L'amore che poggia sulla fede

L’omelia di Benedetto XVI durante la Messa con i 22 nuovi Cardinali

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di Salvatore Cernuzio

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 19 febbraio 2012 (ZENIT.org) – Attorniato dai 22 cardinali nominati nel Concistorio di ieri, Benedetto XVI ha presieduto, questa mattina, giorno della solennità della Cattedra di Pietro, la santa Messa nella Basilica Vaticana.

«Abbiamo la gioia di radunarci intorno all’Altare del Signore per questa lieta circostanza, che riveste uno speciale carattere di universalità » ha affermato il Santo Padre all’inizio della sua omelia, dopo aver ringraziato il cardinal Filoni per il saluto espresso a nome dei nuovi membri del Collegio Cardinalizio.

Nel richiamare le parole della seconda Lettura dove san Pietro esortava i “presbiteri” della Chiesa «ad essere pastori zelanti e premurosi del gregge di Cristo», Benedetto XVI si è rivolto ai nuovi porporati, invitandoli ad accogliere la dignità conferita come segno «di apprezzamento per il fedele lavoro nella vigna del Signore».

Spostando poi la sua riflessione dal servizio dei porporati ai fondamenti stessi della Chiesa cattolica, il Papa ha ricordato l’esempio dell’apostolo Pietro, protagonista del Vangelo odierno, il quale, in virtù della sua salda professione di fede in Cristo, ha ricevuto dal Figlio di Dio la missione di essere «pietra e roccia su cui è costruito l’intero edificio spirituale della Chiesa».

«Tale denominazione di “roccia-pietra” non fa riferimento al carattere della persona» ha spiegato il Santo Padre, perché “la carne e il sangue” di Pietro da sole non gli avrebbero permesso di assolvere la missione di sorreggere la Chiesa affidatagli.

È quindi proprio attraverso il “mistero” dell’incarico che Gesù gli conferisce che «egli diventerà “ciò che non è”», quale manifestazione della potenza dello Spirito Santo che va oltre la natura umana.

Eloquente spiegazione dell’episodio evangelico citato, ha osservato Benedetto XVI, è l’altare della Cattedra di Pietro, elemento artistico del genio di Bernini che impreziosisce la Basilica Vaticana. Decifrandone nel dettaglio l’architettura, il Pontefice ha affermato che esso rappresenta «una visione dell’essenza della Chiesa e del magistero petrino».

In particolare il Papa si è soffermato sulla finestra dell’abside che «apre la Chiesa verso l’intera creazione, mentre l’immagine della colomba dello Spirito Santo mostra Dio come la fonte della luce». La finestra è simbolo della Chiesa, infatti, che, come essa, diventa «luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi “partiamo” verso di Lui; in quanto porta a quel mondo che tende a chiudersi in se stesso la luce che viene dall’alto».

Il Santo Padre si è poi concentrato su un ulteriore elemento del complesso scultoreo: le due grandi statue dei padri della Chiesa d’Oriente – San Giovanni Crisostomo e Sant’Atanasio – e di Occidente – Sant’Ambrogio e Sant’Agostino – che, sorreggendo i quattro lati del monumentale trono in bronzo, «rappresentano la totalità della tradizione e la ricchezza dell’espressione della vera fede dell’unica Chiesa».

«Questo elemento dell’altare ci dice che l’amore poggia sulla fede. Esso si sgretola se l’uomo non confida più in Dio e non obbedisce a Lui» ha spiegato ancora, sottolineando come tutto nella Chiesa poggia sulla fede: «i Sacramenti, la Liturgia, l’evangelizzazione, la carità, e anche il diritto e l’autorità nella Chiesa».

Partendo da questo spunto, l’omelia è proseguita citando un altro antico padre cristiano, Ignazio di Antiochia, il quale, in una celebre espressione nella sua lettera ai Romani chiama la Chiesa di Roma “quella che presiede nella carità”.

«In effetti – ha spiegato Benedetto XVI – il presiedere nella fede è inscindibilmente legato al presiedere nell’amore. Una fede senza amore non sarebbe più un’autentica fede cristiana».

Queste parole di sant’Ignazio hanno però un altro risvolto molto più concreto: la “carità”, termine che, ha ricordato il Pontefice, veniva utilizzato dalla Chiesa primitiva per indicare anche l’Eucaristia, ovvero il «Sacramentum caritatis Christi, mediante il quale Egli continua ad attirarci tutti a sé».

Dopo aver “esaminato” i diversi elementi dell’altare della Cattedra, Papa Benedetto XVI ha individuato un ultimo elemento: quel «duplice movimento di ascesa e di discesa» che caratterizza l’altare.

«È la reciprocità tra la fede e l’amore», dove la prima orienta il secondo: «La vera fede è illuminata dall’amore e conduce all’amore, verso l’alto, come l’altare della Cattedra eleva verso la finestra luminosa, la gloria dello Spirito Santo, che costituisce il vero punto focale per lo sguardo del pellegrino che varca la soglia della Basilica».

«Una fede egoistica sarebbe una fede non vera – ha concluso il Papa -. Chi crede in Gesù Cristo ed entra nel dinamismo d’amore che nell’Eucaristia trova la sorgente, scopre la vera gioia e diventa a sua volta capace di vivere secondo la logica del dono»

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ZENIT Staff

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