2. Il ministro della Parola di Dio

Un uomo nato per il ministero della Parola. Oscar Arnulfo Romero era venuto al mondo per essere l'uomo della Parola. Il suo sacerdozio è contrassegnato da un infaticabile lavoro di predicatore; questo ministero gli aveva procurato grande rispetto e popolarità nei diversi settori della società. Alla proclamazione del messaggio cristiano dal pulpito unisce l'apostolato della penna, nel settimanale diocesano o in altri periodici di provincia. Un posto a parte occupa la predicazione attraverso la radio: il suo programma giornaliero "La preghiera del mattino" attira l'attenzione di un numeroso uditorio. I suoi contemporanei ricordano con emozione le sue catechesi durante la trasmissione radiofonica della Messa domenicale del vescovo nella cattedrale di San Miguel. Erano i tempi in cui la Messa veniva celebrata in latino!

Denunciare il peccato sociale. Il Vaticano II gli aprì prospettive nuove e stimolanti che egli integrò senza difficoltà nella predicazione, dando particolare rilievo al tema della Chiesa. Prova di questo sono le sue quattro lettere pastorali come arcivescovo di San Salvador, tutte dedicate alla Chiesa (Iglesia de la Pascua, 10 aprile 1977; La Iglesia, Cuerpo de Cristo en la historia, 6 agosto 1977; La Iglesia y las organizaciones populares, 6 agosto 1978; Misión de la Iglesia en la crisis del país, 6 agosto 1979). Però presto sopraggiunse la crisi, quando si tentò di applicare gli insegnamenti conciliari alla drammatica realtà dell'America Latina, realtà che i documenti di Medellín (1968) non esitarono a qualificare come "ingiustizia istituzionalizzata". Quasi contemporanea all'assemblea di Medellín sorge la teologia della liberazione. Le "riletture" di Medellín in chiave preminentemente sociologica, riempirono di inquietudine Mons. Romero, come si riflette in diversi suoi articoli, quando ricopriva la carica di Rettore del Seminario dell'arcidiocesi di San Salvador. 

3. Opera omiletica

"Voce di chi non ha voce". L'arcidiocesi di San Salvador ha pubblicato le omelie di Monsignor Romero (Mons. Oscar A. Romero, Su Pensamiemto, I-VIII, San Salvador). L'opera completa consta di otto volumi e comprende i tre cicli liturgici. Le omelie di Mons. Romero hanno uno sfondo profondamente cristologico ed ecclesiologico. Frequentemente egli assegnava loro un titolo; divenne comune lo schema in tre parti, che egli chiamava "i tre concetti". Incontriamo un esempio nell'omelia della domenica del 7 gennaio 1978, che reca il titolo "Cristo, epifania dell'amore del Padre" e che egli sviluppa in tre parti: l'Epifania ci rivela una salvezza trascendente; l'Epifania ci offre una salvezza universale; la necessità della fede (cf Il suo Diario 97). Molto spesso nel suo Diario dà testimonianza delle idee chiave della sua predicazione e delle reazioni dell'uditorio. Uno dei casi più curiosi accadde la domenica 4 marzo 1979, quando si interruppe l'emissione di elettricità, cosa che impedì a Mons. Romero di commentare gli avvenimenti della settimana. Leggiamo nel suo Diario: "E dopo la Messa, data la benedizione, quando dissi che quanti volessero fermarsi avrebbero udito la parte relativa alle notizie e alle denunce, quasi tutta la cattedrale rimase al suo posto" (p. 135). Però forse la caratteristica più nuova della predicazione di Mons. Romero è la sua costante attenzione alla dolorosa problematica del paese in uno dei momenti più oscuri della sua storia. Di qui nacque giustamente l'appellativo di "Voce di chi non ha voce".

Il "metodo". Il Diario dà frequenti informazioni sul metodo adottato per preparare l'omelia domenicale. Lo si potrebbe riassumere così: con la Bibbia in una mano e il giornale nell'altra. Un'ampia e profonda riflessione sui testi biblici, quasi sempre molto personale, si univa al lavoro di équipe con un gruppo di consiglieri che settimanalmente lo aiutavano a comprendere e a illuminare cristianamente l'intricata e vertiginosa storia di violenza che insanguinava la terra di San Salvador. Il risultato di questa compromissione radicale con il Vangelo e con la storia del suo popolo mutò l'omelia domenicale di Mons. Romero in un evento eccezionale nella storia della predicazione contemporanea. La sua voce chiara e vibrante risuonava nella cattedrale e nello stesso tempo raggiungeva, attraverso la radio cattolica, tutto il paese; la sintonia era così alta che a volte pareva si trattasse di una "catena nazionale" di radio.

Che cos'è l'omelia per Mons. Romero. Come concepisce Mons. Romero l'omelia e il ministero profetico? "Omelia vuol dire il sermone semplice del pastore che celebra la parola di Dio per ripetere a coloro che stanno riflettendo, che questa parola di Dio non è una parola astratta, eterea, ma che è una parola che si incarna nella realtà in cui vive questa assemblea che sta meditando" (Omelia del 16 aprile 1978). Il predicatore è un profeta: "Profeta vuol dire che egli parla in nome di un altro... Nostra preoccupazione deve essere quella di rimanere eco fedele di questa voce di Cristo, l'unico che ha il diritto di parlare al popolo e che ne ha coscienza" (Omelia del 14 gennaio 1979). Spiega il suo modo di predicare persino a Paolo VI, che lo accoglie con benevolenza in udienza privata: "Io gli ripetei quale era precisamente il modo in cui io procedevo nella predicazione, annunciando l'amore, chiamando a conversione. Gli dissi che molte volte abbiamo ripetuto il suo messaggio della Giornata della pace: "No alla violenza, sì alla pace". Gli espressi la mia adesione irremovibile al Magistero della Chiesa. E che nelle mie denunce contro la situazione violenta del paese invitavo sempre alla conversione" (Il suo Diario, 21 giugno 1978, 51).

Questa fu la voce che la pallottola assassina che attraversò il suo cuore il 24 marzo 1980 pretese di ridurre al silenzio: "L'assassinio di Mons. Romero sarebbe l'ultima conferma della sua vera parola di profeta... Fecero tacere la sua voce per non dover udire l'appello alla conversione" (J. Delgado, Oscar A. Romero. Biografia, 177). 

(La prima parte è stata pubblicata ieri, domenica 23 marzo)