Vangelo

Mt 11,28-30

Lettura

Il brano evangelico che la Liturgia di oggi ci propone si inserisce nel testo più ampio di Mt 11,25-30, che fa da conclusione al contesto polemico dell’intero cap. 11, in cui Gesù ha rimproverato prima le folle e poi gli abitanti di Corazìn, Betsàida e Cafàrnao per la loro scarsa accoglienza della sua predicazione. Gesù conclude però queste sue amare considerazioni in forma positiva: prima loda il Padre, che si è rivelato ai piccoli (v. 25-26), poi esprime la sua relazione di intimità reciproca con il Padre (v. 27) e infine invita tutti coloro che sono stanchi e oppressi ad avvicinarsi a lui per trovare ristoro (v. 28-30).

Meditazione

Nel tempo di Avvento, la Chiesa continuamente ripete: Vieni, Signore Gesù. Oggi è Gesù che dice a ciascuno di noi: «Venite a me». Un cammino di avvicinamento reciproco in cui si sperimenta l’incontro che salva. Gesù si rivolge particolarmente a coloro che sono stanchi e oppressi dalle fatiche della vita, e promette loro ristoro. Gesù parla letteralmente di riposo (in greco anápausis), che potrà trovare solo chi è disposto a prendere sopra di sé il suo giogo. Suona apparentemente strano che Gesù proponga, a quanti già si sentono oppressi, di mettersi sulle spalle un giogo, di trovarsi ulteriormente “soggiogati”. Il termine “giogo” (in greco zeugós) significa letteralmente “coppia”, “pariglia”, e fa riferimento a quello strumento di lavoro che tiene insieme una coppia di animali da traino, come due buoi, per il lavoro nei campi. Dunque, la proposta di Gesù è di fare coppia con lui, per condividere il peso della fatica. La vita cristiana, la relazione con Gesù, non è un ulteriore peso da portare, ma qualcosa che allevia le fatiche della vita. Gesù fornisce anche un’altra indicazione: imparare da lui, che è «mite e umile di cuore» (v. 29). Gesù, che nella Beatitudini aveva già proclamato beati i miti (Mt 5,5), si fa ora egli stesso modello di mitezza e di umiltà di cuore, cioè di chi vive la propria vita e le proprie relazioni con gioiosa mansuetudine, consapevole della propria condizione, senza l’arroganza di chi pretende di essere sempre al di sopra degli altri. Impariamo da Gesù, mite e umile di cuore, quanto sia “riposante” vivere la vita senza sentirsi continuamente in conflitto e in competizione con tutto e con tutti, anche con se stessi e con Dio, ma accogliendo umilmente il dolce peso della sua volontà.

Preghiera

Fa’, Signore, che veniamo a te con tutto il cuore, facci entrare nel tuo riposo e donaci la tua pace, non come la dà il mondo, ma quella pace che viene dalla remissione dei nostri peccati, dal reciproco perdono tra fratelli, da un atteggiamento mite e misericordioso, dall’umile abbandono nelle tue mani.

Agire

Farò un atto di umiltà, rispondendo con dolcezza a qualche parola o gesto sgarbato, evitando di voler apparire, mettendomi all’ultimo posto.

Meditazione a cura di monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it