Per un Natale vero

Editoriale dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace sul significato autentico della imminente festa

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«Il Natale non è soltanto una ricorrenza temporale oppure un ricordo di una cosa bella. È di più: è un cammino verso Dio, per incontrarlo col cuore, con la vita, con fede».

Perché i giorni che verranno possano lasciar traccia di sé nelle coscienze, è utile provare a percorrere la strada indicata da Papa Francesco. Il Natale – è assodato – ripropone a tutti le sensazioni provate fin dalla infanzia e fa sì che i sentimenti tornino ad affiorare nella nostalgia anche oggi che l’estate sembra aver preso il posto dell’inverno e non è più la campagna ad accoglierci ma la città senza focolare, campane, meli e orti. Tutte cose belle e suggestive, attorno alle quali, però, da tempo si consuma un equivoco che rende il Natale una festa di colore e poco più.

Sempre più spesso anche tra i cristiani si spandono baci e auguri di bene, di amore e di pace, ma nel fondo del cuore, sotto il mantello delle buone forme, delle belle parole e dei convenevoli covano egoismo, astio, cattiveria. Si accumulano feste, si progettano viaggi più o meno esotici, si consumano montagne di cose inutili, ci si rifugia in un infantilismo sentimentale.

Non è certo questo il Natale di Cristo. Che cosa sia, e che cosa dovrebbe tornare ad essere per chi ne ha smarrito il senso o non lo ha mai conosciuto e vissuto davvero fino in fondo, lo insegnano i bambini, non ancora rivestiti dal cinismo e dall’ipocrisia degli adulti. Per essi, infatti, si tratta di un evento e non di un’occasione per evadere dal quotidiano, per organizzare pranzi e cene, per tessere relazioni con i regali. Per chi ha il cuore puro l’angelo è ancora – e sempre – il segno di un reale messaggio divino: il Bambino di Betlemme continua ad essere una presenza viva e importante.

Il Dio cristiano del Natale si nasconde proprio lì, nella carne degli ultimi della terra, degli inermi, dei fanciulli. In un antico testo apocrifo egizio Cristo parlava così: «Io divenni piccolo perché attraverso la mia piccolezza potessi portarvi in alto donde siete caduti. Io vi porterò sulle mie spalle».

È questo il significato autentico della festa che ci attende: nell’incarnarsi di un Dio bambino, che poi prenderà le fattezze di un servo, avviene qualcosa che sommuove tutte le gerarchie umane. Dio viene a sentire come parte di se stesso tutti i piccoli della terra: i bambini, i malati, gli emarginati, gli impuri come i pubblicani, gli eretici come i samaritani, i senza patria, i senza nome, i senza voce.

Insomma, Egli si stanca dell’enfasi del fariseo, della boria del potente, dell’altezzosità del “giusto” ipocrita, giammai del piccolo fiore nascosto tra l’erba alta o sotto gli alberi maestosi. Per incrociarlo lungo le strade dell’esistenza, mentre tende la mano all’uomo smarrito e confuso, occorrono un pentimento sincero, una conversione efficace, un cuore riconciliato, e, soprattutto, occhi nuovi per vedere quel Dio che non ha scelto soltanto di stare con noi, ma di essere uno di noi.

Sia questo, allora, il dono per tutti. Ed a tutti, di cuore, auguri di un sereno, santo ed autenticamente cristiano Natale.

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Vincenzo Bertolone

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