Mi ritrovavo a chiedere a Dio un po’ di salute. Mi trovavo spesso in chiesa a lamentarmi con Dio che non mi guariva, a raccomandarmi alla Madonna. “Tu che fai tante grazie. Perché non le fai anche a me?”
“Non mi accorgevo che, mentre chiedevo la grazia della salute, come unica soluzione ad ogni problema, Dio mi concedeva una grazia molto più grande: capire la precarietà non solo della salute degli altri, ma anche della mia vita.
In questa continua sospensione ho ottenuto il dono di sapere che Dio vale più di ogni suo dono, anche più della salute fisica. Ho maturato la consapevolezza che la morte non è una disgrazia, ma è – come la chiama S. Francesco – una “sorella” che ti prende per mano e ti porta a casa.”
Il pensiero continuo della morte che ti accompagna sempre, sia nella salute che nella malattia, non è più un assillo, una paura. Ma ti mette nel giusto rapporto di fiducia con Dio e di generosa donazione con gli altri. È una precarietà che ti fa trovare la vera stabilità. Ti matura così bene dentro da farti diventare quel bambino che finalmente sa conoscere e riconoscere il Papà. La totale fiducia in Dio è la maturità del cristiano.
La pedagogia di Dio, attraverso il dolore e la precarietà della vita, tende a farci vivere le parole di Gesù con quella incondizionata fiducia che animava Teresa di Gesù Bambino: “se non diventerete come bambini, non entrerete”.
Ciao da p. Andrea
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