La Madre della Pace

Lectio Divina sulle letture liturgiche della Solennità della Madre di Dio (Anno B), 1 gennaio 2015

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre la seguente riflessione sulle letture liturgiche della Solennità della Madre di Dio (Anno B), 1 gennaio 2015.

Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.

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LECTIO DIVINA

Rito Romano

Nm 6, 22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-211
Maria Santissima, Madre di Dio

Rito Ambrosiano

Nm 6, 22-27; Sal 66; Fil 2,5-11; Lc 2.18-21
Circoncisione del Signore – Solennità

1) La Madre.

A Natale abbiamo festeggiato la nascita del Figlio. Oggi festeggiamo la Madre. Non si può separare la mamma dal suo bambino.

La Chiesa celebra la Solennità di Maria, Madre di Dio, per ricordarci che abbiamo in Lei una sicura e materna compagnia nel nostro cammino quaggiù. In Lei, nel suo amore e nella sua obbedienza troviamo il sentiero per tornare a Dio. Verso di Lei la Chiesa si rivolge, perché Maria, la Madre del Signore, è in Cristo la Madre di tutta l’umanità, in quanto Lei partecipa dell’estensione d’amore che nel Figlio Dio Padre ha voluto donarci.

Stupiti dalla gioia, celebriamo il fatto che dalla tenerezza della Madre di Dio nasce la pace per tutti: Maria, per opera dello Spirito Santo, ha dato al mondo il principe della pace, Gesù redentore dell’umanità.

La nostra Pace, Cristo, è tra le braccia di una madre: Maria, una di noi. La Pace, Gesù, nato da donna, è il dono natalizio per eccellenza messo in braccio a noi. Lui è il volto della Pace che risplende per illuminare i nostri volti, mendicanti la pace.

Mendichiamo questa pace dalla Vergine Madre e l’avremo, come i pastori che “andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.” (Lc 2, 16-20 – Vangelo di oggi). Avevano incontrato il Principe della Pace, che faceva di loro uomini giusti.

Se vogliamo un mondo con uomini giusti, con uomini che sentano e vivano la fraternità, dobbiamo non dimenticare la strada del presepe.

Il presepe ci racconta di Dio che si fa Bambino e di una Madre, che ce lo dona. Lo mette al mondo di notte, perché l’amore è sempre un dono che fa nascere il giorno.

E di fronte al presepe l’uomo si scopre amato, atteso, cercato, scopre che val la pena essere uomo se Dio stesso si è fatto uomo, ritrova la speranza e la gioia di sentirsi fratello tra fratelli.

In questo presepe c’è il Figlio di Dio. Senza Gesù il presepe è poca cosa: una stalla con delle bestie, che scaldano una povera coppia di genitori di un misero neonato. Senza che vi fosse il Figlio di Dio, il Re dei re, i Re Magi non sarebbero entrati in una stalla. Questi, come i pastori, videro, credettero, si inginocchiarono e adorarono. Facciamo altrettanto.

Videro paglia e letame veri, sentirono l’odore di stalla, ma, soprattutto videro la Parola di Dio fatta carne, e furono stupefatti dall’Amore, la cui potenza non ha bisogno della forza violenta per manifestarsi. Si “servì” di un Bambino.

Lo stupore dei pastori, dei Re Magi, di Giuseppe e di Maria non fu suscitato dal loro essere impressionati – come succede nelle occasioni di meraviglia, per qualche cosa bella o eccezionale o straordinaria o maestosa e in genere impressionante – ma dalla presenza del Principe della Pace, Gesù bambino, da cui traspariva un che di speciale se tutti si misero in ginocchia davanti a Lui, che era deposto su della paglia in una stalla.

2) Madre di tutti, per tutti i giorni dell’anno.

E Maria? Come ha vissuto la Madonna il primo Natale? Anche Maria sentì le parole, che spiegavano l’evento che ella stessa vide e visse. Parole e fatti che Lei custodì2nel suo cuore, dentro di sé, in un ascolto consapevole, pensoso e intelligente: il cuore indica tutto questo. L’ascolto interiore di Maria è prolungato, non di un solo momento. La frase evangelica ‘custodisce tutto, meditandolo nel suo cuore’ dice che il custodire di Maria non fu un conservare passivo, inerte, bensì un custodire attivo e vivo, che collega e confronta una cosa con l’altra, cercando di comprendere la logica profonda, la direzione e la verità di cose che possono sembrare slegate o addirittura in contrasto fra loro. Ed è appunto ciò che fece Maria sentendo, da una parte, le parole che proclamavano la gloria del Bambino (parole da lei stessa sentite dall’angelo nell’annunciazione) e, dall’altra, vedendo “un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia”. È la solita tensione fra grandezza e piccolezza, gloria e povertà che costituisce l’ossatura dell’evento cristiano. L’ascolto di Maria diventa dunque un’interpretazione vera e propria che fa luce sul mistero di Gesù.

Maria non è solamente la Madre di Gesù, ne è anche la più profonda interprete. Lei ci spiega il Natale, perché non è facile da capire il Natale. Dunque, facciamoci guidare da Maria, che custodiva e meditava tutte queste cose nel suo cuore. Il suo cuore e la sua mente cercavano il filo d’oro che tenesse insieme gli opposti: una stalla e «una moltitudine di angeli», una mangiatoia e un “Regno che non avrà fine”. Come lei, come i pastori e i Re Magi, anche noi salviamo almeno lo stupore: a Natale il Verbo è un neonato che non sa parlare, l’Eterno è appena il mattino di una vita, l’Onnipotente è un bimbo capace solo di piangere. Dio ricomincia sempre così, con piccole cose e in profondo silenzio.

Dio ha deciso di rivelarsi nascendo bambino. Questa è la profondità del mistero del Natale raccontato dal Presepe di Betlemme, delle nostre Chiese e delle nostre case.

Per trent’anni Cristo continuò a vivere questa vita umile e semplice per salvarci. Questa vita Sua Madre abbracciò. Questa vita di nascondimento è abbracciata oggi, quotidianamente, dalle Vergini Consacrate nel mondo. Collocando la loro speranza nella Beata Vergine Maria, le Vergini Consacrate nel mondo guardano a Maria come “il prototipo della Vita Consacrata perché è la Madre che accoglie, ascolta, intercede e contempla il suo Signore con la lode del cuore” (Messaggio del Sinodo sulla Vita Consacrata). Maria è modello, guida e Madre in tutti gli elementi fondamentali della vita consacrata: nella sequela evangelica, a modo di sposalizio con Cristo (Gv 2,4-5. 11 12), con “cuore indiviso” (1Cor 7,32s); nella povertà evangelica secondo la vita a Betlemme e a Nazareth (Lc 1-2; Mt 1-2); nell’obbedienza ai disegni salvifici di Dio (Lc 1,38); nella verginità spiritualmente feconda, sotto l’azione della Spirito Santo, per essere “la Donna” associata a Cristo (Lc 1, 35; Gv 2, 4); nella disponibilità per il servizio e missione della Chiesa per una nuova maternità (Gv 19, 25 27; Apoc 12, 1ss); nella vita della Chiesa fraterna come vincolo di comunione e di aiuto per la vita spirituale, apostolica, intellettuale e umana (At 1, 14).

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LETTURA PATRISTICA

Dalle «Lettere» di sant’Atanasio, vescovo

(Ad Epitetto 5-9; PG 26, 1058. 1062-1066)

Il Verbo ha assunto da Maria la natura umana

Il Verbo di Dio, come dice l’Apostolo, «della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli» (Eb 2, 16. 17) e prendere un corpo simile al nostro. Per questo Maria ebbe la sua esistenza nel mondo, perché da lei Cristo prendesse questo corpo
e lo offrisse, in quanto suo, per noi.

Perciò la Scrittura quando parla della nascita del Cristo dice: «Lo avvolse in fasce» (Lc 2, 7). Per questo fu detto beato il seno da cui prese il latte. Quando la madre diede alla luce il Salvatore, egli fu offerto in sacrificio.

Gabriele aveva dato l’annunzio a Maria con cautela e delicatezza. Però non le disse semplicemente «colui che nascerà in te», perché non si pensasse a un corpo estraneo a lei, ma: «da te» (cfr. Lc 1, 35), perché si sapesse che colui che ella dava al mondo aveva origine proprio da lei.

Il Verbo, assunto in sé ciò che era nostro, lo offrì in sacrificio e lo distrusse con la morte. Poi rivestì noi della sua condizione, secondo quanto dice l’Apostolo: «Bisogna che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità» (cfr. 1 Cor 15, 53).

Tuttavia ciò non è certo un mito, come alcuni vanno dicendo. Lungi da noi un tale pensiero. Il nostro Salvatore fu veramente uomo e da ciò venne la salvezza di tutta l’umanità. In nessuna maniera la nostra salvezza si può dire fittizia. Egli salvò tutto l’uomo, corpo e anima. La salvezza si è realizzata nello stesso Verbo.

Veramente umana era la natura che nacque da Maria, secondo le Scritture, e reale, cioè umano, era il corpo del Signore; vero, perché del tutto identico al nostro; infatti Maria è nostra sorella poiché tutti abbiamo origine in Adamo.

Ciò che leggiamo in Giovanni «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14), ha dunque questo significato, poiché si interpreta come altre parole simili.

Sta scritto infatti in Paolo: «Cristo per noi divenne lui stesso maledizione» (cfr. Gal 3, 13). L’uomo in questa intima unione del Verbo ricevette una ricchezza enorme: dalla condizione di mortalità divenne immortale; mentre era legato alla vita fisica, divenne partecipe dello Spirito; anche se fatto di terra, è entrato nel regno del cielo.

Benché il Verbo abbia preso un corpo mortale da Maria, la Trinità è rimasta in se stessa qual era, senza sorta di aggiunte o sottrazioni. E’ rimasta assoluta perfezione: Trinità e unica divinità. E così nella Chiesa si proclama un solo Dio nel Padre e nel Verbo.

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NOTE

1 In questa solennità ci soffermiamo insieme sul mistero di Maria che è madre di Dio. Il Vangelo che ci viene proposto è quello della Messa dell’aurora del giorno di Natale, cioè la visita dei pastori al bambino Gesù. Il brano però ha due piccole variazioni: viene eliminata la menzione degli angeli che si allontanano dopo aver dato l’annuncio ai pastori e al termine viene aggiunto il v. 21, che parla della circoncisione del Bambino e dell’imposizione del nome. I bambini ebrei infatti venivano sottoposti a questa pratica che era il segno della loro appartenenza al popolo di Israele e insieme ricevevano il nome con cui sarebbero stati riconosciuti per tutta la vita. Prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II in questo giorno si celebrava la festa della Circoncisione di Gesù e il Santo Nome, come la Liturgia del Rito Ambrosiano continua ancora oggi a celebrare. Dopo il Concilio Vaticano II, nel Rito Romano si è voluto spostare la festa dedicata a Maria riconosciuta come Madre di Dio, un dogma di fede che era stato affermato nel concilio di Efeso del 431.

2 Il verbo “custodire” – è il solo verbo all’indicativo e che, perciò, regge tutta la frase – non dice semplicemente il ricordare, ma sottolinea la cura e l’attenzione, come quando si ha fra le mani una cosa preziosa.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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