Gennaio 1865: la guerra civile americana dura ormai da quattro anni e Lincoln, da poco rieletto Presidente, vuole lasciare un segno concreto sul senso di una guerra che sta costando centinaia di migliaia di morti: far approvare al Parlamento il Tredicesimo Emendamento sull’abolizione della schiavitù ma sono necessari i due terzi dei votanti e molti democratici sono ancora contrari. Inoltre l’Emendamento deve venire approvato in poche settimane perché i Confederati stanno per arrendersi e, finita la guerra, per molti l’Emendamento non sarà più urgente….
Il ritratto di un uomo che in una situazione complessa e con molte opinioni contrarie, riesce a far riconoscere il principio che tutti gli uomini sono uguali (per il momento solo davanti alla legge).
Il regista Steven Spielberg, lo sceneggiatore Tony Kushner e l’attore Daniel Day Lewis danno una prova superba dei loro talenti realizzando un film compatto e appassionante
Alla fine del film, la votazione per approvare il XIII emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti che comporta l’abolizione della schiavitù è terminata ma prima che il cancelliere inizi a contare i voti espressi, lo speaker della Camera dichiara di voler votare anche lui.
E’ un suo diritto farlo ma per correttezza chi svolge la funzione di speaker si è sempre astenuto. “Questo è assolutamente insolito!” esclama uno dei deputati. “Questo non è insolito, questo è storia” : ribatte pronto lo speaker.
All’inizio del film, dopo una delle tante battaglie contro i Confederati, il presidente Lincoln si intrattiene con alcuni soldati dell’Unione, sia bianchi che di colore. Tutti gli dimostrano di aver ben imparato a memoria il breve Gettisburg Address pronunciato da lui nel 1863 all’inaugurazione dell’omonimo cimitero militare; è lo stesso che ancora oggi tutti i ragazzi americani imparano a memoria a scuola.
All’interno di queste due parentesi, oltremodo patriottiche, il film si concentra su quanto accadde nel solo mese di gennaio del 1865: l’impegno di Lincoln di convincere almeno i due terzi dei parlamentari della Camera dei Rappresentanti ad approvare il XIII emendamento.
La scelta di Spielberg può a prima vista apparire insolita. Un regista che ha dimostrato più volte di saper riprodurre le tensioni e le emozioni di un campo di battaglia (basti pensare all’incipit di Salvate il soldato Ryan) e di essere stato sempre molto sensibile nel rappresentare le condizioni degli schiavi di colore (Il colore viola, Amistad), sviluppa un racconto quasi statico, che si snoda prevalentemente fra la Casa Bianca e il Parlamento e vede come protagonisti Lincoln, i suoi familiari e i più significativi rappresentanti dei partiti Repubblicano e Democratico.
Una scelta che sembra quasi più idonea per una rappresentazione teatrale. Ma si tratta di una scelta che consente al regista e al bravissimo sceneggiatore Tony Kushner di concentrarsi su un tema esclusivamente politico ed ideale: ribadire con un emendamento alla Costituzione che tutti gli uomini sono nati liberi e che la schiavitù va abolita.
Da quel grande regista che è, Spielberg inserisce una tensione temporale al racconto. La guerra sta per finire e sono già state avviate segretamente le trattative di pace: restano pertanto poche settimane per far passare l’emendamento alla Camera.
L’approvazione deve essere percepita dai deputati come un mezzo per far terminare la guerra: se essi sapessero che i “ribelli” stanno comunque per arrendersi, perderebbero qualsiasi interesse all’ Emendamento che per i più è ancora percepito come un passo pericoloso, dalle conseguenze imprevedibili.
Nel ricostruire la personalità di Lincoln, Daniel Day Lewis e lo sceneggiatore hanno fatto un lavoro eccellente: c’è tutto il suo gusto nel raccontare aneddoti divertenti quando la tensione è salita troppo, la tendenza ad argomentare in modo sottile, fino ad annoiare gli uditori, su tematiche controverse: esemplare, proprio per la sua finezza analitica, la spiegazione del perché il suo Proclama di Emancipazione dalla schiavitù del 1863, emanato in virtù dei poteri straordinari concessogli in tempo di guerra, rischiava di venir annullato con il ritorno della pace.
Un Lincon che riflette sempre con calma, cauto nel prendere le decisioni, conscio che le soluzioni radicali sono sempre poco pratiche e recano più danno che giovamento. Cerca sempre di avere un atteggiamento conciliante e mai aggressivo con chi non ha le sue stesse idee: non perché pensi di dover arrivare a un compromesso ma perché cerca di far assumere agli incontri, anche quelli difficili, l’aspetto di una conversazione fra due amici che cercano di scoprire qual è la verità: la scelta giusta sarà inevitabilmente la sua grazie anche alla sua raffinata dialettica.
Lincoln è anche marito e padre; lo vediamo all’interno delle mura domestiche affrontare i momenti di depressione di sua moglie (hanno perso un figlio tre anni prima perché gravemente malato): non dispone di ricette miracolose ma solo riconoscere che in ogni momento bisogna fare ciò che si deve e sopportare da soli quel che si può.
Anche con il figlio maggiore che caparbiamente vuole lasciare l’università per andare a combattere, Lincoln, come tanti padri, metterà da parte la sua autorità e gli lascerà prendere la divisa. E’ padre anche quando concede l’amnistia a un soldato di 16 anni che per non combattere aveva azzoppato il suo cavallo e che per questo era stato condannato a morte.
Un Lincoln che sa anche adirarsi quando vede che i suoi si perdono in lamentose pretese e in dettagli: lui ha sempre chiaro quali’è l’obiettivo principale ed è determinato a raggiungerlo.
E’ il ritratto di una personalità ricca, capace di modulare le sue espressioni in funzione delle situazioni e dell’interlocutore ma sempre con ben chiara la meta da raggiungere.
Insolita è la sequenza dove Lincoln, nell’intrattenersi sul senso della guerra con due giovani telegrafisti, esalta il primato della scienza e stabilisce una analogia fra il criteri di equivalenza della geometria euclidea con il principio di uguaglianza fra tutti gli uomini.
Probabilmente gli autori hanno voluto avvallare in questo modo la tesi di un Lincoln teista e razionalista più che un cristiano convinto, a dispetto delle frequenti citazioni dalla Bibbia in tanti suoi discorsi.
Dopo Lincoln, la protagonista principale del film è la politica. Una politica “alta” chiamata ad affrontare temi che segneranno il futuro della democrazia statunitense come quella dell’abolizione della schiavitù. Una politica che però porta anche a percorrere inevitabilmente i sentieri del compromesso, delle manovre interessate, delle verità non dette.
Lincoln, per far passare l’emendamento, ha bisogno di 20 voti democratici e non esita a sguinzagliare alcuni suoi uomini fidati per sondare se alcuni deputati del partito opposto siano “sensibili” alla promessa di cariche nel prossimo governo in cambio di un sì.
Per converso il repubblicano Wililam Sewars, antischiavista radicale, accetta di dichiarare che non è dell’opinione che tutte le razze sono uguali, ma lo sono solo davanti alla legge, pur di tranquillizzare i più tiepidi.
Lo stesso Lincoln, invitato a smentire pubblicamente che non ci sono già in atto trattative di pace con i sudisti, si esprime con una frase sufficientemente ambigua da tranquillizzare gli incerti, senza peraltro rischiare di dire il falso. Sono però anche molti i deputati che Lincoln riesce a portare dalla sua parte con la sola forza della ragione.
Una politica che cerca di mantenere la sua purezza ideologica finisce troppo spesso per arenarsi (o degenera in rivoluzione) mentre il film tratteggia una politica che sa comprendere che i grandi traguardi si raggiungono solo attraverso
una serie di passi intermedi.
Steven Spielberg dà con questo film una grande prova di regia: lo si vede nella sua capacità di trattare una materia così multiforme, passando dal dibattito politico, all’andamento della guerra, dai problemi familiari di Lincoln ai suoi dialoghi con i cittadini comuni e i giovani soldati senza che il film ce ne faccia risentire il peso, ma sapientemente alternando situazioni più intime a quelle pubbliche.
Mentre il parlamento sta votando, Lincoln è su una sedia a dondolo a guardare un libro illustrato assieme al figlio più piccolo. La luce del sole, filtrando dalla finestra, abbaglia tutta la scena. Improvvisamente i due sentono il suono di tante campane e le urla di gioia della gente per le strade: l’emendamento è stato approvato. Padre e figlio corrono alla finestra. Spielberg si concede un po’ di retorica ma in questo caso è più che giustificata.
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Titolo Originale: Lincoln
Paese: USA
Anno: 2012
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: Tony Kushner
Produzione: AMBLIN ENTERTAINMENT, DREAMWORKS SKG, IMAGINE ENTERTAINMENT, THE KENNEDY/MARSHALL COMPANY, NEW LINE CINEMA, PARKES/MACDONALD PRODUCTIONS, THE WEINSTEIN COMPANY
Interpreti: Daniel Day-Lewis, Joseph Gordon-Levitt, Tommy Lee Jones, Sally Field,
Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it