I media liberali e di destra, a braccetto con le realtà pro-aborto, stanno inscenando da qualche tempo in Polonia una vasta campagna contro quei medici che hanno firmato la "Dichiarazione di fede", una testamento che, di fatto, non porta nulla di nuovo ma ribadisce il tradizionale giuramento di Ippocrate, il quale richiede ai medici di rispetto della vita umana dal concepimento al suo termine naturale.

“Una vittima degli ambienti pro-aborto è recentemente diventato un professore, Bogdan Chazan, direttore dell'Ospedale Specialistico della Sacra Famiglia di Varsavia. Il professore Chazan, invocando l’obiezione di coscienza, non ha acconsentito ad eseguire un aborto in un ospedale gestito da lui. Il bambino nascituro, alla 25esima settimana di gestazione della paziente, che si era recata da lui per chiedere l'aborto, aveva avuto gravi danni al cranio e al cervello”, scrive Antoni Zięba, il presidente dell'Associazione Polacca per la protezione della vita umana in una lettera aperta al Ministro della Salute.

Il professore Bogdan Chazan ha suggerito alla madre del bambino gravemente malato e non ancora nato di prendersi cura di lui durante la gravidanza, il parto e dopo il parto. Egli ha inoltre sottolineato la possibilità di accedere all’assistenza perinatale con cure palliative presso un ospedale pediatrico di Varsavia.

Ma, come sottolinea Antoni Zięba, il rifiuto di eseguire un aborto presso l'Ospedale Sacra  Famiglia e non aver neanche indicato alla madre un’altra struttura in cui recarsi per poter abortire, ha causato una grande campagna degli ambienti pro-aborto contro il professore Chazan.

In sua lettera il Presidente dell'Associazione Polacca per la protezione della vita umana difende il professore Bogdan Chazan e ricorda che il medico come ogni cittadino polacco ha costituzionalmente garantita la libertà di coscienza. L’articolo 53 della Costituzione Polacca garantisce “la libertà di coscienza e di religione”. Anche ogni medico come ogni persona ha il diritto di godere di tutti i diritti umani scritti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Antoni Zięba ricorda che l’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani spiega che “ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.”

In sua lettera Antoni Zięba ricorda che il professore Bogdan Chazan ha rispettato anche la Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, n. 1763 del 7 ottobre 2010, sul diritto di sollevare obiezione di coscienza, dove si legge che “nessuna persona, nessun ospedale o altro istituto sarà costretto, reso responsabile o sfavorito in qualsiasi modo a causa di un rifiuto ad eseguire, facilitare, assistere o essere sottoposto ad un aborto, all’esecuzione di un parto prematuro, o all’eutanasia o a qualsiasi atto che potrebbe provocare la morte di un feto o di un embrione umano, per qualsiasi ragione”.

Antoni Zięba scrive poi che il professor Bogdan Chazan ha rispettato anche le norme del Codice di Deontologia Medica, che afferma: "Nei suoi  sforzi come medico davanti una donna incinta, un medico al tempo stesso è responsabile per la salute e la vita del suo bambino. Pertanto, il dovere del medico è preservare la vita e la salute del bambino ancora prima della sua nascita”.

Il professore Chazan ha rispettato anche la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia dove nel Preambolo si legge che “il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita", ha scritto Antoni Zięba.

Il testo integrale della lettera aperta al ministro della Salute in difesa del professor Bogdan Chazan è stata pubblicata sul sito internet del settimanale cattolico Niedziela.

Anche il Gruppo per la Pastorale della Salute e Pazienti presso la Conferenza Episcopale Polacca “ansiosamente guarda le espressioni di aggressione verbale nei confronti dei membri del Servizio Sanitario, che hanno firmato la ‘Dichiarazione di fede’”.