La Sacra Scrittura è un libro o, più esattamente, una raccolta di libri che hanno un genere letterario unico: sono parola di Dio in parole umane. Da qui nasce la singolare sfida ermeneutica posta dalla lettura della Bibbia. Ad essa si aggiunge la difficoltà comune che si affronta quando si leggono libri appartenenti a un’epoca e a una cultura diversa. L’interpretazione per la comprensione non è un gesto opzionale quando si tratta di un libro, ma è un gesto co-essenziale all’atto della lettura. Questo gesto spontaneo che deve accompagnare ogni nostra lettura, diventa ancor più interpellante quando si tratta della Bibbia con i suoi vari generi letterari e con le sue varie epoche di redazione.

Riguardo all’interpretazione della Scrittura, la Dei Verbum al numero 12 indica vari elementi alle quali il lettore deve badare.

- Prima fra tutte l’attenzione al «che cosa» gli agiografi abbiano voluto dire e che a Dio sia piaciuto manifestare con le loro parole. 

- Il secondo elemento è l’individuazione dei generi letterari. Ogni genere letterario manifesta la verità biblica in una maniera propria.

- Un terzo elemento è la comprensione delle circostanze in cui è nato il testo, ovvero, il tempo e la cultura in cui e a cui il testo si rivolge. «Si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell'agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani».

- Non da ultimo, l’interprete deve fare attenzione a leggere e interpretare la Scrittura «alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta». È l’invito alla lettura plenaria di ogni passo della Scrittura e di tutta la Scrittura sotto il soffio unificante dello Spirito.

Già questi pochi accorgimenti necessari, non gli unici che bisogna tener a mente quando si vuole comprendere il testo (e non inculcargli a priori ciò che si ha già in testa), ci fanno capire quanto si è, da un lato, solitamente superficiali nella comprensione del testo biblico, e ci mostra, d’altro canto, l’esigenza di superare l’illusione che non esiste tempo o spazio o distanza tra il testo e il lettore.

In verità, vi sono due distanze che distinguono la vita di ogni testo: la distanza del testo dal suo autore, perché scrivere è morire, è partorire una realtà che avrà una sua vita propria che prescinde dalla primigenia intenzione, intuizione e auspicio dell’autore; e la seconda distanza è quella tra testo e lettore, una distanza imprescindibile e insuperabile del tutto che obbliga a un lavoro fedele di ermeneutica per entrare nelle pieghe di senso che accompagnano il testo.

Credo sia una buona iniziativa, per colmare queste due distanze, la traduzione del Commentario del Nuovo Testamento diretto da Camilla Focant e Daniel Marguerat. Il commentario, offre il testo del NT accompagnando con un commento delle varie pericopi e offrendo anche dei riquadri scelti su temi di particolare interesse o complessità. Questo, infatti, è l’intento dei due curanti: «Mettere in mano a ogni lettore il commentario integrale del Nuovo Testamento. Gli scritti che stanno alla base del cristianesimo sono spiegati da un capo all’altro in un unico volume» con l’ausilio di diciannove biblisti, scelti per la loro competenza e su un piano interconfessionale.