Hanno preso il via al Vicariato di Roma, le “letture teologiche” sul Concilio Vaticano. L’incontro di ieri sera sulla Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium. La dimora di Dio con gli uomini, ha visto la partecipazione dell’arcivescovo Mariano Crociata, segretario generale della Cei; del prof. Guzman Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, che ha parlato di ‘rivoluzione copernicana’ del testo conciliare nel mettere in luce il ruolo del laicato nella Chiesa e la comune chiamata alla santità del popolo di Dio; del prof. Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico all’Università degli studi Roma Tre, che ha riflettuto sulla portata della costituzione dogmatica nel rapporto tra il messaggio universale della Chiesa e il dipanarsi della storia mondiale.
Nel suo intervento mons. Crociata ha affrontato i contenuti della Lumen Gentium, cardine di tutto l’impianto conciliare, ricordando alcune parole dell’Allocuzione con cui papa Paolo VI chiudeva la grande assise ecumenica, a partire dalla consapevolezza con la quale la Chiesa pose il proprio stesso mistero come perno della riflessione dell’intero Concilio: “La Chiesa si è raccolta nella sua intima coscienza spirituale, non per compiacersi di erudite analisi di psicologia religiosa o di storia delle sue esperienze, ovvero per dedicarsi a riaffermare i suoi diritti e a descrivere le sue leggi, ma per ritrovare in sé stessa vivente ed operante, nello Spirito Santo, la parola di Cristo, e per scrutare più a fondo il mistero, cioè il disegno e la presenza di Dio sopra e dentro di sé, e per ravvivare in sé quella fede, ch’è il segreto della sua sicurezza e della sapienza, e quell’amore che la obbliga a cantare senza posa le lodi di Dio”.
Questo “ravvivare in sé la fede”, che è scopo ultimo della Chiesa da sempre, risuona come parola profetica di Paolo VI nel cinquantenario dell’apertura del concilio, rimarcando l’intima connessione che è stabilita tra fede e ‘popolo di Dio’: “L’assise di cinquant’anni fa ha voluto, innanzitutto, ribadire che fede e Chiesa si implicano e presuppongono a vicenda. Non solo non c’è Chiesa senza credenti, ma non si dà nemmeno fede formata che possa essere accolta e vissuta fuori della Chiesa”, ha affermato il segretario generale della Cei, soffermandosi poi a descrivere il modello ecclesiale presentato dalla Lumen Gentium, poiché attraverso la sua rilettura “in realtà noi siamo misurati con la proposta di un modello che chiede un ripensamento del nostro essere credenti, per diventare tali in modo più avvertito e partecipe”.
Questo modello declinato nei vari capitoli della costituzione appare come mistero, ossia realtà umana e sovrannaturale che affonda le sue radici nell’atto della creazione del mondo: “La Chiesa – ha spiegato mons. Crociata – non viene compresa se non si trova connessa con questo fondamento nella creazione e nel suo rapporto con essa. La volontà divina di creare l’uomo quale vertice della creazione si spiega con l’intenzione di renderlo partecipe della sua stessa vita; ora una tale partecipazione si compie attraverso il luogo storico della Chiesa. Questa è stata pensata e voluta nell’atto stesso di creare l’uomo per destinarlo alla divinizzazione”.
Infine, ha aggiunto il prelato, “tale disegno rimane inadeguatamente inteso se non viene colto simultaneamente nella sua configurazione trinitaria. […] Essere Chiesa e stare nella Chiesa equivale a entrare e intrattenere una relazione vitale con le persone di Dio, singolarmente e insieme, attraverso le forme di cui si alimenta l’identità e l’appartenenza ecclesiale, e cioè la parola, il sacramento, la comunione”.
L’incontro si è concluso con alcune parole di Sua Eminenza il card. Agostino Vallini: “Quando è stata promulgata la Lumen Gentium io ero sacerdote ed ero in piazza San Pietro. Con il Concilio ho capito molto di più la fede, mi sono reso conto che la visione della Chiesa catechistica legata all’età dell’infanzia era come di una società perfetta; il Concilio ci ha aperto le finestre, ha fatto capire che c’era l’amore di Dio dentro questa realtà che chiamiamo Chiesa; la Lumen gentium ci dice che siamo amati da Dio dandoci un senso di appartenenza: la Chiesa siamo noi, siamo noi il popolo, noi battezzati, nella diversità di ricchezza dei carismi e dei ministeri in quest’uguaglianza fondamentale che precede tutto”. Infine, “se la <em>Lumen Gentium all’inizio del capitolo IV dice che è proprio dei laici trattare le cose temporali per ordinarle secondo Dio, qui c’è un’affermazione di una potenza enorme anche sul piano dell’impegno nella costruzione del mondo”.