"Le imprese e i lavoratori non sono merci"

Il cardinale Turkson interviene a Bratislava ad un incontro per la pubblicazione in slovacco del vademecum “La vocazione del leader d’impresa”, edito dal Dicastero di Giustizia e Pace

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E’ in questi giorni in Slovacchia il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in occasione della pubblicazione in slovacco del vademecum «La vocazione del leader d’impresa», edito dal suo Dicastero.

A Bratislava, ieri pomeriggio, il porporato è intervenuto ad un incontro dedicato alla pubblicazione, in cui ha commentato i punti salienti del pontificato di Papa Francesco. 

“I media – ha detto Turkson nel suo discorso, riportato da L’Osservatore Romano – dedicano molta attenzione ai gesti di Papa Francesco, che abbraccia poveri, ammalati, sfigurati e senza fissa dimora. Meno spazio riservano alla sua convinzione che la crescita del numero degli esclusi, degli emarginati e dei dimenticati sia strettamente collegata alle conseguenze disastrose di un’economia e di un mondo degli affari sempre più slegati dall’etica”. 

Citando l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, il cardinale ha spiegato che nella visione di Bergoglio “la dignità di ogni persona e il bene comune”, a volte “sembrano appendici aggiunte dall’esterno”.

Per questo, ha soggiunto, “dà fastidio che si parli di etica, di solidarietà, di distribuzione dei beni, di difesa dei posti di lavoro, di dignità dei deboli, di un Dio che esige un impegno per la giustizia”. Eppure, “la vocazione di un imprenditore è un nobile lavoro” se questi decide di “servire davvero il bene comune, con il suo sforzo di moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo”.

In proposito, il cardinale Turkson ha spiegato che “questa non è una strana nuova idea”, in un contesto culturale che tende a minimizzare la sofferenza umana, chiamandola semplicemente “danno collaterale”. Infatti Papa Francesco ribadisce “che ogni aspetto della vita sociale ed economica trova il suo compimento quando si pone al servizio del bene comune”.

Quindi, tutti gli imprenditori cattolici – ha esortato il Capo Dicastero – sono invitati a “vivere la logica del dono” e non pretendere che i dipendenti si adattino “al lavoro come se fossero macchine”. Piuttosto il lavoro “deve essere progettato per le capacità e le qualità degli esseri umani”, deve essere, cioè, un “buon lavoro” nell’ottica della Dottrina sociale della Chiesa, per cui deve “lasciare spazio all’intelligenza e alla libertà dei lavoratori; promuovere relazioni sociali e collaborazione reale; non danneggiare la salute e il benessere fisico, spirituale e la libertà religiosa”.

Inoltre esso – ha proseguito Turkson – deve “soddisfare bisogni umani genuini, in modo che i lavoratori possano provvedere a se stessi e alle loro famiglie” ma anche alla crescita degli altri, specie dei bisognosi. “Le imprese e i lavoratori non sono merci”, ha dunque rimarcato il presidente di Giustizia e Pace, e “un buon affare” può essere “buono” anche “per il bene comune”.

In un successivo intervento – riferisce sempre L’Osservatore Romano – il cardinale ha affrontato il tema della sussidiarietà nelle aziende. Un principio attraverso il quale gli imprenditori “contribuiscono al pieno sviluppo umano dei dipendenti”, dando loro “la possibilità di esercitare autorità e creatività e di contribuire all’organizzazione e alla direzione” del lavoro. Un altro metodo è di fornire non solo le risorse, ma anche la formazione necessaria per avere successo, aumentandone “la fiducia e la capacità di collaborare con i colleghi” e anche, ha concluso il porporato, considerando “gli eventuali errori commessi” come “opportunità di apprendimento e di crescita, non motivi per la punizione o il licenziamento”.

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ZENIT Staff

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