di Valerio De Luca
Presidente dell’Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (AISES www.academy-aises.eu)
ROMA, giovedì, 23 febbraio 2012 (ZENIT.org).- II giovani hanno bisogno della crescita per guardare con fondata speranza verso il futuro, per realizzare i loro progetti di vita nella famiglia, nel lavoro, nella politica e nel sociale; e la crescita ha bisogno del coraggio e della spinta ideale dei giovani per ricostruire il presente del nostro Paese sulle nuove fondamenta di un vivere etico e civile, capace di rinvigorire la fiducia, la solidarietà e la comprensione reciproca.
La crisi finanziaria e il risanamento della finanza pubblica rendono incerte e precarie le prospettive di reddito e di occupazione delle nuove generazioni e, quindi, la valorizzazione delle loro aspirazioni individuali, il loro contributo effettivo alla crescita economica e la loro partecipazione attiva alla vita democratica e alla costruzione di una società migliore e dal volto umano.
Al di là delle misure tecniche e settoriali che verranno approntate dal governo e dalle istituzioni preposte a sostegno della crescita, ritengo che la causa principale del disagio e della frustrazione dei giovani sia ben più profonda di quella economica ed affonda le sue radici in una crisi culturale ed antropologica, che fiacca lo spirito e indebolisce la volontà, impedendo così di liberare e mobilitare le energie più sane per rilanciare innanzitutto una crescita etica e civile del Paese.
L’esplosione di individualismo, l’asservimento agli idoli del denaro e del successo a tutti i costi, hanno determinato uno svuotamento interiore e l’implosione di tutti i valori in un atmosfera di indifferenza, dove ogni cosa diventa irrilevante, mescolandosi con le altre in un cocktail privo di sapore e significato.
Ciò investe la stessa natura dell’uomo, la fiducia nella vita e nella possibilità di scorgere un domani migliore. Il crollo della natalità è un sintomo evidente del vuoto di certezze e di speranza.
Come ha affermato Benedetto XVI, in una società dove prevale il relativismo ogni persona è prima o poi condannata “ a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune”.
La formazione, come struttura fondante l’edificazione dell’uomo, per acquisire conoscenze e competenze, per interiorizzare valori, modelli e stili di vita è in una crisi dirompente perché alla radice c’è una crisi di fiducia nella vita e nell’opera dell’ uomo. Per questo siamo di fronte ad una crisi di identità e di civiltà che avviluppa l’intero Occidente.
Il dramma del nostro sistema educativo, infatti, è quello di non essere in grado di offrire punti di riferimento stabili, capaci di ascoltare, formare ed orientare i giovani a dare “un nuovo senso e un nuovo valore alla vita” : una vita innazitutto degna di essere vissuta per se stessi e per gli altri; una vita dove la persona come “luogo della speranza” sia il centro motore di aspirazioni e inclinazioni che si propongano obiettivi più alti e al servizio del bene comune.
Come afferma ancora di recente il Santo Padre “Per questo sono più che mai necessari autentici testimoni, e non meri dispensatori di regole e di informazioni; testimoni che sappiano vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi. Il testimone è colui che vive per primo il cammino che propone”.
Di fronte a questa “grande emergenza educativa” non solo i responsabili delle istituzioni formative ed educative (le famiglie, le scuole, la chiesa), ma tutte le componenti del mondo del lavoro, dell’economia e della cultura sono chiamate ad un altrettanto grande sfida culturale alla luce di un nuova umanesimo, che sia in grado di promuovere una vera “alleanza per l’educazione”.
Le nuove generazioni,infatti, se ben preparate ed educate al buon uso della libertà, alla solidarietà tra generazioni, alla giustizia sociale e alla pace tra i popoli, rappresentano un “bene pubblico globale” inestimabile, un driver formidabile di capitale umano su cui investire ed essere competitivi nel mercato globale, quell’ “esercito di riserva” che sarà sempre più necessario a tutti noi per fronteggiare le aspre difficoltà e le urgenti sfide dell’oggi e del domani.
Capisco bene che di fronte alle difficoltà e alla crisi in atto, di cui tutti noi siamo testimoni, queste parole possono sembrare delle pie esortazioni, che non danno risposte concrete alle attese e alle inquietudine dei giovani.
Ciò nonostante vorrei solo trasmettere ai giovani fiducia, a non perdersi d’animo di fronte alle avversità, a non attendere passivamente da altri la soluzione dei problemi, perché “sta in voi” la carica di futuro per costruire il domani, partendo oggi dalla consapevolezza della proprie forze.
In altri termini e concludo : “I giovani non devono preoccuparsi di capire dove va il mondo, perché il mondo andrà dove andranno loro”.
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La riflessione del prof. Valerio De Luca è stata svolta oggi 23 febbraio alla PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE al Corso di alta formazione “Etica, finanza e sviluppo”