All’infuori degli specialisti sono forse in pochi a conoscere la storia e la realtà del Kazakhstan, un Paese che viene spesso confuso con le altre repubbliche d’Asia centrale. Invece è sufficiente osservare una cartina geografica per comprendere i suoi caratteri peculiari. Il territorio di questa repubblica, che è divenuta indipendente nel 1991 con lo scioglimento dell’Unione Sovietica, è immenso: quasi tre milioni di chilometri quadrati, cioè una superficie corrispondente quasi a tutta l’Europa occidentale.
Storicamente, questo territorio ha visto nei secoli alternarsi numerosi popoli e religioni. La popolazione autoctona ha ancor oggi una cultura fortemente radicata nello sciamanesimo e nel folklore tradizionale, il che ha costituito spesso un antidoto al fondamentalismo musulmano. Anche quando l’islam è divenuto la religione dominante, nella maggior parte dei casi i Kazaki hanno infatti mantenuto abitudini e costumi preislamici, con una forte tendenza al sincretismo religioso ma anche uno spirito di tolleranza che tutti i viaggiatori e gli studiosi riconoscono in modo unanime.
Il cristianesimo, invece, ha insospettate origini antiche in queste terre. I nestoriani, eretici condannati dal Concilio di Efeso per la negazione della Divina Maternità di Maria, ebbero una grandissima diffusione migrando dall’impero bizantino verso tutta l’Asia centrale nei primi secoli d.C. e riuscirono a convertire diversi khan locali. L’evangelizzazione della Chiesa cattolica può invece essere datata all’XI-XII secolo, in particolare grazie alla missione dell’arcivescovo francescano Giovanni da Montecorvino (1247-1328), vero apostolo del Kazakhstan e dell’Asia centrale giunto fino in Cina, alla cui attività è legata la creazione delle prime diocesi. Nel Settecento il territorio kazako fu poi annesso dall’impero russo e conobbe un cospicuo insediamento di cristiani ortodossi, in concomitanza alla penetrazione di coloni slavi.
Con l’avvento del comunismo, il Kazakhstan subì non soltanto la scristianizzazione comune a tutte le repubbliche dell’Unione Sovietica, ma divenne tristemente noto per la presenza di campi di lavoro forzato ove venivano deportati prigionieri di tutte le nazionalità. Questo fatto ha ulteriormente contribuito a rendere questo Paese (che già nei secoli passati era stato popolato da innumerevoli etnie, anche a causa della sua morfologia territoriale facilmente attraversabile) profondamente frastagliato sul piano etnico. Basti pensare che nel 1991, al momento dell’indipendenza del Paese, i Kazaki erano meno del 50% della popolazione totale, composta da una miriade di altre nazionalità (tra cui Russi, Ucraini, Tedeschi, Polacchi, Tatari, Coreani).
Dopo settant’anni di ateismo di Stato, la maggioranza della popolazione professa oggi l’islam, mentre il cristianesimo è la seconda religione del Paese, arrivando a superare il 20% sul totale della popolazione. La gran parte di questa percentuale è composta ovviamente da ortodossi, molto presenti in virtù della vicinanza storico-geografica con la Russia. I cattolici, che rappresentano meno del 2% complessivo, sono comunque quantificati in almeno 200.000 unità: una cifra incomparabile rispetto a tutte le altre repubbliche confinanti (Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan e Kirghizistan), dove i cristiani fedeli a Roma sono appena qualche centinaio e nel migliore dei casi poche migliaia. La Chiesa cattolica in Kazakhstan è invece presente sul territorio kazako con l’Arcidiocesi di Maria Santissima in Astana, la Diocesi della Santissima Trinità in Almaty, la Diocesi di Karaganda e l’Amministrazione Apostolica di Atyrau.
Nel settembre 2001, Giovanni Paolo II visitò il Kazakhstan: si trattò della prima visita in assoluto nella storia di un Pontefice Romano. Nel corso della sua permanenza, Papa Wojtyła fu invitato nell’Università della capitale Astana dove tenne un discorso segnato da una grande comprensione del contesto locale (1) Nel novembre 2010, sotto il Pontificato di Benedetto XVI, il Kazakhstan è stato invece visitato dall’allora Segretario di Stato Tarcisio Bertone in occasione del vertice OSCE. Nella circostanza, il Cardinale ha portato ad Astana delle reliquie dell’Apostolo Andrea e ha speso parole positive per la gestione della situazione multietnica e multiconfessionale del Paese (2).
Nel 2012 il Cardinale Angelo Sodano ha invece incontrato il Presidente Nursultan Nazarbaev, che aveva anche invitato lo stesso Papa Ratzinger ad Astana. L’occasione di questa visita del Decano del Collegio Cardinalizio era la consacrazione d’una Cattedrale nella città di Karaganda, definita «un silenzioso ma potente segno e mezzo di evangelizzazione» dal vescovo ausiliare Athanasius Schneider (3). Proprio a Karaganda esiste d’altronde l’unico seminario cattolico di tutta l’Asia centrale, nel quale tendono ad aumentare le vocazioni in seno alla popolazione kazaka: un segnale incoraggiante se si considera che il clero e le gerarchie del posto non sono solitamente di origine locale. Nel 2013, infine, è stata consacrata ad Astana una chiesa greco-cattolica, cioè di rito bizantino ma in piena comunione con Roma (4).
Tutte queste caratteristiche sono già sufficienti a rendere il Kazakhstan un unicum nel panorama non solo dell’Asia centrale – dove i cattolici, come detto, sono piccole minoranze spesso apertamente perseguitate – ma in generale in tutti i Paesi a maggioranza musulmana. Il governo del Paese si definisce infatti come laico ed ha cercato di elaborare un modello di convivenza fra civiltà che esalta la pluralità di etnie e confessioni nel segno di una cittadinanza esplicitamente esaltata come multiculturale. Si tratta di un approccio non privo di una sua strumentalità e di derive ideologiche sincretistiche, pensato dai decisori politici proprio per tenere unita una società frammentata che altrimenti rischierebbe di implodere.
Sussistono inoltre anche altri problemi, specie in ordine a una prospettiva di evangelizzazione. Dopo molti anni in cui la libertà dei cristiani era pienamente garantita, una legge del 2011 sulle associazioni religiose è stata criticata da più parti per le maggiori limitazioni che impone all’attività missionaria. Va anche detto, però, che queste misure sono state motivate principalmente dalla volontà di opporsi all’avanzata del fondamentalismo islamico proveniente dai vicini Tagikistan e Uzbekistan. Anche in questo la Repubblica centroasiatica sembra rappresentare un’eccezione, per la sua volontà di combattere senza cedimenti l’estremismo islamico senza al contempo percorrere la strada del laicismo occidentale. Trattandosi del Paese d’Asia centrale ove il cattolicesimo è quantitativamente più radicato e gode di sufficiente rispetto da parte delle autorità civili locali, il Kazakhstan resta un punto nevralgico per le prospettive di espansione della Chiesa in tutta la regione.
Proprio per discutere del contesto politico-religioso del Kazakhstan, dei suoi problemi e delle sue potenzialità future, l’Università Europea di Roma ospiterà un seminario nella mattinata di mercoledì 25 giugno, in occasione della presentazione di una ricerca a cura dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) dal titolo L’unità nella diversità. Religioni, etnie e civiltà nel Kazakhstan contemporaneo, alla presenza del Magnifico Rettore P. Luca Gallizia L.C.
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NOTE:
(1) Visita pastorale in Kazakhstan: incontro con i giovani. Discorso del Santo Padre, http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/2001/september/documents/hf_jp-ii_spe_20010923_kazakhstan-astana-youth_it.html
(2) Card. Bertone in Kazakhstan consegna reliquia di Sant’Andrea: «Qui serena convivenza religiosa», http://www.toscanaoggi.it/Vita-Chiesa/CARD.-BERTONE-IN-KAZAKHSTAN-CONSEGNA-RELIQUIA-DI-SANT-ANDREA-QUI-SERENA-CONVIVENZA-RELIGIOSA
(3) «Un silenzioso ma anche potente segno e mezzo di evangelizzazione», http://www.zenit.org/it/articles/un-silenzioso-ma-anche-potente-segno-e-mezzo-di-evangelizzazione
(4) Asia/Kazakhstan: Una nuova chiesa greco-cattolica, in memoria di vescovi e preti prigionieri nei gulag, http://www.fides.org/it/news/53528-ASIA_KAZAKHSTAN_Una_nuova_chiesa_greco_cattolica_in_memoria_di_vescovi_e_preti_prigionieri_nei_gulag#.U6NkGZR_ucI