Agostino: un grande amore per una donna misteriosa

Uno studioso rivela alcuni aspetti inediti della sua vita

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di Renzo Allegri

ROMA, martedì, 26 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La vita di Sant’Agostino in tv, in due puntate. Una produzione della Lux Vide, con Alessandro Preziosi, Monica Guerritore, Franco Nero, Andrea Giordana, Serena Rossi, diretti dal regista canadese Christiane Duguay.

La fiction è piaciuta molto a Benedetto XVI, che l’ha vista in anteprima il 2 settembre scorso. “E’ un viaggio spirituale per scoprire che la Verità è più forte di ogni sconvolgimento umano”, ha detto il Papa.

Nato a Tagaste, nell’attuale Algeria, nel 354 e morto a Ippona nel 430, Sant’Agostino è uno dei più grandi personaggi della storia del Cristianesimo. Da tutti gli studiosi, anche dai non credenti, è ritenuto filosofo, teologo, mistico, scrittore, oratore e polemista sommo, il cui pensiero ha superato le barriere del tempo e conserva una incredibile e straordinaria attualità.

La “fiction”, che già nel nome racchiude il significato di un “racconto libero”, non strettamente storico, aiuta molto a capire chi fosse questo straordinario personaggio. Ma per avere dettagli sicuri su di lui,e approfondirne la conoscenza vera, abbiamo parlato con uno dei massimi esperti dell’opera e della vita di Sant’Agostino, padre Vittorino Grossi, religioso agostiniano, appartenente quindi all’ordine fondato da Sant’Agostino.

Teologo e scrittore, direttore della rivista di studi patristici “Augustinianum”, membro del Pontificio comitato di Scienze storiche, professore di Patrologia e Patristica alla Pontificia Università Lateranense e all’Istituto Patristico Augustinianum, Vittorino Grossi ha praticamente dedicato la vita al Santo di Ippona e in questa intervista rivela alcuni particolari storici dell’esistenza di Agostino, che si possono definire inediti perché difficilmente presenti nelle biografie ufficiali.

“Nel filmato – dice padre Vittorino -, si racconta che Agostino, quando era giovane, ebbe un figlio da una schiava etiope che per un certo periodo fu la sua concubina e che poi egli abbandonò per la carriera ecclesiastica. Questa storia, così riferita da quasi tutti i biografi, non corrisponde al vero. Agostino ebbe, in gioventù, un figlio ma non da una schiava. La ragazza di cui si innamorò era ‘molto speciale’. Per suo amore Agostino cambiò profondamente la propria condotta. Purtroppo, quel grande amore non potè mai sfociare in un matrimonio regolare”.

Perché?

Ecco il giallo, il mistero, l’arcano che i biografi non sono mai riusciti a chiarire. Comunque, facendo ricerche meticolose, utilizzando tutti gli accenni che Agostino fa, nei suoi scritti, su questa sua vicenda personale, si arriva a ricostruire una storia che è molto affascinante: romantica, bella, anche se con un finale, da un punto di vista umano, un po’ triste.

Ce la può raccontare?

Agostino ebbe una giovinezza traviata. Lui stesso riferisce, nel suo libro autobiografico “le Confessioni”, che per un certo periodo fu un libertino scatenato: amava le feste, i piaceri, la bella vita, le donne, il sesso, le prostitute, il gioco, le compagnie dissolute. E questo suo comportamento era una specie di ribellione dovuta anche al fatto che non poteva realizzare i propri sogni.

Apparteneva a una famiglia di modeste condizioni economiche. Suo padre, Patrizio, consigliere municipale, era addetto alla riscossione delle tasse, ma Tagaste era un piccolo centro e quel lavoro rendeva poco. La madre, Monica, cristiana e donna molto pia, infatti, dopo la morte, fu proclamata santa, diede al figlio piccolo una educazione religiosa, che Agostino, nell’adolescenza, dimenticò completamente.

Primogenito di tre fratelli, era un ragazzo intelligentissimo. A scuola era sempre tra i migliori. Amava soprattutto la letteratura, in particolare i poeti. Conosceva a memoria Virgilio e recitando brani dell’Eneide si commuoveva fino alle lacrime. Sognava di poter andare a Cartagine, per continuare gli studi e diventare un famoso retore, cioè un letterato. Ma la famiglia non aveva i mezzi economici necessari. Così, finite le scuole locali, il ragazzo si sentiva frustrato. Si dice che, ogni giorno, salisse su una collinetta e stesse ore a guardare nella direzione di Cartagine sognando. E fu in quel periodo che, per tristezza e disperazione, si abbandonò a tutti i vizi: era ribelle, litigioso, giocava d’azzardo, rubava, molestava le ragazze, perfino le amiche di sua madre. Era lo scandalo di Tagaste e sua madre piangeva addolorata.

Un amico di famiglia, Romaniano, un uomo molto ricco, stimava Agostino e cercò di toglierlo da quello stato, offrendogli di fare da precettore ai propri figli. “Accetto ma solo se mi paghi un anno di lavoro in anticipo”, disse Agostino. Romaniano accettò. Agostino intascò i soldi e sparì. Fuggì di casa, se ne andò a Cartagine e con i soldi di Romaniano si iscrisse a quella che era l’Università del tempo.

Cambiò vita?

Non subito. Cartagine era una città corrotta, piena di divertimenti di ogni genere. Agostino si sentiva a proprio agio. Era estroverso, bello, affascinante, colto, scriveva poesie, divenne subito il “re” delle feste e l’idolo delle donne. Ma poi incontrò quella misteriosa ragazza e tutto cambiò.

Cosa si sa di quella ragazza?

Poco. Non si conosce neppure il nome, ma non era una schiava. Come Agostino stesso racconta, la incontrò in una comunità cristiana, e questo dettaglio è molto importante per capire chi fosse. Alle riunioni delle comunità cristiane di allora, le donne partecipavano solo accompagnate dei genitori o dai mariti e nessuno poteva intrattenersi con loro. Vi erano però anche tre “ordini” femminili tenuti in grande considerazione nella struttura sociale e liturgica della chiesa primitiva: le “Vedove”, le “Diaconesse” e le “Vergini consacrate”. Le Vedove e le Diaconesse erano in genere donne di una certa età. Le “Vergini consacrate”, invece, potevano essere anche molto giovani e sceglievano di dedicare la loro vita a Cristo attraverso una cerimonia di consacrazione. Erano le migliori ragazze delle comunità, ricche di qualità umane e intellettuali.

Tutto fa pensare che Agostino si sia innamorato di una di quelle fanciulle e che con il suo irresistibile fascino l’abbia sedotta. La ragazza rimase incinta e andò a convivere con l’innamorato, creando un grave scandalo. Ma quel loro amore, che era profondo e grande, provocò un cambiamento drastico nella vita di Agostino. Fu, per lui, la salvezza, l’inizio di quella che poi divenne la sua conversione. Ma, come ho già detto, non potè essere legalizzato con il matrimonio. C’erano allora delle leggi ecclesiastiche che, dopo l’editto di Costantino del 312 e sotto Giustiniano, erano state recepite anche nel Codice civile. Una di quelle leggi riguardava le “Vergini consacrate”. Queste non potevano mai abbandonare il loro stato e quindi non avrebbero mai potuto sposarsi legalmente.

Come vissero Agostino e la sua compagna?

Da concubini. Il “concubinato” era uno stato civilmente “tollerato” in quel tempo. Finiti gli studi, Agostino tornò a Tagaste, con la compagna e il figlio, al quale aveva dato il nome di Adeodato, che significa “dono di Dio”. A Tegaste voleva aprire una scuola ma non aveva mezzi. La famiglia non gli diede alcun aiuto. La madre considerava Agostino un “sacrilego” perchè conviveva con una “vergine consacrata” e non volle neppure ospitarlo in casa. Fu ancora Romaniano a venirgli in aiuto. Gli fece un generoso prestito e con quei soldi Agostino aprì una sua scuola. Ma a Tagaste non si trovò bene. Gli allievi non lo pagavano.

Tornò, quindi, a Cartagine, e aprì una nuova scuola. Ma anche a Cartagine non ebbe fortuna. Emigrò a Roma. Nel frattempo continuava a studiare. Era assetato di verità. Per cercarla, aderì via via a tutte le varie ideologie e correnti filosofico-religiose del tempo: dal materialismo passò allo stoicismo, al movimento dei platonici, al pelagianesimo e infine al manicheismo. Fur
ono i manichei a capire quanto intelligente e bravo fosse quel giovane. Erano molto influenti nella politica e decisero di valorizzarlo. Attraverso Simmaco, prefetto di Roma, sostennero la candidatura di Agostino alla cattedra di Retorica di Milano, posto di grande prestigio perché Milano era diventata la sede ufficiale dell’Impero, e la candidatura fu accettata. Nel 384, quando aveva solo 30 anni, Agostino fu nominato “Retore imperiale”, e si trasferì a Milano con la famiglia.

Vescovo di Milano era Sant’Ambrogio. Agostino lo stimava molto e cominciò ad andare alle sue prediche per “ragioni estetiche”, come scrisse lui stesso, cioè perché Ambrogio era uomo colto e raffinato. Ma in quelle prediche trovò la Verità che inseguiva da anni. Dio si rivelò a lui e il cuore di Agostino ne fu infiammato. Si iscrisse nell’elenco dei catecumeni e si preparò al battesimo che avrebbe ricevuto la notte del Sabato santo del 387, impartito da Sant’Ambrogio, ma sorse subito un grave impedimento.

La Chiesa imponeva ai catecumeni di mettere ordine nella loro vita prima di ricevere il battesimo. Chi aveva l’amante, doveva lasciarla. Chi conviveva, doveva sposarsi. Agostino, quindi, avrebbe dovuto sposarsi, ma non lo fece. Alcuni biografi affermano che egli, quando decise di ricevere il battesimo, mandò via la sua compagna, tenendo invece con sé il figlio Adeodato, che aveva 15 anni. E’ una versione non documentata, e che io ritengo non vera. Agostino, era molto innamorato della sua compagna. Per lei aveva cambiato vita. Nelle “Confessioni” racconta che in quindici anni non l’aveva mai tradita e questo dimostra il suo grande amore e quindi non l’avrebbe mai abbandonata in quel modo. Allora, al tempo del battesimo, Agostino non pensava assolutamente di intraprendere la carriera ecclesiastica, e non c’erano ragioni plausibili perché non dovesse sposare la mamma di suo figlio.

Io penso che Agostino non sposò la propria compagna perché “non poteva farlo”. E non poteva farlo perché la legge non gli permetteva di sposare una “Vergine consacrata”. Avrebbe dovuto mandarla via. Ma si sentiva morire per il dolore al solo pensiero. E fu lei, la donna a risolvere la questione, sacrificando se stessa. Se ne tornò a Roma, lasciando ad Agostino anche il figlio. Una separazione dolorosissima, come dimostra il fatto che Agostino non dimenticò mai quella sua compagna. Sua madre, Monica, cercò invano di consolarlo, presentandogli varie donne, con ottima posizione, perché potesse rifarsi una vita. Ma rifiutò sempre. Egli era una grande autorità a Milano e le migliori famiglie desideravano imparentarsi con lui. Ma Agostino era sempre innamorato della madre di suo figlio e rifiutò tutte le proposte.

Cosa fece dopo il Battesimo?

Rinunciò all’incarico di Retore imperiale perché non si trovava bene in quell’ambiente. Decise di tornare a Tagaste e dedicarsi allo studio, alla preghiera, insieme a sua madre e ai suoi amici. Lasciò Milano e raggiunse Civitavecchia per imbarcarsi verso l’Africa. Ma a Civitavecchia Monica prese la malaria e morì. Agostino allora si trasferì a Roma, dove si fermò per otto mesi. Era attratto dalle comunità monacali che si stavano diffondendo. A Roma ce n’erano diverse e volle conoscerle. Erano comunità di persone che desideravano vivere come i primi cristiani.

Nel 388 tornò a Tagaste, vendette i pochi beni che aveva, distribuì il ricavato ai poveri e si ritirò con pochi amici alla periferia del paese. Il suo nuovo ideale di vita era quello del nascondimento, della preghiera e dello studio insieme agli amici che condividevano le sue idee. Ma Agostino era molto noto a Tagaste. Tutti ammiravano la sua gentilezza, la sua bontà, la sua sapienza e ogni giorno c’erano persone che andavano a trovarlo per chiedergli consigli, favori, aiuti e lui non riusciva a dire di no a nessuno.

In questo modo la sua vita di studio e di preghiera veniva continuamente disturbata e allora decise di lasciare Tagaste. Trasferì la sua dimora in una cittadina vicina al mar Mediterraneo, Ippona, nei pressi dell’attuale Annaba. Ma la fama lo aveva preceduto. Un giorno entrò nella chiesa di Ippona mentre era in corso una riunione. Il vescovo, Valerio, ormai anziano, stava esponendo ai fedeli la necessità di avere un sacerdote che lo aiutasse. I fedeli, vedendo Agostino, cominciarono a fare con entusiasmo il suo nome, egli si scherniva, perché mai aveva pensato di diventare sacerdote. Ma, allora, la voce del popolo era voce di Dio, “vox populi vox Dei”, e il vescovo lo chiamò e gli disse che quella era la volontà di Dio e non poteva rifiutarla. Così Agostino venne ordinato sacerdote.

Che la scelta fosse stata ottima, lo si capì subito. Agostino organizzò una tale attività religiosa che a Ippona e nelle zone circostanti ci fu un rifiorire straordinario di fede, di opere, di studi. Tutti accorrevano alle prediche di Agostino. I sacerdoti e anche i vescovi andavo per avere consigli. Ippona, grazie ad Agostino, divenne un punto di riferimento per tutte le chiese d’Africa. Il vescovo Valerio, temendo che Agostino fosse inviato ad altre sede, lo consacrò vescovo nominandolo suo successore. La consacrazione avvenne intorno al 396 e Agostino così non si mosse più da Ippona.

Agostino morì nel 430, il suo episcopato quindi durò molto.

Durò 34 anni. Un tempo lungo e intensissimo di attività. Agostino si dedicò a questa sua nuova missione anima e corpo. Fu un pastore premuroso, attento alle necessità dei suoi fedeli, in particolare i poveri, gli umili, gli ammalati. Curò molto la predicazione, anche se gli costava sacrifici grandi perché aveva problemi di polmoni e parlare era un tormento. Spesso andava a predicare anche in altre località e fu pure a Cartagine. Insieme alla predicazione curò molto lo scrivere. Dove non poteva arrivare con la parola, voleva arrivare con i suoi scritti. A Ippona aveva realizzato uno straordinario Laboratorio. Con lui lavoravano diverse persone che prendevano nota di tutto quello che usciva dalla bocca di Agostino: conversazioni, dispute, dialoghi, prediche e poi lo ordinavano in una forma compiuta. Agostino rielaborava il tutto preparando libri e trattati. Altri scrivani facevano copie che venivano inviate alle chiese, ai vescovi, e anche a persone che chiedevano aiuti e consigli. Agostino contribuiva alla produzione di libri, con elaborati che scriveva direttamente. Soffriva di insonnia, ma non si lamentava perché in quel modo poteva trascorrere gran parte delle notti a scrivere. La produzione letteraria lasciata da Agostino è semplicemente immensa e ancora oggi è fonte straordinaria di “sapienza” teologica, mistica, filosofica per studiosi di ogni genere, compresi i Papi.

Quando morì?

Nella notte tra il 28 e il 29 agosto del 430. Aveva 76 anni. Fu colpito da febbri e, dopo breve malattia, se ne andò in Cielo. Il suo corpo fu sepolto a Ippona. In seguito, venne trasferito in Sardegna e poi a Pavia, dove ancora si trova nella Chiesa di San Pietro in Ciel d’oro.

Dalla lettura dei suoi libri e dalle testimonianze di chi lo conobbe, si riesce ad avere una descrizione di com’era fisicamente Sant’Agostino?

Si, ci sono cenni e dati che ci permettono di farcene un’immagine abbastanza attendibile. Non doveva essere molto alto. Un episodio riferito dallo stesso Agostino, induce a questa conclusione. Tutti i romani erano di statura medio-bassa. Quando nelle catacombe si trova qualche scheletro di persona alta, significa che non era romano. Una signora romana aveva un figlio che doveva essere consacrato diacono e per quella circostanza gli aveva comperato un bel vestito nuovo. Ma il giovane morì e la signora regalò il vestito ad Agostino, che la ringraziò del dono, ma le disse che “non poteva metterlo perché era troppo grande per lui”. Da questo dettaglio si ricava che Agostino doveva essere più piccolo di un normale romano del tempo. Sarà stato alto un metro e 60 centimetri circa. Apparteneva alla popolazione della costa medite
rranea e aveva quindi i caratteri somatici degli attuali algerini: carnagione scura, capelli neri.

E da un punto di vista del temperamento, come era?

Era un tipo affabile, gentile, cordiale, bisognoso di affetto. Desiderava essere sempre attorniato da amici, anche da anziano, e soffriva dovendo allontanarsi da loro. Lui stesso dice di sé: “Io sono di animo gentile”. Risultava simpatico, e tutti volevano stare con lui. Possedeva una nobiltà d’animo innata. Da giovane, quando frequentava compagnie poco raccomandabili, non scese mai a comportamenti volgari, rozzi, violenti. Voleva essere sempre “elegante e fine”. Era un parlatore raffinato. Incantava con i suoi discorsi.

Agostino è vissuto 1600 anni fa, ma sembra un uomo del nostro tempo. Conobbe tutte le difficoltà che assillano le persone di oggi. Prima di incontrare Dio e vivere per Lui, fu vittima di passioni sfrenate. Cercava la verità, ma attraverso strade che erano lontane da quella fede cristiana che da bambino aveva appreso dalla madre. E ad un certo momento divenne addirittura un nemico della religione cristiana che giudicava falsa. Poi si convertì diventando per il resto della sua vita un innamoratissimo seguace di Gesù e un appassionato divulgatore del Vangelo.

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ZENIT Staff

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