"Carità, Giustizia e Pace: una sfida per l'evangelizzazione"

Il ruolo del Vangelo di fronte alle questioni sociali

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ROMA, giovedì, 16 febbraio 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo parte della riflessione svolta dal Direttore del John A. Ryan Institute for Catholic Social Thought, University of St. Thomas (USA), al convegno internazionale In un periodo di crisi, quale speranza?”, organizzato dalla Comunità dell’Emmanuel (Roma 26-28 gennaio 2012).

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di Michael Naughton

Uno dei principali presupposti nella tradizione sociale della Chiesa è che, per quanto importante siano il diritto, la tecnologia e i mercati, essi non hanno le risorse morali e spirituali in grado di fornire il terreno e le radici profonde per un comportamento etico capace di umanizzare e civilizzare il mondo economico-aziendale. 

Un’etica che non riesce ad essere fondata e radicata in un amore vero sarà sempre incline a raffreddarsi senza riuscire a rinnovarsi. E’ come un fiore reciso, che può sembrare fresco e robusto, ma ben presto si decompone. La vita è troppo dura perché il diritto e i mercati riescano a reggere una vita intera. 

Dovere, utilità e contratti sociali da soli non sono sufficienti per ordinare le dimensioni di un commercio altamente competitivo e determinato dal prezzo. Al di fuori del Vangelo non c’è nessuna vera soluzione alla questione sociale, dal momento che al di fuori del Vangelo, rischiamo sempre di “mettere in disordine” questo amore e di non riuscire a vedere le implicazioni di questo amore per la vita istituzionale. 

Mentre la Chiesa conferma l’importanza dei mercati, del diritto, della tecnologia e dell’intera gamma del sapere umano, senza l’amore accompagnato dalla fede che vede e la speranza che sostiene, noi intralciamo “quei disegni eterni e quei destini trascendenti, che il Dio vivente, creatore e redentore, ha legato all’uomo.”1

I “businesspeople” (uomini d’affari, manager, dirigenti d’azienda) non sono venuti al mondo attraverso un contratto o di uno scambio di mercato, ma grazie a un dono. Non sono nati in un’impresa, ma in una famiglia, sono stati battezzati in una chiesa, educati a scuola, e accolti in una comunità. E’ in questo contesto culturale che imprenditori e dirigenti d’azienda si formano, – una formazione che va alla radice delle cose, che assume il significato della persona umana, che prende sul serio il trascendente, che non è riluttante a considerare lo scopo ultimo delle cose.

Le attuali ideologie del mondo economico soffrono di una vera povertà spirituale, perché esso si è separato dalle forze di vita che scaturiscono da una cultura della famiglia e della religione in senso lato. Questo si traduce nel mondo economico in una mancanza di relazioni e di comunità, che ha come conseguenza la mancanza di uno sviluppo umano integrale. La vera ricchezza consiste, fondamentalmente, nella qualità delle relazioni umane: un “dare e ricevere”, che può essere definito ricchezza relazionale o bene relazionale. Senza queste relazioni non riusciamo a crescere come persone.

E’ proprio questa mancanza di dimora e la sua corrispondente “mancanza di religione” che isola l’uomo d’affari dalle relazioni che possono umanizzare.2 Dobbiamo vedere la vita economica e finanziaria in generale non come un’astrazione isolata, controllata e motivata da forze o leggi di mercato meccanicistiche, ma come una istituzione, incorporata in un ricco terreno culturale il cui cuore è la famiglia, il cui spirito è la fede e la cui mente è l’educazione.

Bisogna riconoscere chiaramente che l’economia ha bisogno del Vangelo non come una sorta di moda esteriore, basata su una pietà superficiale ma incapace di affrontare le ingiustizie, le strutture di peccato, il consumismo, il carrierismo, e il proceduralismo che escludono ogni saggezza pratica dal mondo economico. 

Questo contesto culturale vasto, guidato dalla famiglia e dalla Chiesa, esige quello che Benedetto XVI ha definito “un modo profondamente nuovo di intendere l’impresa.” Il Papa vuole chiaramente rimettere in questione i modi convenzionali di comprendere, organizzare e gestire l’economia. 3 

Per Benedetto XVI, l’unico modo sicuro per umanizzare il mondo degli affari è quello di fare posto a questa logica del dono “entro la normale attività economica.”4

Questo ripensamento teologico e interdisciplinare non è proprio di Benedetto XVI.5 Negli Stati Uniti diversi uomini d’affari e accademici hanno ugualmente esortato a questo ripensamento. Già negli anni ’70, Robert Greenleaf notò il ruolo importante della teologia nell’introduzione di questa “categoria della relazione” nelle istituzioni. Coniò l’espressione “teologia delle istituzioni”, quando sostenne “abbiamo molta scienza delle istituzioni, ma poca teologia delle istituzioni.”6  Nel 1990, Michael Novak reclamò una “teologia dell’impresa,” riconoscendo la scarsità di riflessione teologica sulla crescente influenza dell’impresa.7 Più recentemente, Gary Hamel, uno specialista del settore negli Stati Uniti, ha scritto nella Harvard Business Review che una sfida importante per i manager è quella di “ricostruire le basi filosofiche del management.” Questo “richiederà di ‘andare a caccia’ di nuovi principi in campi molto diversi come l’antropologia, la biologia, il design, le scienze politiche, l’urbanistica e la teologia.” 8

L’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate incoraggia la Chiesa ad evangelizzare, per portare la buona novella del Vangelo al mondo economico sotto l’egida di una “logica del dono”. Evangelizzare, come ha scritto Paolo VI, è “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza”.9

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1 Laborem exercens, 4.

2 Tonnies ha spiegato che “ogni culto originale è legato alla famiglia e trova la sua espressione più vigorosa come un culto di casa, dove all’inizio cuore  e altare sono la stessa cosa. ” (62)

3 McCann, JBE issue sur Civ

4 Caritas in veritate, 36.

5 Cfr. S. A. Cortright and Michael Naughton eds, Rethinking the Purpose of Business, (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 2002).

6 Robert K. Greenleaf, “The Institution As Servant,” 1972

7 Michael Novak, Toward a Theology of the Corporation (Washington, D.C.: AEI Press, 1990).

8 Gary Hamel, “Moon Shots for Management,” Harvard Business Review, (Feb 2009) 93.

9 Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, nn. 18ss

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ZENIT Staff

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