Arunachal Pradesh: l'esplosiva crescita della Chiesa

Il vescovo di Itanagar: le religioni tradizionali sono basate sul timore, il cristianesimo sull’amore

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ROMA, venerdì, 3 febbraio 2012 (ZENIT.org) – L’angolo nordorientale dell’India è la zona del paese dove la Chiesa cattolica è cresciuta di più negli ultimi 30 anni: circa 10.000 battesimi di adulti all’anno in media, nonostante il fatto che per molte generazioni i missionari erano messi al bando.

In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre, Mark Riedemann ha intervistato per Where God Weeps (Dove Dio piange) monsignor John Thomas Kattrukudiyil, vescovo di Itanagar, capitale dello Stato dell’Arunachal Pradesh, nell’estremo nordest del Paese, ai piedi dell’Himalaya.

Sin dagli anni ‘70 la Chiesa cattolica è esplosa in questo angolo nordorientale dell’Indi, raggiungendo un numero poco inferiore ai 200mila battezzati. A che cosa possiamo attribuire questa crescita?

Mons. Kattrukudiyil: Questo è un fenomeno che ha sorpreso tutti. La Chiesa, il governo, tutti siamo rimasti sorpresi. La spiegazione immediata che posso offrire è il desiderio dei giovani di Arunachal Pradesh di beneficiare dalle attività caritative dei missionari cristiani. Hanno visto le buone opere svolte dai missionari e, dal momento che i missionari non erano ammessi nell’Arunachal Pradesh, hanno pensato: “andiamo ed invitiamoli”. Una cosa tira l’altra, hanno ricevuto il battesimo e sono diventati cattolici. Un altro fattore determinante è che i giovani non erano affatto felici con le loro pratiche religiose tradizionali. Ad esempio, dovevano offrire molti sacrifici quando qualcuno era malato. Questo è molto costoso e poiché la religione tradizionale imponeva sempre di più tali spese, si sono rivolti a una nuova religione, il cristianesimo che ha chiesto loro solo di pregare Gesù.

Si può dire che le religioni tradizionali indiane si basano sul timore?

Mons. Kattrukudiyil: Sì, sono fondamentalmente basate sul timore. Credono negli spiriti maligni: questi spiriti controllano le loro vite e loro devono sempre placarli. E come si fa a placarli, ad esempio, in una zona dove non c’è assistenza sanitaria? Offrendo sempre più sacrifici di animali. Quando qualcuno è malato, il tradizionale capo religioso del villaggio dice loro che è a causa di uno spirito maligno e che dunque bisogna offrire in sacrificio 10 mithun – il bisonte indiano – o cinque maiali o 10 mucche. Per un villaggio questo comporta sacrificare centinaia o migliaia di animali e questo è un grande onere per loro. Non appena hanno visto un’alternativa, l’hanno abbracciata. Specialmente nel presentare Lui come nostro Padre amorevole in contrasto con gli spiriti che ci sono solo per minacciarci e perseguitarci. Penso che questo ha fatto una grande differenza.

Come si spiega questa crescita straordinaria, nonostante il fatto che nell’Arunachal Pradesh e negli altri Stati del nordest dell’India, c’è una legge anti-conversione. In cosa consiste questa legge e come ci si è arrivati?

Mons. Kattrukudiyil: Questa legge anti-conversione non esiste solo nel nord-est, come nell’Arunachal Pradesh, ma anche in altri stati come Orissa e Pradesh. Come si è arrivati a questo? Questa legge è nata dal timore da parte di una parte degli indù che il cristianesimo potesse diffondersi in tutta l’India. Si tratta di un timore infondato ma viene forse usato come uno strumento al fine di conquistare il potere politico. Alcuni indù sferzano le emozioni della maggioranza indù dicendo che gli indù sono in pericolo: da qui la necessità di portare tutti gli indù polarizzati sotto la stessa bandiera politica e poi trasformare questo gruppo in un potere politico. Questo potrebbe essere l’angolatura di tutta la vicenda; altrimenti è inammissibile che i cristiani – che non costituiscono più del 2% della popolazione – possano rappresentare una minaccia per un grande Paese come l’India.

A causa dell’assenza di sacerdoti, è stato il laicato che ha iniziato l’evangelizzazione nell’Arunachal Pradesh?

Mons. Kattrukudiyil: Sì, soprattutto le donne. Un sacerdote ha istituito una missione alle porte dell’Arunachal Pradesh, vicino ad un mercato. Ha incontrato alcune delle donne dell’Arunachal e le ha invitate alla missione. Queste persone erano più che felici di avere qualcuno con cui parlare. Mentre stavano svolgendo la loro attività nel mercato, parlando con loro, ha imparato alcune parole della loro lingua. Hanno avuto fiducia in lui. Poi ha parlato della sua fede a loro. Hanno accettato e molte di loro sono state battezzate. Sono tornate al loro villaggio. Ha detto che anche i loro figli erano benvenuti. Così hanno portato i loro figli alla missione. Li ha iscritti alle scuole. Alla fine questo luogo di missione è diventato il centro per i battesimi. Molta gente diceva: “lasciami andare a Harmuti per farmi battezzare” e poi andarono, ci rimasero un giorno o due, si lasciarono battezzare e tornarono al loro villaggio.

Quale sarebbe il più importante strumento in termini di presenza della Chiesa cattolica nell’Arunachal Pradesh?

Mons. Kattrukudiyil: Il governo e la popolazione tribale ci accettano a causa del nostro contributo nel campo educativo. Tutti sanno che l’intero nord-est deve molto ai missionari, perché una grossa percentuale della popolazione che ha ricevuto un’educazione è passata dalle nostre scuole.

Infatti, molte generazioni che raggiungono adesso una posizione di leadership sono passate da queste scuole cattoliche…

Mons. Kattrukudiyil: Molti di quelli che hanno avviato questa legge anti-conversione hanno i loro figli e nipoti iscritti nelle scuole cattoliche. Dicono: “Sì, è bene che i missionari gestiscano le scuole per noi, ma non per i poveri, perché potrebbero convertirsi”. Vogliono che i poveri rimangano ignoranti. Vogliono utilizzare le strutture della Chiesa solo per scopi propri.

…Solo per scopi propri?

Mons. Kattrukudiyil: Sì, e infatti, questa tendenza si registra anche tra alcuni settori dell’élite nell’Arunachal Pradesh, che mi chiedono: “Eccellenza, perché sta sprecando il suo tempo aprendo delle scuole nei villaggi remoti? Ha una scuola molto bella a Itanagar. Investa tutte le risorse lì, faccia pagare una retta scolastica molto alta e ci manderemo i nostri figli”. Ho risposto: “No, non è l’obiettivo per il quale sono qui. Aprirei una scuola nel villaggio più remoto piuttosto che qui in città”.

Lei direbbe che la fase primaria dell’evangelizzazione è superata o siamo ancora nella tappa iniziale?

Mons. Kattrukudiyil: La rapida espansione della Chiesa è rallentata. In qualche modo, con il passare del tempo, l’arrivo di missionari, l’istituzionalizzazione della Chiesa, questa fase rapida è rallentata, ma l’apprezzamento per la Chiesa è rimasto e la gente continua ad affluire. L’attenzione è adesso sul consolidamento, con strumenti come la catechesi e questa presenta le sue proprie difficoltà: un terreno difficile per raggiungere i villaggi e la questione della lingua, con tutti questi dialetti che non tutti i sacerdoti sono in grado di imparare, così abbiamo bisogno di traduttori e poi di laici catechisti.

Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per Where God Weeps, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network, in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre.

In rete:
Aiuto alla Chiesa che soffre: www.acn-intl.org
Aiuto alla Chiesa che soffre Italia: www.acs-italia.glauco.it
Where God Wheeps: www.wheregodweeps.org

[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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