Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la III Domenica di Quaresima (Anno A).
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LECTIO DIVINA
Quaresima: l’incontro di due seti
Rito Romano – III Domenica di Quaresima – Anno A – 23 marzo 2014
Es 17,3-7; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
La sete di Gesù e quella della Samaritana.
Rito Ambrosiano – III Domenica di Quaresima
Es 34,1-10; Sal 105; Gal 3,6-14; Gv 8,31-59
Domenica di Abramo.
1) Un Povero che chiede per poter donare.
Nel suo esodo Gesù passa per la Samaria e si ferma al pozzo di Giacobbe nei pressi della città di Sicar. Si siede su muretto che cinge il pozzo perché è stanco di camminare, ha sete, ma è povero e non ha mezzi per attingere l’acqua. Aspetta che venga qualcuno che possa attingere l’acqua per lui e dissetarlo, ma la sua umile richiesta è un “pretesto” per poter donare se stesso.
Cristo è così assetato di noi che non esita a chiedere dell’acqua per il suo corpo e così poter offrire se stesso come sorgente di acqua che disseta per sempre, perché sa che quanti vanno al pozzo a prender l’acqua ha sete di un’altra acqua, anche se credono di non averne bisogno.
Cristo ha sete, ma la sua non è solo una sete fisica, è spirituale: ha sete di noi, che oggi siamo rappresentati dalla Samaritana. Gesù si fa buon Samaritano alla samaritana e, proponendo un’acqua che disseta anche il cuore, la invita alla conversione,.
In fondo che cosa significa “conversione”? Non è solo un atto della volontà, ma è una risposta all’Amore di Dio che si è fatto strada nel nostro spesso complicato, confuso o disordinato modo di vivere, che ci rende assetati di tutto. Chiediamo a Cristo di versare anche nei nostri cuori il vero amore così da avere un costante desiderio di Lui e il deserto della vita fiorirà, e saremo nelle sue mani amorose e salde, sempre.
Il cammino di conversione, che il cuore della donna di Samaria percorre, non è senza resistenze. La ricerca di Dio da parte dell’essere umano corre sempre il pericolo di rinchiudersi in se stessa, è sempre minacciata, quindi l’evangelista Giovanni mette a nudo le radici di questa chiusura su se stessi, mettendo in evidenza che, all’inizio, la Samaritana non capisce. In effetti quando si lascia andare al suo istinto e ad allasua reattività, l’uomo non è più capace né di capire la parola di Dio, né di interpretare correttamente le proprie attese. Il cuore ha sete e come una cerva anela all’acqua, ma la cerca in modo sbagliato, con delle pretese e dei pregiudizi. La donna intuisce qualcosa del dono di cui Cristo parla (l’acqua), ma lo interpreta sul metro delle proprie preoccupazioni: “Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua” [1].
La tentazione di chi cerca Dio è sempre di rinchiudere il dono di Dio dentro la propria attesa. Ma Dio non si lascia rinchiudere nelle attese dell’uomo: le dilata. La donna cerca di situare Gesù nelle categorie religiose tradizionali, ma Gesù non esita a mostrare la loro inadeguatezza. Per due volte – a proposito del dono dell’acqua e del luogo del culto – la donna evoca la grandezza dei patriarchi [2]), evoca il passato: la sua ricerca è chiusa nel passato. Gesù la costringe a guardare al futuro e a prendere coscienza che nel mondo è arrivata la novità e che questa rinnova il problema dalle fondamenta. La novità non sta in qualcosa che disseta il corpo arido, ma in Qualcuno che disseta il cuore ricolmandolo,
Già san Paolo aveva compreso che Gesù è “l’acqua che disseta”, quando affermò: “E la Roccia era Cristo” [3], in riferimento al testo della prima lettura di oggi. Alle volte possiamo forse sentirci messi alla prova dall’arsura della sete, ma Gesù ci sarà sempre vicino con l’acqua viva del suo amore. L’acqua che è Cristo stesso non soltanto disseta, ma purifica e dà vita. Infatti, dal costato aperto di Cristo sono sgorgati acqua e sangue, simbolo dei sacramenti del battesimo e dell’eucaristia. Ma non è sufficiente essere dissetati, purificati, vivificati dall’Acqua di Cristo. Quest’acqua non è soltanto per noi, è per tutti.
La Samaritana lo ha capito. Ha lasciato per qualche istante Gesù ed è andata in città, facendosi “missionaria” verso i suoi concittadini. L’umanità intera ha bisogno di essere dissetata e lavata da quest’acqua di Cristo. La prima è che la donna, giunta al punto in cui Gesù intendeva condurla, lascia le sue precedenti preoccupazioni e corre in città (cf. Gv 4,28). Il suo incontro con Cristo si fa comunitario, il suo cammino diventa missionario.
Questo ricerca e questo incontro della donna di Samaria e dei suoi concittandi è, ovviamente, un’immagine del cammino di ogni uomo verso Dio.
2) La sete di Gesù Maestro.
Il Vagolo ci parla di un ambiente “scolastico” inconsueto, un pozzo, e un maestro inatteso: Dio. Un Maestro che oggi sceglie come cattedra un muretto, per insegnare non dall’alto ma all’altezza del cuore, e come ascoltatore una donna. Di questo fatto se ne stupirono per primi i discepoli sia perché era samaritana [4] e sia perché era donna che non sapevano ancora che la Chiesa di Cristo avrebbe posto una Donna quale mediatrice tra i figli e il Figlio. La Madonna che riunì in sé, unica fra tutte, le due supreme perfezioni della donna: la Vergine e la Madre, che soffrì per noi dalla notte della nascita a quella della morte di Gesù, fratello nostro.
Un Maestro che per fare attingere la verità dal suo cuore, chiede da bere. Nel Vangelo solo due volte è detto che Gesù ha sete: in questo incontro con la samaritana e sulla Croce. E dalla Croce continua a dire “ho sete”, rivolgendosi a ciascuno di noi, perché di ognuno di noi ha sete e ci dice: “Conosco il tuo cuore, la tua solitudine e il tuo dolore, le reazioni, i giudizi e le umiliazioni. lo ho sopportato tutto questo prima dite. Ho portato su di Me tutto questo per te affinché tu possa dividere anche la Mia potenza e vittoria. Conosco specialmente il tuo bisogno di amore e di bere alla fonte dell’amore e della consolazione. Quante volte la tua sete è stata vana; dissetandoti in modo egoistico, riempiendo la tua sete di piaceri illusori, cioè la vacuità ancora più grande del peccato! Hai sete di amore? “Venite a Me o voi assetati…” (Gv. 7,37). Io vi darò da bere fino a pienezza. Hai sete di essere amato? Ti amo più di quanto puoi immaginare, al punto di morire in croce per te.Ho sete del tuo amore. Sì, questo è il solo modo di dirti il Mio amore: HO SETE DI TE. Ho sete di amarti e di essere amato. Per dimostrarti quanto sei prezioso per Me! HO SETE DI TE. Non dubitare mai della Mia Grazia, del mio desiderio di perdonarti, di benedirti e di vivere la mia vita in te. HO SETE DI TE. Aprimi, vieni a me, sii assetato di me, offrimi la tua vita. E io ti dimostrerò quanto conti per il Mio cuore”. [5] Gesù Cristo, Figlio di Dio, ha sete della nostra sete (cfr San Gregorio di Nazianzo), ha desiderio del nostro desiderio. Ha bisogno di noi, ha sete di fratelli.
La nostra domanda è risposta alla sete di Cristo. Non è poi così paradossale affermare che La nostra preghiera di domanda è una risposta. E’ un dato di fatto. Con la forza dell’amore siamo chiamati a rispondere al lamento del Dio vivente: “Essi hanno abbandonato me, sorgente d’acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate” [6], risposta di fede alla promessa gratuita di salvezza [7], risposta d’amore alla sete del Figlio unigenito [8].
A tutti si rinnova l’invito di Dio: “O voi tutti
assetati venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e senza spesa, vino e latte” [9], “Chi ha sete venga, chi vuole prenda in dono dell’acqua della vita” [10]. E’ un chiaro invito di Gesù Cristo a tutti gli uomini. E’ un incoraggiamento a “bere” dalla fonte eterna: l’unica che toglie la sete del cuore e della mente, che guarisce l’anima e il corpo, l’unica che dona salvezza, la sola che dà la felicità che dura per sempre.
Ma teniamo ben presente che questa acqua scaturisce anche da coloro che hanno creduto in Lui come Salvatore, i quali, simili a vasi di terra, sono chiamati ad essere ripieni dell’Acqua della Vita [11] e si dispongono umilmente a condividerla.
Le Vergini Consacrate sono chiamate a vivere questa condivisione mediante la consacrazione, la donazione totale a Dio, da loro portato come vasi sacri, fragili come la creta ma forti della grazia, da cui attingere l’amore che dio ha riversato in loro.
Le Vergini consacrate, poi, con la loro dedizione assisua alla preghiera testimoniano che la preghiera e la vita spirituale autentica sono simili alla pulsione primaria, istintiva della sete che è bisogno primario ed elementare. È una necessità quasi “animalesca”, analoga a quella che il profeta Geremia raffigurava nella brama degli asini selvatici, che durante la siccità “si fermano sulle alture e aspirano l’aria come sciacalli” a causa delle fauci riarse, “mentre i loro occhi languiscono, perché non si trova più erba” [12].
Ma il vivere la preghiera e la vita come risposta alla sete di Dio permette a loro, ed anche a noi di pregare così: “Il tuo amore è più dolce della vita, le mie labbra ti celebrano” [13]. Queste donne testimoniano di aver capito la lezione di Gesù alla Samaritana. Non cercano Dio sulla montagna di Samaria né di Sion, Lo cercano e trovano dentro il loro cuore come pozzo da cui sgorga acqua di vita eterna. Sono assetate di Dio e per questo il loro Rituale per la Consacrazione cita il Salmo 41: “Come un cervo assetato cerca l’acqua viva, così la mia anima cerca te, Dio mio” (v. 2). Poi dissetate da Dio, “sono consacrate al culto divino della lode e del servizio a tutti gli uomini” (cfr aggiunta alla Preghiera eucaristica IV durante la Messa per la loro Consacrazione).
Con la loro vita queste donne dicono, come Abramo [14]: “Mi fido di Te; mi affido a Te, Signore”. Ess ci richiamono che credere in Dio significa fondare su di Lui la mia vita, lasciare che la sua Parola la orienti ogni giorno, nelle scelte concrete, senza paura di perdere qualcosa di se stessi, senza esitare a consacrarsi a Dio, completamente.
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NOTE
[1] Gv 4,15.
[2] Gv 4,12.20.
[3] 1 Cor 10,4,
[4] Non dobbiamo dimenticare che tra Ebrei e samaritani non correva buon sangue da quando questi ultimi si erano formati un regno ed un culto autonomo. Erano degli scismatici, e per di più mescolati con coloni stranieri (assiri) praticanti culti pagani. I rapporti erano improntati ad ostilità: condannati quelli personali, evitato persino l’attraversamento della regione, situata tra Giudea e Galilea, seguendo un percorso ben più lungo, pur di evitarli.I Samaritani al Tempio di Gerusalemme contrapponevano il loro sul monte Garizim. E’ chiaro che per i Giudei questo rappresentava un fatto gravissimo, perché essi consideravano essenziale l’unicità del Tempio, luogo della presenza di Jahvé in mezzo al popolo.
[5] Preghiera della B. Teresa di Calcutta, che ha voluto che accanto al Crocifisso posto dietro l’altare di ogni cappella delle Case delle sue Suore ci sia scritto “I THIRST” = Ho sete. Può essere utile consultare http://www.motherteresa.org.
[6] Ger 2,13.
[7] Cfr Gv 7,37-39; Is 12,3; 51,1.
[8] Cfr Gv 19,28; Zc 12,10; 13,1.
[9] Is 55,1.
[10]Ap 22,17.
[11]Gv 7,38-39.
[12] Ger 14,6.
[13] Sal 63,4.
[14] A questo Patriarca è “dedicata” la II domenica di quaresima del Rito Ambrosiano. Abramo, il credente, ci insegna la fede; e, da straniero sulla terra, ci indica la vera patria. La fede ci rende pellegrini sulla terra, inseriti nel mondo e nella storia, ma in cammino verso la patria celeste. Credere in Dio ci rende dunque portatori di valori che spesso non coincidono con la moda e l’opinione del momento. In tante nostre società Dio è diventato il ‘grande assente’ e al suo posto vi sono molti idoli, diversissimi idoli e soprattutto il possesso e l’‘io’ autonomo. E anche i notevoli e positivi progressi della scienza e della tecnica hanno indotto nell’uomo un’illusione di onnipotenza e di autosufficienza, e un crescente egocentrismo ha creato non pochi squilibri all’interno dei rapporti interpersonali e dei comportamenti sociali. Eppure la sete di Dio non si è estinta e il messaggio evangelico continua a risuonare attraverso le parole e le opere di tanti uomini e donne di fede.