In questi giorni, mi1 è capitato di leggere un libricino, piccolo ed agile, scritto da Luigi Maria Epicoco, dal titolo Io vedo il tuo volto. Arte e liturgia, che offre alcuni spunti e riflessioni stimolanti. Nel quinto capitoletto che tratta della crisi dell’arte in relazione alla liturgia, si trova questa affermazione: «oggi, quando parliamo di crisi, parliamo proprio di questa crisi di comunicabilità.
L’arte, invece di introdurre al Mistero, attira solo su se stessa l’attenzione, lasciando l’uomo, e il credente isolato rispetto al Mistero. Un’arte che celebra se stessa, che racconta solo i propri ripiegamenti, ma che non si mostra più come feritoia attraverso cui filtra l’eterno nello spazio e nel tempo. La parola d’ordine è funzionalità, non comunicabilità. Così nasce un’arte comoda ma sterile. Oppure, peggio, l’arte è solo il pretesto per celebrare l’artista, e così diventa un monumento a chi la crea. In pratica un vicolo cieco»2.
Il breve brano è interessante perché con semplicità mette in evidenza come alcuni elementi costitutivi di teorie artistiche contemporanee siano entrati prepotentemente all’interno della elaborazione di soluzioni artistiche in ambito liturgico: così la funzionalità ha preso prevalenza sulla comunicabilità, la comodità è stata prescelta nonostante la sua sterilità, la celebrazione dell’artista ha sostituito l’introduzione al Mistero.
In effetti, icosiddetti “diritti dell’arte e dell’artista” (sovente ridotti semplicemente al diritto di celebrare se stessi) sono divenuti preminenti persino sulle verità di fede e sulla stessa liturgia. Il Decreto Conciliare Inter Mirifica, come abbiamo già evidenziato nell’articolo precedente di questa rubrica (pubblicato il 17 dicembre 2012), pone l’accento su questo punto, avvisando del pericolo di tale posizione, affermando che occorre guardarsi da «dottrine erronee in materia di etica e di estetica», poiché il «primato dell’ordine morale oggettivo deve essere rispettato assolutamente da tutti» 3.
In altre parole, l’arte che si pone al servizio della liturgia, quindi della verità, del bene e del bello, deve porsi come ancella (serva umile) e non come padrona, non deve rivendicare diritti tali da soffocare la “comunicazione” delle verità di fede o la bellezza e la profondità del Mistero, come mette in evidenza anche Epicoco.
Di contro, qualcuno afferma che non si può non tener conto degli sviluppi dei nuovi scenari delle arti visive nella contemporaneità, e che non prendere a piene mani da tali teorie estetiche e artistiche sarebbe come imporre un mancato aggiornamento alla Chiesa. O ancora, visto che la Chiesa si è sempre servita, nel corso dei secoli, di grandi artisti, è necessario che anche oggi si utilizzino artisti di fama internazionale per realizzare le nuove chiese. Per certi versi queste sono legittime e nobili preoccupazioni, però si fondano su una storiografia artistica manchevole, poiché la Chiesa non ha utilizzato nel corso dei secoli artisti non credenti o addirittura antiecclesiastici, come certe ricostruzioni pretenderebbero.
A questo proposito bisognerebbe riscrivere molti capitoli dei manuali di storia dell’arte, che ingenerano confusione proprio su queste delicatissime questioni. A queste considerazioni storiografiche, si potrebbero aggiungere argomentazioni di ordine iconologico, iconografico, filosofico e teologico, per comprendere l’inopportunità o addirittura l’impossibilità di coniugare talune teorie estetiche e artistiche con la liturgia.
Ma se anche non si volesse intraprendere subito tale strada di studio e riflessione, per comprendere i termini della questione basterebbe l’osservanza di un documento conciliare quale l’Inter Mirifica, che recita: « Poiché il moltiplicarsi di controversie su questo argomento non di rado trae origine da dottrine erronee in materia di etica e di estetica, il Concilio proclama che il primato dell’ordine morale oggettivo deve essere rispettato assolutamente da tutti» 4.
Oppure basterebbe leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica, che ribadisce tale concetto: «i Vescovi, personalmente o per mezzo di delegati, devono prendersi cura di promuovere l’arte sacra, antica e moderna, in tutte le sue forme, e di tenere lontano, con il medesimo zelo, dalla liturgia e dagli edifici del culto, tutto ciò che non è conforme alla verità della fede e all’autentica bellezza dell’arte sacra5».
La questione, però, non è comunque semplice, poiché molte dottrine erronee sono penetrate nel pensiero cattolico e hanno informato tante persone di buona volontà. L’errore teoretico ha proprio la caratteristica di essere diffusivo e quindi, dopo poco (una o due generazioni) può essere confuso come buono, come vero o addirittura come costitutivo, quindi legittimato nella prassi, come acquisito una volta per sempre. Dunque talvolta a talune persone in buona fede può risultare molto difficile comprendere cosa non è conforme alle verità della fede e all’autentica arte sacra.
Il compito di questa rubrica “Riflessioni sull’arte” è proprio quello di “riflettere” e far riflettere sulle questioni d’arte in generale e su quelle dell’arte cristiana, per evitare che tutto sia dato per scontato e dunque, mediante lo studio di ogni elemento, individuare quali siano le “erronee dottrine” e le storiografie ideologiche che avvalorano tali dottrine.
Se è vero che c’è sempre un percorso di sviluppo nelle cose dell’uomo, e dunque anche nell’arte, non si può però evitare di discernere i vari cambiamenti, ponendo tutto su una identica linea di continuità 6. Infatti, quando intercorrono nel tempo una o più rivoluzioni, che come dice il termine stesso, rivoltano letteralmente tutto, lo sconvolgono, lo capovolgono, di fatto si pone volontariamente una discontinuità, una rottura nella trasmissione della tradizione; anzi, in genere è proprio la volontà di non essere in continuità con il passato a caratterizzare una rivoluzione.
Però talvolta questo strumento concettuale è usato in modo ambiguo. Accade così, curiosamente, che siano definiti come rivoluzionari dei passaggi epocali della storia dell’arte che invece si sono fondati sulla volontaria continuità, sulla innovazione senza rotture (per esempio il passaggio dal Gotico al Rinascimento o dal Manierismo al Protobarocco); invece le vere e proprie rivoluzioni vengono spesso nobilitate cercandone precursori o antecedenti illustri, commettendo sovente semplicemente errori banali di anacronismo, sulla base di labili assonanze formali.
Così accade che si consideri il Rinascimento come un movimento neopagano di rottura (mentre è un vertice maturo del percorso precedente), e parallelamente si presenti come un movimento di continuità l’introduzione di tribalismi anticristiani nelle estetiche tra Ottocento e Novecento; su tutto domina poi la fascinazione del progresso tecnologico ed economico, che fa accettare come ineludibile e insuperabile la condizione postmoderna di frammentarietà e apofaticità dell’uomo contemporaneo.
Ma il nostro compito è quello di studiare ed approfondire tutti gli aspetti storici, teoretici, antropologici e filosofici dell’arte, per comprendere che c’è realmente un’arte vera e bella come il Catechismo della Chiesa Cattolica indica: « L’arte sacra è vera e bella quando, nella sua forma, corrisponde alla vocazione che le è propria: evocare e glorificare, nella fede e nella adorazione, il mistero trascendente di Dio» 7.
L’artista che vuole servire la Chiesa non deve mettere se stesso al centro dell’azione artistica, ma deve farsi strumento umile, capace di servire la verità e la bellezza, senza farsi ammaestrare da quel che il mondo contemporaneo dice alle nostre spalle, perché solo se si rimetterà Cristo al centro, potremo superare questa ep
oca di crisi.
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NOTE
1 Rodolfo Papa è esperto del Sinodo, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Accademico Pontificio. Website: www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .
2 L. M. Epicoco, Io vedo il tuo volto. Arte e liturgia, Tau Editrice, Todi 2011, pp.40-41.
3 Inter Mirifica, n. 6.
4 Ibid.
5 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2503
6 Su tale questione Cfr. R. Papa, Discorsi sull’arte sacra, Cantagalli, Siena 2012.
7 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2502.