La Dottrina Sociale per sviluppare le Università

Un mezzo per rafforzare la missione e l’identità dei cattolici

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di Diego Fabián Arias Padilla

della Universidad Católica di San Pablo

ROMA, mercoledì, 8 febbraio 2012 (ZENIT.org) – L’università si presenta nell’attualità come una casa superiore di studi in cui lo studente viene per formarsi, imparare e realizzare quei sogni che ebbe o che ha. Il lavoro è difficile, ma non è un compito che si realizza a se stante. Assieme agli studenti esistono anche altri elementi che fanno parte della comunità universitaria.

Elemento importante sono i docenti, la ricerca e l’estensione stessa [dell’università], malgrado ciò nell’attualità e nel modo di rispondere alla competitività del mondo imprenditoriale e non solo, abbiamo avuto modo di osservare che alcune università si son lasciate conquistare dalla voragine del commercio competitivo e della postmodernità.

L’Università Cattolica come istituzione della Chiesa ha anch’essa sofferto pressioni e tentativi provenienti dalla postmodernità. Una di queste tentazioni è in effetti la competitività, che portata all’estremo può esser distorta specie se posta al di sopra della stessa missione universitaria; tale distorsione potrebbe causare in alcuni casi lo sviamento della visione di fedeltà che, da cattolici, deve andare alla Santa Sede; come per esempio i casi presentati nel libro Status Envy di Anne Hendershott nel 2009.

Tutto ciò ha un principio, una causa originaria nella crisi stessa che scaturisce dalla carenza di passione nella ricerca della verità e del suo senso proprio ed autentico; un’altra conseguenza di questa carenza di ricerca  della verità è l’originarsi di una crisi filosofica che si chiude alla fede, la lascia da parte e non permette sforzi di integrazione del sapere approdando cosi ad un riduzionismo metodologico sopratutto nella ricerca delle università.

Di fronte a questo fenomeno va aggiunto il postmodernismo che ha contagiato, forse con forza ancora maggiore, la gioventù delle aule che viene all’università, a volte senza speranza.

L’università cattolica si presenta nell’attualità con una grave crisi di identità, ne è la prova la Dichiarazione di Land O’Lakes firmata nel 1967 da alcune delle principali Università Cattoliche degli Stati Uniti fra altre, in cui non c’è traccia di fedeltà alla Santa Sede.

Seguendo lo studio di Vallaeys, il primo passo è quello dell’impegno, la missione ed i valori dell’università. Quest’impegno deve venir accolto da tutta la comunità universitaria.

Il secondo passo è l’auto-diagnosi, in cui si presentano gli strumenti quantitativi e qualitativi per la misura di quattro aree chiave dell’università che sono state definite nel seguente modo: area della gestione dell’organizzazione, area della formazione educativa, area della conoscenza e della ricerca, e area della partecipazione sociale.

Il terzo passo è il compimento, il cui obiettivo è paragonare i risultati della diagnosi con la missione dell’università, pianificare aree di miglioramento ed eseguire progetti di responsabilità sociale.

Il quarto passo è la rendicontazione e offre spunti per valutare e comunicare trasparentemente i risultati dei progetti di avanzamento istituzionale.

Anche se la metodologia applicabile è pensata non come un’esclusività per un certi tipo di università, ma piuttosto come un modello aperto ed adattabile a ogni stile di università, è insufficiente per quello di cui hanno bisogno le università cattoliche.

La problematica o l’analisi situazionale descritta nella prima parte fanno osservare che dentro delle università cattoliche esistono, altre variabili addizionali e talvolta diverse, tali impatti sono: educativi, organizzativi, cognitivi e sociali.

Le università cattoliche hanno bisogno in primo posto di un’autovalutazione che possa dare come risultato uno standard o una misura della coerenza che si vive nell’università stessa e in questo modo rafforzare la sua identità e la sua missione.

Sin dal principio, l’idea è complessa. La proposta sta nel misurare in qualche modo la fedeltà ad una missione chiara e precisa data dall’Ex Corde Ecclesiae. Come farlo e con quali strumenti? Pensiamo alla DSC non come uno strumento bensì come quello che in realtà è: un ramo della teologia e più specificamente della teologia morale, dunque si tratta di una dottrina che deve orientare la condotta delle persone.

Oltre ad esser interdisciplinare, la DSC offre non solo significati, valori e criteri di giudizio ma anche norme e direttive d’azione. Tentare di condensare la DSC in una proposta per le università cattoliche è difficile, per questo i laici devono continuare la loro missione di far diventare realtà la DSC, di farla scendere al piano terra, di farne qualche cosa di credibile, concreto e perché no misurabile.

La proposta è quella di creare un modello di autovalutazione di università cattolica partendo dai principi della DSC in vista del rafforzamento della sua missione e della sua identità.

L’idea di rafforzare l’università stessa è una sfida e abbiamo trovato nella DSC il modo di farlo. I principi della DSC sono lo strumento necessario e reale per fare in modo che l’università cattolica, dalla sua organizzazione al cuore delle sue ricerche, risponda alle esigenze del mondo attuale e anche alle esigenze derivanti dal fatto di essere nata nel cuore della stessa Chiesa.

Abbiamo realizzato 65 indicatori con cui misurare l’università in base alle seguenti dimensioni: governo e strategie, docenza, ricerca, estensione e proiezione sociale, e gestione ed organizzazione.

La definizione delle dimensioni, cosi come quella degli indicatori, sono state realizzate per misurare qualsiasi università cattolica, a tale scopo bisogna effettuare un indagine sull’istituzione per evitare errori. Nel 2012 avremo i primi risultati di quello su cui stiamo lavorando, visto che il lavoro di misura inizierà alla fine di questo anno.

Solo in base a ciò che le università cattoliche saranno in grado di  dimostrare nel loro interno e grazie ad un esempio reale e tangibile, potremo ottenere che le applicazioni della DSC arrivino all’esterno e dunque persino all’impresa.

Non trascuriamo la situazione attuale in cui esiste un’attesa riguardo al fondamento etico e riguardo alla motivazione delle persone; attesa che si sta manifestando con la crisi. È il momento di compiere il passo successivo: passare dall’aula all’azione.

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ZENIT Staff

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