I miracoli di San Sebastiano (Prima parte)

Durante le persecuzioni dell’imperatore Diocleziano, patì due volte il martirio

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I Martiri rappresentano la più solenne testimonianza della Verità: sacrificando la propria vita, incorrendo in pene e torture diffusero il Credo evangelico sulle orme di Gesù. Tra i più importanti esempi di fede cristiana, San Sebastiano rappresenta certamente una figura simbolica ed esaustiva di questa testimonianza.

Il nome anticipa e descrive la personalità del Santo: Sebastiano deriva dal greco sebastòs, sinonimo di augustus, venerabile. Attraverso tale titolo onorifico gli antichi Greci mostravano la loro devozione nei riguardi dell’imperatore di Roma.

Le fonti storiografiche sulla vita di Sebastiano sono scarse, ma comunque indispensabili per comprendere il segno che il Santo lasciò in eredità ai suoi correligionari e la forza della sua fede cristiana: la Depositio martyrium del 354 d.C., il Commento al salmo 118 di Sant’Ambrogio (340-397 d.C.), la Passio Sancti Sebastiani scritta nel V secolo dal monaco Arnobio il Giovane e la Legenda aurea di Jacopo da Varazze (seconda metà del XIII secolo).

Sebastiano proveniva da famiglia nobile: suo padre, funzionario romano, era nativo di Narbona (Francia meridionale), la madre milanese. Secondo Sant’Ambrogio, Sebastiano nacque intorno alla seconda metà del III secolo e trascorse la sua adolescenza a Milano, educato nella fede cristiana. Le fonti tradiscono però, che intorno al 270 d. C. il Santo decise di partire per Roma: scopo della sua partenza fu quello di aiutare e sostenere i suoi correligionari, poiché la persecuzione contro i cristiani divampava sempre più aspra e violenta.

A Roma, Sebastiano, intraprese la carriera militare e nel 283 d.C. riuscì ad ottenere una delle più alte cariche della milizia militare: divenne, infatti, tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma. Onorato e stimato per la sua lealtà dagli stessi imperatori, Massimiano e Diocleziano, che erano all’oscuro della sua professione cristiana, Sebastiano riuscì, anche grazie alla sua alta carica, a garantire con discrezione, la protezione ai cristiani perseguitati, convertire militari e alti funzionari della corte, curare la sepoltura dei martiri.

Tra i più famosi atti del suo apostolato vi è quello legato alla condanna a morte di due fratelli, Marco e Marcellino, appartenenti a una nobile famiglia romana, puniti come nemici di Roma perché sostenitori della fede cristiana. I genitori dei due giovani erano riusciti ad ottenere la proroga di un mese della condanna, nella speranza che i figli rinnegassero la propria fede e potessero salvarsi offrendo sacrifici agli dei. Intervenne però Sebastiano, il quale, giunto presso la cella dove erano rinchiusi i due giovani, li invitò a perseverare nella loro fede e di non cedere alla paura: “Oh, fortissimi cavalieri di Cristo, non vogliate per le cattive adulazioni perdere la corona indistruttibile!” (Legenda aurea). Le fonti narrano che Sebastiano mentre parlava, fu pervaso di luce con grande stupore dei presenti i quali, dopo il prodigioso evento, si convertirono tutti al Cristianesimo. Tra gli astanti c’era Zoe, moglie di Nicostrato alto funzionario della cancelleria imperiale, che da anni aveva perduto la parola. Avendo partecipato anch’ella allo splendore del Santo, cadde in ginocchio al cospetto di Sebastiano, il quale facendole il segno della croce sulle labbra, le restituì la voce.

A questo episodio seguirono altre conversioni di personaggi importanti come il prefetto di Roma Cromazio e suo figlio Tiburzio, i quali subirono il martirio, accettato con letizia.

Il Martirologio Romano ricorda come, proprio a Roma, Sebastiano ebbe il domicilio della sua immortalità. La sua deposizione avvenne, infatti, a Roma ad Catacumbas il 20 Gennaio.

Il Santo subì due volte il martirio. Mentre si trovava a dar sepoltura ai santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato, detti i Quattro Coronati, sulla via Labicana, fu arrestato e condotto al cospetto dell’imperatore Diocleziano. La sua attività di soccorso nelle carceri volta a rincuorare gli animi dei cristiani era venuta allo scoperto a causa dell’invidia dei suoi colleghi tribuni romani. Diocleziano, infuriato a causa della notizia che la fede cristiana si era diffusa nella corte imperiale e tra gli stessi pretoriani, condannò Sebastiano ad essere trafitto dalle frecce, legato nudo ad un palo, sul Palatino. Il Santo non rinnegò la sua fede e affrontò il supplizio con onore attendendo la promessa di Gesù: la beatitudine eterna. Credendolo morto, fu abbandonato sul campo del Palatino. Irene, vedova del martire Castulo, si recò al campo per recuperare la salma e darne degna sepoltura e, accorgendosi che il Santo era ancora vivo, prese a curarlo dalle numerose ferite. Guarito miracolosamente Sebastiano, nonostante fosse esortato vivamente dagli amici ad abbandonare Roma, si mostrò sempre più convinto a proseguire la sua lotta contro la persecuzione del potere verso i cristiani. Decise così di proclamare a viva voce la sua fede al cospetto dell’imperatore, mentre questi si recava per le funzioni al tempio di Ercole. Sbalordito dal coraggio del Santo, Diocleziano ordinò che venisse flagellato e gettato nella Cloaca Massima, cosicché i cristiani non potessero recuperare il corpo e darne degna sepoltura.

La tradizione afferma che Sebastiano apparve in sogno alla matrona romana Lucina, indicandole il luogo esatto ove il suo corpo era approdato allo sbocco della Cloaca Massima, ordinandole di seppellirlo nel cimitero ad Catacumbas sulla via Appia.

[La seconda parte sarà pubblicata domani, domenica 27 gennaio]

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Laura Scapin

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