Poeta e scrittore, fondatore della rivista clanDestino e opinionista di Avvenire, Davide Rondoni tiene corsi di poesia in molte università italiane e straniere e conduce su Tv2000 il programma di poesia Antivirus. Dopo l’uscita del suo ultimo libro Gesù. Un racconto sempre nuovo (Piemme 2013) e la sua partecipazione all’evento Dieci piazze per dieci comandamenti, il poeta è stato intervistato da Donato Sciannameo, avvocato e direttore della rivista Rinnovamento nello Spirito Santo, in occasione del trentesimo anniversario della stessa rivista, celebrato lo scorso fine settimana a Rimini, durante la Conferenza Nazionale degli Animatori del movimento. Riportiamo di seguito la trascrizione dell’intervista.
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Quali sono secondo te gli strumenti più incisivi per comunicare la fede in Dio in una società che è pluralista?
Gli strumenti di comunicazione sono degli strumenti, di per sé non bastano mai. Fra l’altro l’esperienza di questo periodo insegna che molto spesso quelli che consideriamo strumenti di comunicazione sono strumenti di solitudine; spesso la rete, anziché mettere in comunicazione reale le persone, le isola. Non è detto che con la comunicazione si diventi più amici o ci si ami di più: c’è una marea di gente che comunica un sacco, ma è gente sola… molte volte internet è uno show della solitudine, uno show dell’isolamento, non uno show della comunicazione, perché gli strumenti di comunicazione non bastano da soli a comunicare.
L’uomo vive nella comunicazione come un pesce nell’acqua, noi viviamo comunicando sempre, l’uomo è un essere comunicante: forse vi sarete stupiti che in zone molto misere, anche nelle nostre città, manchi quasi tutto ma non manchi il telefonino, non manchi la parabola, perché a un uomo puoi togliere quasi tutto ma non la comunicazione, il comunicarsi. Ma il primo strumento di comunicazione è la tua vita, e questo vale tanto più per le cose importanti come la fede.
Tu sei conosciuto come scrittore e poeta: è ancora possibile oggi comunicare con la poesia?
Quando dici poeta tutti ti guardano come una specie di animale strano del pleistocene, ma questo dice solo la mancanza di osservazione: la poesia non solo c’è sempre stata, ma appartiene a quel livello della vita a cui appartengono anche l’amare, il mangiare, il soffrire: cioè, gli uomini hanno sempre fatto poesia. Come ‘c’è ancora la poesia’! Finché c’è l’uomo c’è sempre poesia, come ci sarà sempre la musica ci sarà sempre il disegnare… Siccome si pensa che esista solo ciò che va in prima pagina nei giornali, o nei titoli del tg, quello che non va lì sembra che non esista, ma per fortuna ci sono un sacco di cose che esistono e che non vanno in prima pagina: una di queste è la poesia.
L’anno scorso, a proposito di televisione, a La vita in diretta mi avevano chiesto un’idea sulla poesia e io ho suggerito: ‘fate un concorso’… Sono arrivate dodicimila poesie in dieci giorni. In Rai abbiamo barcollato: cos’era quella marea di cose scritte? In realtà la parola poetica è uno dei modi più diffusi che la gente ha per provare a dire la propria esperienza, i propri dolori, i propri amori… quindi la poesia ‘è’ diffusissima, tutt’altro che ‘ancora’…
Quindi secondo te i giovani oggi comunicano anche attraverso la poesia?
C’è un uso fortissimo del linguaggio della poesia tra i giovani. Non solo quelli che ho conosciuto io girando l’Italia, ma tanti altri ragazzi che scrivono. Questo è come se fosse un fenomeno un po’ sotto traccia, ma io su questo insisto: molto spesso interpretiamo la vita secondo quello che ci viene propinato come più appariscente, ma non è così. In questi anni i sociologi hanno parlato di società liquida, di non luoghi… poi invece prendi le poesie della gente e vedi che sono tutte poesie sulla persona che si ama, sui figli, sul padre, sul nonno, sulla mamma, perché nella vita reale delle persone tornano queste cose qui. Poi si parla tanto, ma la vita reale è un’altra cosa, e spesso l’arte dà voce alla vita reale.
Nella famiglia si trasmette la fede: tu hai parlato una volta di nonna Bruna…
Era una donna molto semplice, di Forlì come me, molto simpatica; quando si arrabbiava faceva quasi tenerezza. Ho scritto un poemetto di Natale che forse qualcuno ha già sentito: questo testo inizia con un preambolo in cui mi rivolgo a nonna Bruna chiedendo una specie di viatico per quello che sto per fare, cioè prima di cominciare a scrivere questo poemetto… C’è chi si rivolge alle muse e chi alla nonna Bruna! Il prologo comincia con le parole ‘Parla bene di Dio dice Bruna’, e continua così:
sorride: parla bene di Dio, fallo con la simpatia
dei romagnoli, e sì, lo so anch’io, il loro
duro magone. Ma non dirne male, vedi è lui che ha
tenuto Marta nelle mani, la mia figlia
persa a vent’anni, io non avevo più
domani, lui la teneva qui, accanto
quando l’ho rivista sai come ho riso, sai come ho
pianto…
Tu hai scritto un libro su Gesù… Chi è per te Gesù?
Gesù è come la Nutella, voglio dire, è forse la cosa più buona del mondo… Diciamola così, le cose come la Nutella (ognuno può mettere il nome che vuole) sono quelle cose per cui ti alzi la mattina e la giornata prende un’altra prospettiva! Non è che la nutella risolve i problemi, ma il fatto che ci sia mette gioia nell’affrontare la giornata…