"L'evento cristiano, la risurrezione di Gesù ed il suo Regno, accade ora nel mondo"

Omelia del cardinale Carlo Caffarra per la festa di Santo Stefano

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Riportiamo di seguito il testo integrale dell’omelia tenuta dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella Messa per la festa di Santo Stefano.

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1. Carissimi diaconi permanenti, la prima caratteristica che la Scrittura attribuisce al protomartire Stefano è la seguente: «pieno di grazia e di potenza». La grazia: il dono del favore di Dio; il divino compiacimento di cui la sua persona è oggetto. La potenza: la forza stessa con cui Gesù “caccia fuori il principe di questo mondo”, comunicata anche a Stefano. E’ una potenza, questa, come abbiamo ascoltato, che si esprime in «grandi prodigi e miracoli tra il popolo», e «nella sapienza ispirata con cui egli parlava».

Nel Vangelo [Mc 9, 14 ss] si mostra chiaramente che la potenza concessa ai discepoli è la potenza stessa di Dio e presuppone la fede, ossia un rapporto personale con Gesù: «questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» [29].

Questa origine ultima della potenza di cui è pieno Stefano, ci introduce nella sua interiorità, nella sua vita più profonda. «Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra, e disse: ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». E’ qui narrata l’esperienza centrale del santo Protomartire.

«Vide la gloria di Dio». Che cosa è la visione della gloria di Dio? E’ la rivelazione che Dio fa a Stefano dello splendore della sua Luce increata. Da questa Luce il Protomartire è illuminato, poiché vi entra.

E’ in questa luce che Stefano vede «il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio», quel “Figlio dell’uomo” di cui parla la profezia di Daniele. E’ la gloria di Colui che è stato crocifisso: di Colui “il cui scettro, il cui potere stende il Signore da Sion»; dell’Agnello immolato a cui il Padre dice: «domina in mezzo ai tuoi nemici». Il martire, il testimone di questo dominio raggiunge l’apice della sua potenza proprio nel momento della sua debolezza. La morte di Stefano genera Paolo.

Dunque, carissimi diaconi permanenti, immerso nella visione della Gloria di Dio e del Crocifisso seduto alla destra, Stefano diventa pieno di potenza. E’ la potenza propria di chi annuncia il Regno di Dio che si realizza nella vita e nell’opera di Gesù.

2. Quale grande luce viene alla vostra vita da questo schizzo della figura di Stefano! Vorrei ora sottolineare alcuni profili.

Cari diaconi permanenti, una delle tentazioni più gravi – forse la più grave – che oggi può insidiare la predicazione del Vangelo è la mancanza di fede nella potenza della Parola che noi annunciamo. Una potenza che non le viene dalle qualità di chi l’annuncia, ma che essa possiede in se stessa e per se stessa. E’ una mancanza di fede che genera pessimismo, fatalismo, sfiducia, tristezza del cuore. Mancanza di fede che ci può portare a pensare persino che tanto non cambierà nulla; che la monotonia del male è più forte della sorpresa del bene.

Come potete immunizzarvi da questa malattia? Non riducendo mai l’evento cristiano ad un fatto accaduto semplicemente nel passato, e di cui si può solo avere una conoscenza storica, raggiunta attraverso l’esegesi biblica. L’evento cristiano, la risurrezione di Gesù ed il suo Regno, accade ora nel mondo, e noi siamo i testimoni, anche colla parola, di questa Presenza. Stefano la vedeva incombere dentro allo scontro che stava accadendo fra lui ed il Sinedrio.

La venuta del Regno non è rimandata dopo il tempo. Essa si realizza oggi in coloro i quali accolgono nella fede l’annuncio del Vangelo, e sono invasi dalla grazia di Cristo. Ma esiste anche il mondo che negli uomini disobbedienti alla Parola, si chiude alla Presenza del Risorto.

Chi annuncia il Vangelo si pone nel “punto della decisione”. “Vede la gloria di Dio e il Figlio dell’uomo che sta alla sua destra”: è questa visione di fede la sorgente della nostra potenza e speranza.

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ZENIT Staff

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