di Giovanni Preziosi
ROMA, martedì, 21 febbraio 2012 (ZENIT.org).- In preparazione alla S. Pasqua, fin dai primissimi tempi del Cristianesimo, cominciò a praticarsi dai fedeli un periodo di preparazione per disporsi sempre meglio a quello che è il mistero centrale della Redenzione del Cristo.
Dapprima si iniziò con un periodo di un solo giorno; poi questo periodo si andò sempre più allungando, comprendendo 6 settimane, e così si ebbe la Quaresima (dal latino “Quadragesimae”) cioè 40 giorni di preparazione al Mistero Pasquale. La Quaresima comporta per i fedeli due distinte pratiche religiose: il digiuno e la penitenza. Il primo, al quale erano un tempo obbligati (ad esclusione delle domeniche) tutti i fedeli fra i 21 e i 60 anni, fu introdotto nella Chiesa non prima del IV sec.
Anticamente nella Chiesa Latina il digiuno riguardava 36 giorni; nel V sec. ne vennero aggiunti altri 4 e l’esempio si seguì in Occidente, tranne che nella Chiesa ambrosiana. Gli antichi monaci latini facevano 3 quaresime: la principale, prima di Pasqua; l’altra prima di Natale, chiamata Quaresima di S. Martino; la terza, a S. Giovanni Battista, dopo la Pentecoste.
Se c’erano delle buone ragioni per giustificare il digiuno di 36 giorni, ve ne erano delle eccellenti per spiegare il numero quadragenario. Si osserva, anzitutto, che questo numero nelle Sacre Scritture, rappresenta sempre la pena e l’afflizione.
Per 40 giorni e 40 notti era durato il diluvio che aveva sommerso la terra ed estinto l’umanità peccatrice (cfr. Gn. 7,12); per 40 anni il popolo eletto dovette errare nel deserto, in punizione della sua ingratitudine, prima di entrare nella terra Promessa (cfr. Dt. 8,2); per 40 giorni Ezechiele aveva dovuto giacere sul proprio fianco destro a raffigurare il castigo divino imminente sulla città di Gerusalemme (cfr. Ez 4,6); per 40 giorni Mosè aveva digiunato sul Sinai prima di attendere la Rivelazione divina (cfr. Es. 24, 12-17); per 40 giorni aveva viaggiato Elia nel deserto, per sfuggire alla vendetta della regina idolatra Jezabele ed essere consolato ed ammaestrato da Jahvè (cfr. 1Re 19,1-8); anche Gesù, dopo il battesimo ricevuto nel Giordano e prima di iniziare la sua vita pubblica, trascorse 40 giorni e 40 notti nel deserto pregando e digiunando (cfr. Mt 4,2).
In passato, il digiuno cominciava con la Prima Domenica di Quaresima e si concludeva all’Alba della Resurrezione di Gesù. Senonché, siccome la domenica era giorno festivo, e ad essa non si addiceva il digiuno quaresimale, allora per supplire ai 4 giorni di digiuno, che in tal modo venivano a mancare per avere il numero sacro di 40 giorni, si cominciò il digiuno quaresimale con il mercoledì antecedente alla Prima Domenica di Quaresima.
Questo uso iniziò negli ultimi anni di vita di S. Gregorio Magno, che fu sommo pontefice dal 590 al 604 d.C. Quindi questo mutamento di iniziare la Quaresima al mercoledì, detto in seguito delle Ceneri, possiamo datarlo ai primissimi anni del sec. VII, e cioè proprio tra il 600 e il 604.Quel Mercoledì fu perciò chiamato Caput Jejunii, cioè inizio del digiuno quaresimale, oppure Caput Quadragesime, e cioè inizio della Quaresima.
La penitenza per i pubblici peccatori iniziava con la loro separazione dalla partecipazione alla Liturgia Eucaristica. Ma una vera e propria prescrizione ecclesiastica la troviamo nel Concilio di Benevento del 1901, al canone 4.
Nel cristianesimo primitivo, il periodo della Quaresima era dedicato a preparare i catecumeni, che nel giorno della Pasqua avrebbero ricevuto il battesimo e sarebbero stati accolti nella Chiesa. La pratica del digiuno, fin dalle più remote antichità, fu imposta dalle leggi religiose di vari popoli. Nei libri sacri dell’India, nei papiri dell’antico Egitto e nei libri mosaici sono contenuti numerosi precetti relativi al digiuno.
Nell’osservanza della Quaresima gli Orientali sono più severi dei cristiani d’Occidente. Nella Chiesa greco-scismatica il digiuno è di stretto rigore durante tutti i 40 giorni che precedono la Pasqua; nessuno può dispensarsene, neanche il patriarca.I primi monaci (cenobiti) del cristianesimo praticavano il digiuno commemorativo di Gesù nel deserto; quelli dell’Egitto non prendevano che appena 12 oncie di pane al giorno. metà alla mattina e metà alla sera, con un sorso d’acqua.
In passato, durante il periodo quaresimale, non era consentito che un solo pasto al giorno. Questo unico pasto nel IV sec. si teneva dopo il tramonto del sole. In seguito fu permesso verso le 15. Al principio del secolo XVI venne concesso dalle autorità della Chiesa di aggiungere al pasto principale la cosiddetta “colatio”, leggera refezione serale. Temperandosi sempre più i rigori, la carne, che prima era assolutamente bandita dalla mensa durante la Quaresima, vi fu poi ammessa nel pasto principale fino a tre volte per settimana.
Le tassative prescrizioni del digiuno quaresimale si pubblicavano ogni anno in Roma mediante il famoso “Editto sull’osservanza della Quaresima”. La pratica del digiuno era in passato veramenteobbligatoria e chi vi contravveniva andava incontro a seri guai.
I rigori erano tali che il Concilio VIII di Toledo nel 653 comandò a coloro che, senza necessità, avessero mangiato carne in Quaresima di astenersi per tutto l’anno e non accostarsi alla comunione il giorno di Pasqua.