Il primo a porre il problema della formazione fu Ratzinger, a Cagliari, nel 2008. «Maria vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell'economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile». Incontrando i superiori degli ordini religiosi, papa Francesco ha fissato delle precisissime coordinate ermeneutiche: “Si comprende la realtà solo se la sia guarda dalla periferia e non se il nostro sguardo è posizionato in un centro equidistante da tutto”.

Cambia il codice – con Bergoglio il linguaggio del corpo e quello dei sacramenti tornano ad essere preminenti nella catechesi -  ma resta una preoccupazione comune, né potrebbe essere diversamente, quella della formazione del laicato cattolico, il quale, nella temperie del Terzo Millennio, s’intende più di social network che di liturgia, più di gossip che di esegesi biblica. Per questo, l’iniziativa, ormai una tradizione, con cui il Movimento Cristiano Lavoratori organizza un percorso formativo universitario per i propri giovani dirigenti è un segnale interessante.

Si svolgerà a Milano all’Università Cattolica, in collaborazione con il Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa e l’ExpoLab dell’ateneo dal 18 al 21 giugno a Milano la Summer School del Mcl per la formazione dei giovani dirigenti del Movimento Cristiano Lavoratori. La collaborazione tra la Cattolica e il Mcl è antica e si è concretizzata nel tempo anche in una serie di pubblicazioni scientifiche ma la summer school rappresenta senza dubbio l’iniziativa più significativa perché mette in rete quest’agenzia formativa di livello internazionale e le nuove generazioni dell’associazionismo cattolico. In linea con il magistero petrino, la scelta di quest’anno volge lo sguardo alle periferie del mondo, rileggendo l’Expo alla luce dell’esigenza di “Ripensare i beni comuni”. L’attenzione del Mcl per il tema dell’esposizione universale non è casuale, stante la partecipazione del Mcl al padiglione per la società civile gestito dalla Fondazione Triulza. Ma soprattutto, questo Movimento ha dedicato alla formazione dei dirigenti uno dei punti programmatici del suo recente congresso: “Una più rilevante, qualificata e non occasionale presenza pubblica comporta la necessità di incrementare decisamente l’aspetto formativo, dapprima nella sua fondativa dimensione spirituale e, come conseguenza, in tutti gli altri ambiti” recitano le tesi congressuali, le quali parlano di “formazione alla testimonianza cristiana e ad un coerente impegno negli ambienti di vita e di lavoro; maturazione della capacità di lettura dei problemi, affrancandosi dai luoghi comuni e dal condizionamento imposto dai grandi mezzi di informazione e dalle lobby di potere e trovando le modalità di un corretto “orientamento dal basso” dell’opinione pubblica; educazione alla piena partecipazione alla vita sociale per apportarvi un decisivo contributo”. Un impegno che conduce annualmente i dirigenti nazionali del Mcl a questo genere di approfondimenti sulla legislazione sul lavoro, il sistema di welfare, il ruolo del Terzo settore, la previdenza e il fisco, l’assetto istituzionale, la cooperazione, ecc. e che trova modo di realizzarsi grazie a una rete di partners tra i quali figura proprio l’Università Cattolica con il suo Centro di Ateneo per la DSC, l’Aseri e l’Adapt, nonché l’Osservatorio Van Thuan, Italia lavoro, ecc.

In questo caso, si deve notare anche che il tema della summer school evita il taglio economicistico “classico” che avrebbe portato a celebrare l’esposizione internazionale solo sotto il profilo delle ricadute “interne” dell’evento, in termini di Pil e di cultura d’impresa, e ricorre a un concetto di frontiera – i “beni comuni” non coincidono con il “bene comune” - che getta ponti verso le altre culture. Presentando l’iniziativa, il direttore del Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa Evandro Botto ha spiegato nei giorni scorsi che la scelta di dedicare la summer school all’Expo risponde all’urgenza “di fare i conti con le molteplici sfide che l’evento comporta e con le prospettive che esso dischiude. Non si tratta soltanto della “questione alimentare”, dell’imperativo ineludibile di assicurare un nutrimento sano, sicuro e sufficiente per tutto il pianeta. Se è questo il tema che sta al centro dell’imminente esposizione universale, ad esso altri temi si accompagnano e con esso si intrecciano: il cibo infatti esprime culture e identità, tra piacere dei sensi e bisogno di sopravvivenza; ma insieme sollecita a misurarsi con i problemi dell’equità e dello sviluppo, della fame e dell’abbondanza, del rispetto dell’ambiente e della cura dell’umano. Si tratta insomma di intraprendere un percorso che giunga fino ad un radicale ripensamento dei beni comuni, di quei “beni della terra”, di cui la dottrina sociale della Chiesa non cessa di sottolineare la “destinazione universale”, e ai quali il magistero di Papa Francesco – e prima ancora la Sua stessa testimonianza – invitano a guardare con rinnovato vigore”.

Puntualizzazione sicuramente precisa e che non nasconde, pur non declinandole esplicitamente, le conseguenze politiche di tale ragionamento. Analizzare l’Expo nella prospettiva dei “beni comuni” significa mettere in discussione, se non i fondamenti del capitalismo, sicuramente la sua interpretazione della globalizzazione, dalla speculazione finanziaria sulle derrate alimentari al land grabbing. Di tutto questo – secondo un programma che si muove in piena linea Bergoglio - parleranno agli allievi della Summer School il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli e l’assistente monsignor Claudio Giuliodori, la professoressa Simona Beretta e gli esperti che analizzeranno i versanti della fame, dell’alimentazione sostenibile, delle nuove povertà. Sullo sfondo, la sfida milanese e italiana dell’Expo 2015, cui sarà dedicata la tavola rotonda conclusiva, aperta al pubblico, alla quale interverranno, tra gli altri, il politologo Lorenzo Ornaghi, il presidente del Mcl Carlo Costalli, il giuslavorista Michele Tiraboschi e il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo.

Per tutti loro, si tratterà sicuramente di una sfida intellettuale e spirituale, che viene raccolta per dare una risposta, come può e deve fare un laicato maturo, alla preoccupazione montante nella Chiesa, quella di una formazione che fondi su basi sicure l’apostolato e renda possibile quella mobilitazione – anche politica – che due Papi hanno già auspicato con un linguaggio che non poteva essere più esplicito. Una preoccupazione che monsignor Galantino, segretario generale della Cei, ha confermato all’inizio di maggio all’assemblea dell’Azione Cattolica ricordando che “la capacità di essere lievito nel nostro contesto e corresponsabili non si improvvisa, né la si può mettere in atto per decreto. Essa richiede un tirocinio spirituale e culturale costante; richiede percorsi formativi adeguati…”.