Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche della Terza Domenica di Avvento 2014.

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LECTIO DIVINA

La Domenica della Gioia

Rito Romano

3ª Domenica di Avvento - Anno B - 14 dicembre 2014 – Domenica GAUDETE
Is 61,1-2.10-11; Sal Lc 1; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28

Rito Ambrosiano

5ª Domenica di Avvento – Il Precursore
Is 11,1-10; Sal 97; Eb 7,14-17. 22. 25; Gv 1,19-27a. 15c. 27b-28

1) La gioia per il Natale vicino.

Il Natale di Gesù ha un fascino particolare per tutti e nel mondo intero. Ho visto scritto: “Noel, Christmas, Navidad, Natale” anche in Paesi e Città, dove i cristiani sono una piccola minoranza. Forse è un pretesto per far crescere i consumi, tuttavia, un fascino, una nostalgia di pace e gioia è rimasta. E’ come se, ricordando la nascita di Gesù, il Dio tra noi, si entrasse in una vita di speranza, quasi presagendo che il canto degli Angeli sulla capanna di Betlemme :“Pace in terra agli uomini che Egli ama” possa davvero far rifiorire la speranza, in questo nostro tempo che ha davvero bisogno di nutrirsi di consolazione, di sicurezza, di gioia vera, profonda, ritrovata.

Nella prossimità del Natale, la Chiesa oggi ci fa pregustare la grande gioia che Dio ci ha donato con Gesù. Nella lettera ai Tessalonicesi (seconda lettura del Rito romano), l’Apostolo Paolo ci invita a ritornare ad essere fratelli e sorelle sempre lieti, a pregare ininterrottamente, ed rendere grazie in ogni cosa, perché questa è la volontà di Dio nei nostri confronto e continua con l’augurio: “Il Dio della pace vi santifichi interamente e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo” (1 Ts 5,16-24).

Certo, c’è il rischio che si cerchi di soffocare il bisogno della gioia di Cristo e del suo Natale. E purtroppo questo rischio è diventato una realtà, che ha trasformato tutto in rumoroso e fuggente momento di allegria superficiale, che lascia poi il vuoto del cuore. E’ un rischio grande ed è difficile sfuggirvi, perché forte è l’attrattiva della ‘moda’.

Per contrastare questa moda sarebbe sufficiente farsi riempire il cuore dai sentimenti del profeta Isaia, che così esprimeva la sua gioia: “Lo spirito del Signore è sopra di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le pieghe dei cuori spezzati, a proclamare la liberazione degli schiavi, a proclamare l’ anno di misericordia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore: la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli” (Is 61, 1-11 – prima lettura del Rito romano).

Sono davvero parole di profonda gioia quelle di Isaia che al solo pensiero di vedere vicino Dio che viene esclama: “Io gioisco pienamente nel Signore”. La gioia cristiana nasce non da una semplice emozione, ma da un incontro. Un incontro che ha trasformato la nostra vita.

2) L’incontro con il Testimone e Precursore.

Questo incontro può e deve riaccadere ancora e in modo particolare nel vicino Natale. Giovanni Battista, il Testimone ed il Precursore, ci può aiutare con l’esempio e con l’intercessione per rinnovare questo incontro.

“Giovanni precedette il Cristo sia nel nascere che nell’annunciarlo, ma lo precedette come un umile servo obbediente senza mettersi al di sopra di lui” (S. Agostino d’Ippona, Sermone 66,19). Lui è la voce della Parola di gioia, è fiaccola che indica la Luce dell’amore, è il Testimone di Gesù, battezza in attesa del Suo Battesimo, è totalmente legato a Lui. Senza Gesù, il Battista non può vivere, perché senza Cristo la sua vita non avrebbe senso, cioè né significato né scopo.

Giovanni venne come testimone, mandato da Dio per rendere testimonianza alla Luce. Non rende testimonianza alla grandezza, alla maestà, alla potenza di Dio, ma alla Luce dell’Amore, alla luce di una Presenza.

Giovanni testimonia che il mondo si regge su un principio di luce, per cui vale molto di più accendere una lampada che maledire mille volte la notte.

Anche noi, pur nella nostra fragilità e piccolezza, siamo chiamati a testimoniare che la storia è una via della Croce che diventa via della Luce, quando abbiamo la forza di fissare lo sguardo sulla luce nascente di Cristo bambino. All’apparenza Cristo, che tra pochi giorni contempleremo nella culla di Betlemme, è piccolo, fragile e indifeso, eppure è vincente, e dalla Città del Pane (=Betlemme) muoverà i primi passi della bontà e della giustizia che realizzerà nella Città della Pace (=Gerusalemme).

Ad ognuno di noi è affidato il ministero profetico del Battista, quello di essere annunciatore non del degrado, dello sfascio, del peccato, che pure assediano il mondo, ma della luce che rischiara il mondo e lo salva. Dobbiamo essere –come San Giovanni - testimoni di speranza e di futuro, di un Dio che è Luce, di un Dio innamorato e così vicino che sta in mezzo a noi, guaritore della vita nostra e di tutti i fratelle e sorelle in umanità.

Testimoni perché abbiamo chiesto che ci copra col suo manto e faccia germogliare una primavera di giustizia, una primavera che senza di lui è impossibile.

Con l’intercessione di San Giovanni potremmo imitare lui che è immagine dell’uomo autentico, che conosce i propri limiti ed èaperto alla novità dell’incontro. Come il Precursore dobbiamo essere consapevoli di essere carne, ma vivere di quel desiderio di Dio impresso in lui dalla Parola creatrice e dalla promessa fatta ad Israele. Saremo discepoli salvati dal Redentore, perché come lui (San Giovanni) cerchiamo, incontriamo, riconosciamo, accogliamo Gesù come il Figlio di Dio, testimoniandolo agli altri dicendo “Ecco l’Agnello di Dio”. Siamo anche noi povera voce di una Parola, che crea ed eleva con dolcezza. “Allora il Signore farà dono della sua dolcezza e la nostra terra darà il suo frutto” (S. Agostino, En. in Psalmos, 84,15).

3) Il Testimone di una Presenza.

Il Vangelo dice di Giovanni: “E venne un uomo mandato da Dio” (Gv 1,6). Anche ciascuno di noi è una persona mandata da Dio, chiamata ad essere testimone di luce.

La forza di Giovanni è di non splendere per se stesso, ma di spendere la sua vita perché la luce si veda. E Dio è luce, che illumina anche le tenebre più fitte. Giovanni grida per annunciare il Vangelo, e lo indica additando Cristo Gesù. Non attira l’attenzione su di sé, secondo un protagonismo così prepotente e normale. La sua voce rimanda e indica qualcuno che è già “in mezzo a voi” (Gv 1, 26), “uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali” (Gv 1, 27).

La grandezza di Giovanni è di aver saputo riconoscere Dio in Gesù e quindi ha indicato il Dio presente in mezzo all’umanità.

Il Battista non attira l’attenzione su un Messia assente che verrà, bensì su un Messia già in mezzo a noi e che noi non conosciamo: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete” (Gv 1,26). Giovanni è il testimone di un Dio già qui. La sua presenza è già fra noi, ma è da scoprire e non tutti la vedono, e perciò occorre un profeta che la additi.

Ora tocca a noi personalmente e come comunità cristiana imitare il Battista nell’additare al mondo un Cristo già presente nel mondo.

Un modo particolare additare Cristo è quello delle Vergini consacrate nel mondo. L’offerta totale di lor o stesse a Cristo Sposo indica che Lui merita tutto. Essere vigilanti nella preghiera indica che l'avvento è aspettare l’Amato stringendosi a Lui cheè già presente nel lorocuore che Gli hanno affidato completamente in totale abbandono, amorosa fiducia e letizia. In questo mondo loro, e noi con loro, sperimentiamo che “quando il Signore ci invita a diventaresanti, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste. È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto” (Papa Francesco, Generale, 19 novembre 2014).

Noi, persone così comuni, siamo chiamati a fare conoscere a tanti colui che sta in mezzo a noi. Deboli, siamo forti. Tristi, siamo lieti. Perché il Signore viene, fa germogliare la terra, la rende di nuovo un giardino, dove libertà, fraternità e misericordia non solo sono annunciate, ma praticate, vissute, vissute insieme.