«È stato il migliore dei tempi, è stato il peggiore dei tempi, è stata l’età della saggezza, è stata l’età della follia, è stata l’epoca della fede, è stata l’epoca dell’incredulità, è stata la stagione della luce, è stata la stagione delle Tenebre, è stata la primavera della speranza, è stato l’inverno della disperazione».
Sembra che Charles Dickens avesse formulato tali parole proprio per descrivere questo anno 2014 quasi giunto al termine. Infatti il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, prende in prestito le riflessioni del grande letterato per tratteggiare questi dodici mesi appena trascorsi, in bilico tra eventi di gioia e tragedie disumane.
Lo fa nel suo messaggio di Natale, diffuso ieri attraverso il suo vicario a Gerusalemme e Palestina, mons. William Shomali, durante una conferenza stampa al Terra Santa College, in occasione anche dell’inaugurazione del nuovo Christian Media Center, voluto dalla Custodia di Terra Santa.
Il patriarca apre il testo con occhi positivi, pensando cioè a tutti quegli eventi che hanno reso questo 2014 “il migliore dei tempi”. Il pellegrinaggio del Papa in Terra Santa in assoluto: “Un successo sul piano pastorale ed ecumenico”, lo definisce Twal, ricordando che da esso è poi scaturita “la bella riunione di preghiera nei Giardini Vaticani con il presidente Abbas, l’ex-presidente Peres e il Patriarca Bartolomeo”.
E “anche se non siamo stati in grado di vedere i frutti concreti – aggiunge - ogni preghiera è valida e i frutti possono arrivare più tardi, come l’olivo piantato in questa occasione potrebbe dare molti frutti in futuro”.
Altri “tempi migliori” sono stati poi l’ordinazione di nove nuovi sacerdoti – due dei quali inviati “a servire il nostro popolo nella diaspora: negli Emirati Arabi Uniti e in California” - e lo stesso Sinodo sulla famiglia di ottobre, che – afferma il presule – “ci ha dato la possibilità di guardare le molte sfide che le famiglie devono affrontare” e ha ribadito “l’unità e l’indissolubilità dell’istituzione del matrimonio”.
Se poi ci saranno progressi da compiere riguardo a divorziati risposati e temi del genere, sono temi che si discuteranno a Roma. In Terra Santa, infatti, i problemi legati alla sfera familiare sono ben altri. Uno su tutti la mancanza di documenti legali che permettono alla coppia di vivere insieme quando il matrimonio è tra un palestinese e non-palestinese. “È difficile ottenere un visto o la residenza per i coniugi non-palestinesi”, afferma il patriarca latino. E lancia quindi un appello al governo israeliano ad “allentare le attuali restrizioni sul ricongiungimento familiare”.
A Gerusalemme, poi, prosegue Twal, si è gioito in questo anno anche per la canonizzazione di due sante palestinese, che saranno ufficialmente canonizzate la prossima estate. La prima è Mariam Bawardi, di Ibillin in Galilea e fondatrice del monastero carmelitano di Betlemme; la seconda, la Beata Marie Alphonsine Ghattas, nata nella Città Vecchia di Gerusalemme e co-fondatrice delle Suore della Congregazione del Rosario. Due sante che “sono una fonte di speranza per il futuro”, a cui il vescovo chiede “l’intercessione per la pace in Terra Santa”.
Sì, perché al di là di tutti questi lieti eventi, ciò di cui manca in Terra Santa è soprattutto la pace. In questi mesi, infatti, “abbiamo assistito a un’intensificazione della violenza e delle reazioni ostili con rappresaglia”, sottolinea il patriarca. La guerra che ha ridotto Gaza ad un bagno di sangue è stata “devastante” e ha sconvolto il mondo intero. Per questo si può dire anche che l’anno quasi concluso “è stato il peggiore dei tempi”.
Anche se, “negli ultimi dieci anni, Gaza ha già subito tre guerre, migliaia di persone sono state uccise e centinaia di migliaia di feriti a seguito della distruzione e disperazione…”. Sono grandi allora le responsabilità dei dirigenti politici, sia israeliani che palestinesi, “nel trovare e facilitare una soluzione”. Come grande – sottolinea Twal - è “la responsabilità della comunità internazionale per aiutare entrambi le parti ad aiutare se stessi”.
Il patriarca latino di Gerusalemme ribadisce quindi la dura condanna della guerra a Gaza, deplorando “le sue drammatiche conseguenze” di morte e distruzione. Allo stesso tempo, stigmatizza “ogni forma di violenza o di vendetta contro persone innocenti, come l’uccisione di persone che pregano in una sinagoga e gli attacchi contro le moschee”.
“Purtroppo, la nostra amata Città Santa di Gerusalemme è sotto il sangue e le lacrime”, costata con rammarico, “non vogliamo un antagonismo religioso in questa Città Santa, la cui missione è quella di essere la città della pace e della convivenza inter-religiosa”.
A tutto ciò si aggiunge poi la tragedia dei tanti rifugiati provenienti da Siria e Iraq: famiglie che hanno perso casa, lavoro, parenti. “È toccante vedere questi bambini che corrono nella polvere dei campi, senza scopo e direzione nella vita”, scrive mons. Twal. E si dice sorpreso che, “accanto alla tragedia disumana che si dispiega in Medio Oriente nel sangue, e che fa piangere la regione”, ci sono giovani che abbracciano ideologie radicali e vanno a combattere in Siria e in Iraq. “D’altra parte – soggiunge - vediamo una chiara condanna da parte dei leader arabi e musulmani, di queste ideologie religiose radicali”.
Un anno particolare, dunque, questo 2014, fatto di luci e di ombre. Ora, a conclusione, a ristabilire un equilibrio sarà l’evento che celebreremo tra qualche giorno: la Nascita di Gesù, che – conclude il patriarca – è “una promessa di misericordia, di amore e di pace per innumerevoli persone che soffrono nella sofferenza e nella tribolazione” e “per coloro che vedono le loro vite spezzate e i loro sforzi ostacolati dalla lotta e dall’odio tumultuoso in questi giorni di tempesta”.