Aborto e ideologia di genere: due risoluzioni al Consiglio d’Europa

“La sessualità umana è una attività, non una identità”

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di Jesús Colina

STRASBURGO, mercoledì, 27 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Due relazioni saranno esaminate e votate dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa questa settimana, spiega l’esperto di diritto europeo Grégor Puppinck in questa intervista rilasciata a ZENIT.

Una di queste contiene una proposta di risoluzione diretta a promuovere i diritti dei cosiddetti “LGBT” (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali), tra i quali sono contemplati anche il matrimonio, l’adozione e l’inseminazione artificiale. L’altra, invece, è a favore di una politica di riduzione demografica, che comprende tra i suoi strumenti anche l’aborto.

Grégor Puppinck è direttore dello European Centre for Law and Justice*, una ONG con sede a Strasburgo specializzata in diritto europeo, ed ha partecipato ai lavori del “Comitato di esperti sulla discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere” (DH-LGTB) del Consiglio d’Europa.

L’attenzione si è incentrata su due testi che sollevano perplessità, e che saranno esaminati e votati nel corso della prossima sessione dell’Assemblea parlamentare, questa settimana. Diversi deputati e ONG hanno proposto di correggere o arginare questi testi. Di che si tratta?

G. Puppinck: Si tratta di due relazioni parlamentari elaborate in seno al Consiglio d’Europa.

Queste hanno come obiettivo, da una parte, quello di promuovere i diritti dei cosiddetti “LBGT” (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali), trai quali figurano anche il matrimonio, l’adozione e l’inseminazione artificiale.

Dall’altra quello di favorire una politica di riduzione demografica, anche attraverso – e qui è l’elemento problematico – l’aborto.

Le relazioni saranno discusse e votate, rispettivamente, mercoledì 27 e venerdì 29 gennaio, a Strasburgo.

Che problemi concreti presenta la relazione sui diritti dei “LBGT”?

G. Puppinck: La relazione di M. Andreas Gross, il cui titolo è “Discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere” è problematica perché non si limita all’obiettivo rispettabile di tutelare le persone “LBGT” da violenze e discriminazioni ingiustificate.

In realtà, la proposta di risoluzione in essa contenuta va al di là di questo e tende a forzare l’opinione e le coscienze, imponendo un’idea secondo cui ogni tipo di rapporto (eterosessuale, omosessuale, bisessuale o transessuale) sarebbe equivalente dal punto di vista della natura e della morale.

Come conseguenza, la risoluzione non permetterebbe alcuna distinzione morale, politica o giuridica, per esempio, in relazione al matrimonio, all’adozione o all’inseminazione artificiale.

E andando oltre la legittima tutela delle persone “LBGT” contro le violenze fisiche e le discriminazioni ingiustificate, questa risoluzione viola diversi diritti fondamentali.

In primo luogo verrebbero indebolite le libertà di opinione, di espressione e di religione, poiché non sarebbe considerato più ammissibile avere un’opinione morale o religiosa sull’omosessualità.

È semplicemente il diritto a “non essere d’accordo” che verrebbe meno, in favore di un pensiero unico, in nome dello “sradicamento dell’omofobia e della transfobia”.

La libertà della Chiesa e dei credenti è direttamente e attualmente minacciata in questo contesto.

Inoltre, anche l’interesse dei bambini e delle famiglie viene minacciato. Di fatto, la famiglia e i bambini non sarebbero più riconosciuti come realtà naturali in se stesse, ma come oggetto di desiderio soggettivo.

Posto che l’adulto LGBT può avere questo desiderio, la proposta di risoluzione conclude affermando l’esistenza di un loro “diritto” a sposarsi, ad adottare e a fondare una “famiglia”, come se le realtà naturali non esistessero.

D’altra parte, del superiore interesse del bambino non si dice nulla, sebbene potrebbe sembrare del tutto opportuno educare i bambini sin dalla tenera età contro i pregiudizi.

Qual è la filosofia che sottende questa proposta di risoluzione?

G. Puppinck: L’affermazione di diritti delle persone LBGT si realizza, da un lato, mediante la negazione della differenziazione tra le realtà – effettivamente diverse – di coppie eterossessuali e di rapporti tra LGBT.

E dall’altro, sul fondamento di una neutralizzazione morale della sessualità, specialmente nella sua variante LGBT.

Questa risoluzione si basa sul presupposto che la sessualità sia esterna alla sfera dell’azione morale.

Tuttavia, la sessualità umana, come ogni attività volontaria, possiede una dimensione morale: si tratta di un’attività posta in essere da una volontà individuale, per una finalità; non è una “identità”.

In altre parole, dipende dall’agire e non dall’essere, nonostante quanto le tendenze omosessuali possano essere radicate nella personalità.

Negare la dimensione morale della sessualità equivale a negare la libertà della persona in questo ambito e porta, in ultima analisi, verso una violazione della sua dignità ontologica.

Le conseguenze di questa impostazione emergono in tutto il testo che viene sottoposto all’esame e al voto dell’Assemblea.

In questo senso, per esempio, si equipara il comportamento sessuale a criteri come la razza, l’età o il sesso, nonostante che questi ultimi siano generalmente accettati per la loro oggettività, in quanto ricadono nell’essere e non nell’agire.

In un senso più generale, la conseguenza principale – e senza dubbio l’obiettivo – dell’estromissione della sessualità dalla sfera dell’azione morale, è di impedire la possibilità stessa di una valutazione morale del comportamento.

Come risultato, la giustificazione morale di una differenza di trattamento – di una discriminazione – diventa impossibile: i diversi tipi di comportamento sessuale sono presenti “in abstracto” come neutrali e equivalenti tra loro.

Diventa impossibile e persino vietato, esprimere un’opinione su questa questione.

Per contro, l’approccio classico e propriamente giuridico, al concetto di discriminazione, si basa sulla valutazione “in concreto” delle circostanze che giustificano o meno una differenza di trattamento.

Si viola in questo modo il diritto ad avere un’opinione personale su un determinato comportamento e ad agire di conseguenza, nella propria sfera personale.

Si vieta la possibilità di valutare, dal punto di vista morale, la differenza tra le diverse realtà di una coppia eterosessuale e i rapporti LGBT, costringendo ad adottare un approccio indifferente e a non poter controbattere alle rivendicazioni idealistiche di presunti “diritti”, come il diritto al matrimonio, all’adozione o alla procreazione medicalmente assistita.

E questo perché esiste l’imperativo di preservare le libertà giuridiche di coscienza e di religione, di pensiero e di parola.

Come opera lo European Centre for Law and Justice (ECLJ) su questi temi?

G. Puppinck: Come organizzazione non governativa, specializzata in diritto internazionale ed europeo dei diritti umani, l’ECLJ ha scritto una memoria molto approfondita, che illustra, basandosi su un’analisi puramente giuridica, gli elementi di questa risoluzione che devono essere modificati.

Sul sito Internet dell’ECLJ è disponibile un memorandum in inglese, che abbiamo preparato su richiesta di un gruppo di deputati, coordinato dal dinamico deputato italiano Luca Volonté.

Fino a questo momento l’Assemblea parlamentare ha agito con una certa indifferenza su alcune questioni molto sensibili, sebbene le sue raccomandazioni esercitino un’influenza reale, soprattutto sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Per questo è importante seguire da vicino i suoi lavori. Negli ultimi anni, altre ONG hanno svolto un’attività di “lobbying” diretta e classica, per esempio invitando a scrivere ai deputati.

Un’azione quest’ultima molto efficace. I dati dei deputati si trovano sul sito internet dell’Assemblea parlamentare.

E sull’altro testo, quello sulla demografia, che sarà votato questa settimana?

G. Puppinck: Si tratta della relazione intitolata: “Quindici anni dopo il Programma d’azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo”, che si riferisce alla Conferenza del Cairo. La proposta di raccomandazione sarà discussa venerdì 29 gennaio.

L’ECLJ ha espresso la sua preoccupazione per la promozione dell’aborto come mezzo di controllo demografico e di pianificazione familiare.

Nel corso dei negoziati sul Programma d’azione del Cairo, gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno escluso esplicitamente l’aborto come mezzo di regolazione delle nascite, così come è stata esclusa l’affermazione di un ipotetico “diritto” fondamentale ad abortire.

La relazione nel suo insieme si fonda su un’ideologia neomaltusiana, in cui si insiste sulla necessità concreta di limitare le nascite nei Paesi più poveri.

Anche per questa raccomandazione, l’ECLJ ha elaborato uno studio approfondito, disponibile in francese e in inglese, su Internet.

Questo intervento ha provocato un primo rinvio dell’esame del testo, previsto inizialmente per l’ultima sessione.

In questa analisi, insistiamo molto sul fatto che la promozione dell’aborto costituisca una violazione dei diritti fondamentali sui quali è stato costituito il Consiglio d’Europa.

Questa promozione è contraria alla tutela della vita umana e alla sua dignità, nonché al rispetto della sovranità nazionale.

Il Programma d’azione del Cairo non ha creato un “diritto” all’aborto e ha lasciato agli Stati membri il compito di decidere sul grado di tutela da riservare ai nascituri nei rispettivi Paesi.

Il Programma d’azione precisa che l’attuazione delle raccomandazioni in esso contenute “è un diritto sovrano che ciascun Paese esercita in maniera compatibile con le proprie leggi nazionali e le sue priorità in materia di sviluppo, nel pieno rispetto dei valori religiosi ed etici e delle origini culturali del suo popolo, e in conformità con i diritti umani universalmente riconosciuti”.

* Il Centro europeo per la legge e la giustizia (ECLJ) è un’organizzazione non governativa fondata nel 1998 a Strasburgo e ha come obiettivo la tutela dei diritti umani e la libertà religiosa in Europa. I giuristi dell’ECLJ sono intervenuti in numerosi casi giunti anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’ECLJ gode di uno statuto consultivo speciale presso le Nazioni Unite ed è accreditato presso il Parlamento europeo.

http://www.eclj.org

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ZENIT Staff

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