Nell’opera Christus un die Zeit (Cristo e il tempo) del 1946, Oscar Cullmann aveva sostenuto che la caratteristica fondamentale dell’escatologia neotestamentaria consiste nell’annuncio del Regno di Dio presente e al contempo futuro. Presente perché Gesù è l’autobasileia, il Regno di Dio personalissimus. Futuro perché deve ancora manifestarsi in pienezza e realizzarsi.

Dopo 19 anni – nel 1965 – appare la sua seconda grande opera, Heil als Geschichte (La salvezza come storia). Le varie edizioni e traduzioni internazionali ne testimoniano la fecondità e l’importanza. L’edizione italiana curata dalla EDB porta questo titolo: Il mistero della redenzione nella storia.

Se il contrasto fondamentale della prima opera è con la visione di Albert Schweitzer, la seconda opera sarà una discussione aperta con le tesi bultmanniane. Il tema centrale del libro sarà offrire il contributo di Cullmann riguardo al rapporto tra escatologia e storia della salvezza e il problema della rivelazione come storia.

Contro le tesi bultmanniane sull’impossibilità di risalire all’evento che ci obbliga ad accontentarci del Gesù visto con gli occhi della comunità,Cullmann offre i suoi distinguo. Se, da un lato, i testi della Scrittura ci invitano a rinvenire una necessaria distinzione tra avvenimento e testimonianza scritta, questa distinzione, d’altro canto, non dovrebbe portare all’arbitraria conclusione che considera l’interpretazione della chiesa primitiva totalmente indipendente, e pertanto insignificante e inutile per risalire all’evento cristico. Il kerygma trova la sua base nel necessario e intrinseco nesso con gli avvenimenti della vita del Nazareno e nei suoi insegnamenti.

Per quanto riguarda la storia della salvezza, la questione fondamentale secondo Cullmann è la seguente: «Ciò che definisce la tensione storico-soteriologica è realmente una deformazione secondaria, oppure è parte della testimonianza neotestamentaria fondamentale, nei suoi punti culminanti (Gesù, Paolo, Giovanni)?».

La tesi che Cullmann sviluppa è che il pensiero della chiesa primitiva appare costituire, in rapporto a quello di Gesù, non una frattura, ma uno sviluppo. Il non verificarsi imminente dell’avvento del Regno di Dio ha fatto comprendere alla chiesa primitiva che il «già» deve ricollegarsi necessariamente al «non ancora», il quale ha ben presto non abolito, ma appiattito e «dis-teso» la storia della salvezza.

Il discorso del non compimento del Regno che viene espressa nella tensione tra il «già» e il «non ancora» e che fa del tempo un cammino storico verso la piena manifestazione e realizzazione della salvezza già data, non è semplicemente una questione astratta o esegetica, è l’espressione e la grammatica in cui si svolge il cammino del cristiano singolo e della comunità cristiana, la chiesa, nella storia, in attesa del ritorno del Signore, con sulle labbra le invocazioni: «Maranatha» e «venga il tuo regno».

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Il libro è disponibile sul seguente link: Il mistero della redenzione nella storia