo”. Il biografo Guglielmo di Tocco precisa il significato morale legato a questi tratti fisici: «egli era grande di corpo e di una taglia alta e diritta che corrispondeva alla rettitudine della sua anima […] aveva una grossa testa come esigono gli organi perfetti che richiedono facoltà sensibili al servizio della ragione»9. Alla fisionomia fisica corrisponde dunque una precisa fisionomia spirituale: e proprio entrambe sembra ritrarre Filippino Lippi. Il suo Tommaso è infatti sicuramente grosso, dalla figura imponente e il cranio calvo, ma gli atteggiamenti mostrano come tale robustezza si declini nei termini della forza morale e della delicatezza spirituale: raffigurato mentre insegna e mentre prega è forte e delicato, ma soprattutto nel presentare il cardinale alla Vergine, l’atteggiamento complessivo è di estrema sollecitudine umana, paterna. I testimoni descrivono Tommaso come estremamente affabile, Bartolomeo da Capua infatti scrive: «essi credevano che lo Spirito Santo fosse veramente con lui, poiché aveva sempre un viso allegro, dolce ed affabile»10. Questa presenza dello Spirito Santo si fa visibile nell’attri buto iconografico del sole o stella lucente che tradizionalmente lo accompagna, a sottolineare la divina ispirazione della Sacra Dottrina di cui è Tommaso è maestro. La preghiera è infatti la prima radice di ogni attività di Tommaso, ancora Tocco scrive «Tutte le volte che voleva studiare, intraprendere una disputa, insegnare, scrivere o dettare, egli si ritirava anzitutto nel segreto della preghiera e pregava versando lacrime, per ottenere l’intelligenza dei misteri divini».

Filippino coglie la complessa figura di Tommaso, santo e dottore, e infatti lo rappresenta in tre diverse prospettive, tutte convergenti. Quanto alla sua presenza al momento dell’Annunciazione, dobbiamo ancora notare la devozione mariana legata all’ordine domenicano, cui Tommaso partecipava, con la processione della Salve, il Magnificat, l’Ufficio De Beata. Inoltre la devozione particolare di Tommaso al corpo di Cristo è colta qui quasi in nuce, come presenza al momento della divina Incarnazione.

L’affresco in cui Tommaso è rappresentato in cattedra, attorniato da allegorie delle discipline, sorta di enciclopedia medievale, e dalle personificazioni delle eresie da lui denunciate, è notevole perché sa cogliere un tratto precipuo della sapienza tomista: l’umiltà. La sapienza di Tommaso è al servizio della verità: ai suoi piedi Filippino Lippi pone un eretico esamine con in mano un cartiglio che recita “Sapientia vincit malitiam”; il pittore fiorentino curiosamente sembra proporre una identificazione mariana: Tommaso schiaccia l’eresia come Maria pone il serpente sotto il calcagno. Inoltre Tommaso è rappresentato con un libro aperto in mano: in esso è scritta una frase di ispirazione paolina “Sapientia sapientum perdam”: che io perda la sapienza dei sapienti. Tommaso aveva una speciale devozione a San Paolo, testimoniata anche da racconti di apparizioni, e tra tutti i santi era quello cui mostrava particolare reverenza. Tommaso era umile, e soprattutto nelle dispute viene rappresentato come dotato della sapienza di Dio e non della sapienza degli uomini; ancora Bartolomeo sottolinea che «nelle dispute, nelle quali gli uomini erano soliti eccedere la misura, lo si trovava sempre mite e umile, non usando nessuna parola gloriosa o ampollosa»11.

Ma è soprattutto nella lunetta che Filippino mostra di aver ben compreso Tommaso: lo rappresenta infatti in preghiera estatica, a braccia aperte a forma di croce, secondo i Nove modi di pregare di San Domenico, alle sue spalle due angeli con in mano due gigli, simbolo della purezza ed insieme attributi dello stesso San Domenico; egli è di fronte al crocifisso, che viene rappresentato di profilo rispetto all’osservatore, come se solo San Tommaso lo guardasse in faccia; numerosi sono gli episodi narrati dall’agiografia riguardanti il rapporto profondo tra Tommaso e il crocifisso, ma soprattutto è negli scritti del Santo teologo che troviamo la conferma più eclatante: «Chiunque vuole condurre una vita perfetta non deve fare altro che disprezzare ciò che il Cristo ha disprezzato sulla croce e desiderare ciò che egli ha desiderato. Non esiste infatti un solo esempio di virtù che la croce non ci dia» (Expositio in Symbol., art. 4).

Rodolfo Papa è esperto del Sinodo, docente di Storia delle teorie estetiche presso la Pontificia Università Urbaniana, artista, Accademico Pontificio. Website: www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com E-mail: rodolfo_papa@infinito.it.

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NOTE

1 Claudia Cieri Via, Nei dettagli nascosto. Per una storia del pensiero iconologico, Nuova Italia Scientifica, Roma 1994, pag. 11

2 Cfr. G. Cosmo, Filippino Lippi, Dossier Art 167, Giunti, Firenze 2001, pp. 19-20.

3 Rodolfo Papa,La città dipinta. La cappella Carafa di Filippino Lippi, in “ArteDossier”, gennaio 2005.

4 Cfr. E. Borsook, Documents for Filippo Strozzi’s Chapel in Santa Maria Novella and other related papers, in “The Burlington Magazine”, CXII (1970), pp. 737-46, 800-4.

5 Cfr. E. Parlato, La decorazione della cappella Carafa: allegoria ed emblematica negli affreschi di Filippino Lippi alla Minerva, in Roma, centro ideale dell’antico …, Atti del Convegno Roma 1985, Milano 1989, pp. 169-184.

6 Questo ciclo di affreschi è ricordato già nel libro di Antonio Billi e dall’Anonimo Magliabecchiano, oltre che dal vasari (Sibille nella volta; Assunzione, Annunciazione nella parete di fondo; Vocazione e Trionfo di San Tommaso d’Aquino nella parete di destra)

7 Tommaso apparteneva alla famiglia nobile della contea di Aquino, nel Regno delle Due Sicilie, come ultimogenito era destinato alla vita ecclesiastica, ma i genitori avrebbero voluto vederlo abate della vicina Abbazia di Montecassino, presso la quale aveva cominciato i suoi studi in giovanissima età.

8 Processus canonizationis S. Thomae, Neapoli, in Fontes Vitae S. Thomae Aquinatis notis historicis et criticis illustratis, Tolosa, s.d., fasc. 4, p. 287; il converso Nicola da Piperno scrive «era di grande statura e calvo e anche grosso e bruno» Ibid., p. 291.

9 Vitae S. Thomae Aquinatis auctore Guillelmo de Tocco, in Fontes, cit., pp. 111-112.

10 Processus canonizationis S. Thomae, cit., p. 372.

11 Ivi,p. 373.