Ardendo si consuma

Originale rappresentazione teatrale sulla vita di mons. Francesco M. Di Francia, fondatore della Congregazione delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore

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Il 15 giugno del 1974 nella diocesi di Messina iniziarono i lavori in vista della Causa di Beatificazione di Mons. Francesco Maria di Francia e Madre Veronica Briguglio, Fondatore e Confondatrice della Congregazione delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore.

A quarant’anni dall’evento e nella ricorrenza del centenario  della morte del Fondatore (22.12.1913) sono state avviate le celebrazioni giubilari che dopo Roccalumera, culla e casa madre della Congregazione, si estendono a Catania, dove è sorta una delle prime case che oggi ospita numerose suore anziane.

Le “Suore di Sant’Antonio”, come vengono chiamate dai catanesi per l’annesso Santuario di Sant’Antonio di Padova, al Viale Mario Rapisardi, espletano un servizio di carità e di attenzione ai nuovi poveri.

La missione ed il carisma di Padre Francesco Maria di Francia hanno come fulcro centrale la carità.

“Ecco non ha nessuno, perciò e nostra” è l’espressione emblematica che sintetizza la vita del Fondatore e l’opera evangelica che le Suore Cappuccine del Sacro Cuore, costituite in Comunità 117 anni or sono a Roccalumera, in provincia di Messina, per venire incontro alle orfanelle, oggi proseguono un’opera di carità e di servizio  sociale in Sicilia, in Italia, in Colombia, in Polonia e in Slovacchia.

Nell’ambito delle celebrazioni giubilari del centenario, la vita del Fondatore è stata mirabilmente sintetizzata nella rappresentazione teatrale dal titolo: “Ardendo si consuma”.

La metafora della candela, luce e calore, fiamma e amore, ha accompagnato lo svolgersi del racconto di un sogno che in 12 “quadri” accompagna e sintetizza il cammino esistenziale, spirituale, mistico e caritatevole del Fondatore.

Un lungo “prologo” introduce il racconto del sogno che accompagna il piccolo Francesco, figlio del Cav. Francesco dei marchesi di Santa Caterina dello Ionio e vice console pontificio di Messina, nato orfano di padre e la madre, Donna Anna Toscano dei marchesi Montanaro, affidò i suoi figli Annibale e Francesco alle cure educative dei Padri Cistercensi di Messina.

Il primo vagito, il battesimo, la veste bianca con il fiocco nero, in segno di lutto, il nome, la vocazione, la lotta tra il bene il male, la tentazione (Francesco per alcuni anni lasciò l’abito di seminarista e andò a studiare musica al Conservatorio di Napoli), la scelta dei poveri e delle orfanelle, l’incontro con Madre Veronica, prima superiora della Comunità sorta attorno alla filanda di Roccalumera, la consacrazione alla carità che si fa dono per gli altri e si consuma come una candela che arde e diffonde luce, calore e benessere.

I vari episodi che costellano la vita del Fondatore, come ha scritto Giovanna Brizi nel volume “Francesco Maria di Francia, vita e opere- Ritratto della carità “, vengono riproposti nella rappresentazione come flash di luce che irradiano particolari raggi luminosi: il fazzoletto del carcerato, l’umile interpretazione del suo ruolo di Vicario Generale (V.G. inteso come: “Vile giumento”); le fibbie d’argento delle scarpe di “monsignore” vendute per comprare il cibo alle sue “passerotte”; l’assistenza agli ammalati segregati nel Lazzaretto al fine di assicurare ai moribondi il conforto cristiano dei sacramenti e le visite della Madre che dalla barca lo andava a salutare; la questua delle Suore che, vivendo di carità, dovevano sfamare le tante bambine che ogni giorno bussavano alla porta dell’Istituto.

Un’ora di spettacolo e di meditazione, di ascolto e di riflessione sulla vita “donata” con amore e che, come diceva la mamma di padre Francesco: “ Se al mio Ciccillo si aprisse il cuore, vi si troverebbe scritto la parola: Caritas”.

Mons. Di Francia, ha inteso la sua vocazione come missione di carità, uscendo dalla Chiesa e dal recinto degli artistici scranni dei cori lignei, dove siedono i canonici nelle chiese cattedrali. Egli come il “buon pastore” girava tra le viuzze della Messina povera e incontrava tanta gente alla quale portava conforto, pane e benessere spirituale. “Sentiva e portava addosso” come spesso ripete Papa Francesco, “l’odore delle pecore”, non aveva vergogna a prendere in braccio le piccole orfanelle, anche se sporche e malvestite e consegnandole alle Suore raccomandava tanta tenerezza e materna attenzione.

Paterno e non paternalista, scrivono i suoi biografi, non ammetteva, infatti, sdolcinature e grettezze e voleva che sue Suore fossero sempre: responsabili, disinvolte e coraggiose. “Madri e non zitelle” come spesso ripete Papa Francesco.

Quando incontrava le bambine per strada e le vedeva magre, pallide, dagli occhi infossati e tristi, si accorgeva che per loro essere in quelle condizioni era “normale”; esse non sapevano di essere poveri, avendo avuto soltanto quell’esperienza ed il Padre buono, soccorrendo prima il corpo e quindi dando loro un piatto di minestra, un vestito, un ambiente caldo, curava poi l’anima e lo spirito avviandole al catechismo, all’istruzione, al lavoro nella filanda.

L’originale e applauditissima drammaturgia sulla vita del Fondatore, sui testi di Maria Rita Simone, insieme a Rosalba Genovese, la regia di Mario Barzaghi e con gli effetti luminosi e sonori di Marcello D’Agostino, ha introdotto i tre giorni di riflessioni sul Fondatore, ed a chiusura con la solenne concelebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo di Catania, Mons. Salvatore Gristina il 19 giugno.

I prossimi appuntamenti dell’anno giubilare saranno a Roccalumera il 21 giugno con un pellegrinaggio giubilare e l’incontro con i gruppi laici; dal 14 al 17 luglio a Nicolosi; il 17-19 ottobre al Palacultura di Messina e la conclusione dell’anno giubilare il 22 dicembre.

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Giuseppe Adernò

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