«Il capodanno appare come un giorno uguale agli altri. Il che non è vero: le ricorrenze servono a commemorare o a rinnovare. Occasioni di memoria e di speranza, per tornare indietro con gli occhi e la mente. Oppure per proiettarsi in avanti».
La riflessione del politologo Ilvo Diamanti accompagna gli ultimi scampoli del 2014, riproponendo il tema del tempo. Spesso esorcizzato o trattato da «vile avversario», come lo definiva il poeta Paul Valèry, eppure inevitabilmente sempre al centro d’ogni pensiero, esso è l’essenza di ogni esistenza: l’uomo passa la vita a ragionare sul passato, a lamentarsi del presente, a tremare per l’avvenire, sospeso tra la nostalgia del passato che ormai è solo ricordo e l’incertezza di un futuro non privo di sorprese, di enigmi e forse di drammi.
A questo ha condotto un modello di vita contrassegnato dalla frenesia, capace solo e soltanto di lasciare polvere tra le mani. Ma non deve essere così per forza: gli antichi Greci sapevano distinguere tra il chrónos, che è il tempo cronologico, estrinseco, segnato dagli orologi, e il kairós, che è invece il nostro tempo, che riempiamo di parole, gesti, emozioni, passioni, pensieri e scelte. Per il cristiano, invece, partire, finire, morire non sono sospirati o deprecati approdi nel nulla, ma un distacco per un nuovo e diverso inizio. Dunque, esiste qualcosa di molto diverso dal modello che un mondo che va di fretta prova ad imporre, nascondendo quella che dovrebbe essere la regola: infatti, si possono lasciar passare tra le dita ore e giorni come aridi granelli di sabbia, come quelli delle clessidre, espressione solo di vuoto, nonsenso e rassegnazione. Al contrario, si possono rendere quegli istanti come semi che si depositano nel terreno della storia e, anche se tanti chicchi saranno devitalizzati da sassi e rovi, altri attecchiranno per poi crescere e dare frutti.
Perché ciò accada, è necessario non accontentarsi di far scorrere le ore, di ignorare l’inevitabile scorrere della ruota chrónos, ma lo si deve colmare di contenuti eterni, consapevoli di esistere, di amare, di operare, di sperare e di rendere bella la nostra vita. È per eccellenza anche l’annuncio cristiano che apre uno squarcio di luce oltre l’oscura galleria dell’ignavia: «Saremo sempre col Signore», come dice san Paolo, cioè nell’eterno e nell’infinito di quel Dio dalle cui mani siamo usciti e le cui mani alla fine ci raccolgono.
L’augurio, allora, è che quello che sta per iniziare sia davvero un anno nuovo, da vivere sulle note di una ballata irlandese che fa: «Trova il tempo per riflettere perché è fonte di energia. Trova il tempo per il gioco: è il fiorire della giovinezza. Trova il tempo per i libri, fondamenta del sapere. Trova il tempo di essere amabile: è una via della felicità. Trova il tempo per sognare; salirai verso le stelle. Trova il tempo per amare e godrai la gioia della vita. Trova il tempo per pregare: è la musica dell’anima».