Il cristianesimo non è una teoria, né una filosofia o un insieme di belle parole. La definizione giusta l’ha data Papa Francesco nella omelia della Messa odierna a Santa Marta: “Il cristianesimo è una religione pratica”. E appunto perché pratica si realizza compiendo gesti concreti che seguono il “programma” di vita santa che Gesù Cristo ha indicato chiaramente.
Sono le Beatitudini, elencate dall’evangelista Matteo nel Vangelo di oggi, in cui il Figlio di Dio mette a punto quella che si potrebbe ben definire “la carta d’identità del cristiano”. Infatti, ha osservato il Santo Padre, se qualcuno avesse il dubbio di come fare “per diventare un buon cristiano”, le risposte le può trovare proprio nel capitolo 5 del Vangelo di Matteo, dal versetto 1 al 12.
Certo, non sono le risposte che uno si aspetta, tantomeno soluzioni edulcorate per vivere meglio la vita. Gesù indica parole e azioni decisamente “controcorrente” rispetto a quello che abitualmente “si fa nel mondo”, ha osservato Begoglio.
Cristo, ad esempio, chiama Beati “quelli che sono nel pianto”, perché – dice – “saranno consolati”. Laddove “il mondo”, invece, suggerisce che “la gioia, la felicità, il divertimento” sono “il bello della vita”. E che quindi bisogna “guardare dall’altra parte” quando capitano “problemi di malattia” o “di dolore nella famiglia”. “Il mondo non vuole piangere – ha affermato il Papa – preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle. Soltanto la persona che vede le cose come sono, e piange nel suo cuore, è felice e sarà consolata” con “la consolazione di Gesù, non quella del mondo”.
Il Signore dice anche: “Beati i poveri in spirito”, a significare che “le ricchezze non ti assicurano niente”. Anzi, ha aggiunto Francesco, “quando il cuore è ricco, è tanto soddisfatto di se stesso, che non ha posto per la Parola di Dio”. Sono Beati anche “i miti”, soprattutto nel mondo attuale “che dall’inizio è un mondo di guerre, un mondo dove dappertutto si litiga, dove dappertutto c’è l’odio”. E Gesù – ha ricordato il Papa dice: “Niente guerre, niente odio, pace, mitezza”. Parole, queste, che assumono una connotazione speciale pensando allo storico incontro per la pace di ieri nei Giardini Vaticani, e all’abbraccio tra i presidenti di Palestina e Israele, Abu Mazen e Shimon Peres, davanti allo sguardo soddisfatto di Bergoglio.
Miti, esorta Cristo, perché “con questa mitezza avrai in eredità la Terra”, ha rimarcato il Santo Padre. È vero che “se io sono mite nella vita”, gli altri “penseranno che io sono uno stolto”; ma non fa nulla, “pensino pure quello”, la ricompensa è molto più alta.
Un po’ la stessa logica di quelli che “hanno fame e sete della giustizia”, che “lottano per la giustizia, perché ci sia giustizia nel mondo”. Anche quelli sono scartati dall’opinione pubblica, perché oggi – ha osservato il Pontefice – “è molto più facile entrare nelle cricche della corruzione”, seguire “quella politica quotidiana del do ut des” dove “tutto è affari”. “Quante ingiustizie” ne conseguono, e “quanta gente che soffre per queste ingiustizie”, ha esclamato Francesco.
Eppure Gesù anche in questo caso predica il contrario: “Sono beati quelli che lottano contro queste ingiustizie”. E, insieme a loro, anche quelli che sono stati “perseguitati semplicemente per avere lottato per la giustizia”.
Ma sono beati anche i misericordiosi, “perché troveranno misericordia”. Sono Beati, cioè, tutti “quelli che perdonano, che capiscono gli errori degli altri”, non “quelli che si vendicano”. “Tutti noi – ha evidenziato il Papa – siamo un esercito di perdonati! Tutti noi siamo stati perdonati. E per questo è beato quello che va per questa strada del perdono”.
Beati anche “i puri di cuore”, che hanno “un cuore semplice, puro, senza sporcizie, un cuore che sa amare con quella purità tanto bella”, ha sottolineato il Santo Padre. Beati, infine, “gli operatori di pace”: anch’essi beati “controcorrenti”, perché “è tanto comune da noi essere operatori di guerre o almeno operatori di malintesi!”, ha notato il Pontefice. E, ricollegandosi al suo tweet di oggi, ha aggiunto: “Quando io sento una cosa da questo e vado da quello e la dico e anche faccio una seconda edizione un po’ allargata e la riporto… Il mondo delle chiacchiere. Questa gente che chiacchiera, non fa pace, sono nemici della pace. Non sono beati”.
Insomma, le Beatitudini che ci propone Gesù sono un vero e proprio “programma di vita”, allo stesso tempo “tanto semplice, ma tanto difficile”. Se qualcuno, poi, volesse ‘approfondire l’argomento’, “Gesù ci dà anche altre indicazioni”, ovvero quel “protocollo sul quale noi saremo giudicati” riportato sempre da Matteo, questa volta nel capitolo 25: “Sono stato affamato e mi hai dato da mangiare, ero assetato e mi hai dato da bere, ero ammalato e mi hai visitato, ero in carcere e sei venuto a trovarmi”.
Non è così complicato “vivere la vita cristiana a livello di santità” allora: basta aprire la Bibbia, mettere il segno su questi brani evangelici, e leggere attentamente queste “poche” e “semplici” parole, “pratiche a tutti”. Perché il cristianesimo – ha ribadito il Papa – “è una religione pratica: non è per pensarla, è per praticarla, per farla”.
Quindi, ha concluso, “oggi, se voi avete un po’ di tempo a casa, prendete il Vangelo di Matteo, capitolo 5, all’inizio ci sono queste Beatitudini; capitolo 25, ci sono le altre. E vi farà bene leggerlo una volta, due volte, tre volte. Ma leggere questo, che è il programma di santità. Che il Signore ci dia la grazia di capire questo suo messaggio”.